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Obesità e depressione legate dall’infiammazione sistemica

fondazione roche

Uno studio pubblicato sulla rivista BMC Psychiatry ha individuato un’associazione positiva tra obesità e rischio di depressione, sottolineando il ruolo cruciale dell’infiammazione sistemica

Uno studio pubblicato sulla rivista BMC Psychiatry ha individuato un’associazione positiva tra obesità e rischio di depressione, sottolineando il ruolo cruciale dell’infiammazione sistemica come mediatore in questa relazione. Questo significa che l’obesità, attraverso i suoi effetti infiammatori, può contribuire allo sviluppo o al peggioramento dei sintomi depressivi.

Il disturbo depressivo maggiore è spesso accompagnato da riduzione dell’appetito e perdita di peso, ma in determinate condizioni come la depressione atipica si osservano aumento dell’appetito e aumento di peso. Obesità e depressione sono diventate preoccupazioni significative per la salute pubblica in tutto il mondo.

Secondo un rapporto dell’OMS del 2022, circa 890 milioni di persone a livello globale sono affette da obesità, e si prevede che il 20% degli adulti sia obeso entro il 2025. L’obesità aumenta il rischio di malattie cardiovascolari, diabete, disturbi metabolici e cancro, contribuendo in questo modo a un aumento del 50% della mortalità e rappresentando il quinto fattore di rischio di decesso a livello globale.

La depressione è uno dei disturbi dell’umore più comuni, caratterizzato da umore basso, perdita di interesse e anedonia (incapacità, totale o parziale, di provare piacere o soddisfazione per le attività e gli stimoli che normalmente dovrebbero suscitare piacere, come il cibo, il sesso, le relazioni sociali e le esperienze sensoriali). Secondo un’indagine dell’OMS del 2017, circa il 5% della popolazione globale (350 milioni di persone) è affetto da depressione. La depressione può portare all’autolesionismo o al suicidio, con 700mila decessi per suicidio all’anno, il che la rende una delle principali cause di disabilità a livello globale.

Obesità e depressione non sono semplicemente problemi di salute indipendenti, infatti sovente coesistono con una relazione considerata complessa e bidirezionale. Le persone obese spesso corrono un rischio maggiore di soffrire di depressione e ansia.

Studi hanno riportato che la prevalenza della depressione negli individui con obesità varia dal 15 al 30%, circa da 1,5 a 2 volte superiore rispetto a quelli senza obesità, mentre la prevalenza dell’obesità tra le persone con depressione varia dal 20 al 55%, circa da 1,5 a 2 volte maggiore rispetto a quelli senza depressione.

Evidenze in aumento suggeriscono che l’associazione tra obesità e depressione è influenzata da molteplici fattori, inclusi meccanismi psicosociali e biologici. Fattori psicosociali come l’insoddisfazione dell’immagine corporea, la diminuzione dell’autostima e lo stigma sociale possono contribuire all’aumento del rischio di depressione nei soggetti con obesità. Sintomi depressivi come umore basso, ridotta energia e mancanza di motivazione spesso portano a una diminuzione dell’attività fisica, con conseguente potenziale aumento di peso e obesità, creando un ciclo vizioso in cui obesità e depressione si rafforzano a vicenda.

Uno studio di coorte condotto a livello nazionale
Utilizzando un campione eterogeneo della National Health and Nutrition Examination Survey (NHANES), i ricercatori hanno analizzato le associazioni tra obesità, infiammazione sistemica e depressione.

L’obesità è stata classificata in base all’indice di massa corporea (BMI), i sintomi depressivi sono stati valutati con il Patient Health Questionnaire-9 (PHQ-9) e l’infiammazione sistemica è stata misurata utilizzando marcatori come il Rapporto Neutrofili/Linfociti (NLR), l’Indice di Risposta Infiammatoria Sistemica (SIRI) e l’Indice di Immuno-Infiammazione Sistemica (SII).

Correlazione tra obesità e depressione
L’obesità di classe III (definita anche obesità grave o patologica, BMI ≥ 40) è stata associata a livelli più elevati di marcatori infiammatori e a un aumento del rischio di depressione. L’analisi di mediazione ha mostrato che le metriche NLR, SIRI e SII mediavano il 5,2%, il 5,9% e il 6,1% della relazione obesità-depressione.

Lo studio ha rivelato che i marcatori di infiammazione sistemica mediano la relazione tra obesità e depressione, evidenziando diversi meccanismi neurobiologici complessi. In primo luogo, l’attivazione immuno-infiammatoria è un fattore chiave, dal momento che l’obesità è accompagnata da un’infiammazione cronica di basso grado, in cui macrofagi e cellule immunitarie si infiltrano nel tessuto adiposo, rilasciando citochine pro-infiammatorie come TNF-α, IL-6 e PCR. Queste citochine attivano l’infiammazione del sistema nervoso, danneggiando i neuroni e compromettendo la regolazione emotiva.

In secondo luogo, la rottura della barriera emato-encefalica ​​da parte delle citochine pro-infiammatorie consente loro di penetrare nel cervello, dove attivano le cellule microgliali e inducono neuroinfiammazione, portando a danni neuronali nell’ippocampo e nell’amigdala, riducendo la plasticità e la connettività neurale, che esacerba la disregolazione emotiva e contribuisce alla depressione.

In terzo luogo, lo squilibrio dei neurotrasmettitori è indotto da citochine pro-infiammatorie che riducono la sintesi di serotonina e aumentano la produzione di acido chinolinico, che interagisce con i recettori del glutammato per indurre eccitotossicità, con conseguente danno neuronale e ulteriore inibizione della sintesi del fattore neurotrofico, peggiorando la regolazione emotiva.

In quarto luogo, l’infiammazione correlata all’obesità attiva l’asse ipotalamo-ipofisi-surrene e innalza i livelli di cortisolo. Livelli cronici elevati di cortisolo danneggiano l’ippocampo e la corteccia prefrontale, compromettendo ulteriormente la capacità del cervello di regolare le emozioni.

Infine, l’infiammazione cronica altera i circuiti neurali del sistema cortico-limbico, indebolendo le vie dopaminergiche, il che porta ad anedonia e deficit motivazionali comunemente osservati negli individui obesi.

In sintesi, l’attivazione immuno-infiammatoria, lo squilibrio dei neurotrasmettitori e l’iperattivazione dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene nell’obesità contribuiscono alla disfunzione dei circuiti neurali, determinando lo sviluppo e la progressione della depressione. Questi meccanismi forniscono una base teorica per comprendere la fisiopatologia della depressione correlata all’obesità.

Come sottolineato dagli autori, il ruolo di mediazione dell’infiammazione sistemica nella relazione tra obesità e depressione ha implicazioni cliniche e di salute pubblica significative, in particolare indicando nuove direzioni per l’intervento precoce e le strategie di prevenzione per entrambe le condizioni. L’obesità non solo aumenta il rischio di disturbi metabolici, ma esacerba anche l’incidenza della depressione attraverso processi infiammatori.

Pertanto, le politiche di sanità pubblica dovrebbero porre maggiore enfasi sulla gestione del peso e sulla riduzione dell’infiammazione attraverso diete sane e attività fisica per ridurre il rischio di depressione. Inoltre, la pratica clinica dovrebbe prevedere una valutazione completa dei livelli di infiammazione e della salute mentale nei pazienti obesi. Un intervento precoce, che includa la gestione del peso e il trattamento proattivo delle condizioni infiammatorie, potrebbe contribuire a prevenire la depressione e altre comorbilità. Un approccio integrato di questo tipo sarebbe fondamentale per alleviare il peso globale sia dell’obesità che della depressione.

Referenze

Wang X et al. Systemic inflammation as a mediator in the link between obesity and depression: Evidence from a nationwide cohort study. BMC Psychiatry 25, 449 (2025).

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