Site icon Corriere Nazionale

Angioplastica coronarica nei pazienti con STEMI: anticoagulazione inefficace

stenosi mitralica evolocumab aficamten malattie cardiache dapt stent ultrasottile glifozine stemi cuore scompenso cardiaco

Il ricorso ad un trattamento anticoagulante dopo angioplastica coronarica (PCI) primaria non previene gli outcome avversi nei pazienti con STEMI

Il ricorso ad un trattamento anticoagulante dopo angioplastica coronarica (PCI) primaria non previene gli outcome avversi nei pazienti con infarto miocardico con sopraslivellamento del segmento ST (STEMI). Queste le conclusioni dello studio RIGHT, presentato nel corso di una sessione Hot Line nel corso del congresso ESC (1).

Razionale e disegno dello studio
Le linee guida ESC raccomandano il ricorso all’anticoagulazione endovenosa durante la PCI primaria con eparina non frazionata, enoxaparina o bivalirudina nei pazienti che presentano uno STEMI (2).

L’anticoagulazione post-procedurale (PPA) prolungata mira a prevenire gli eventi ischemici ricorrenti. Tuttavia, nessuno studio randomizzato aveva, finora, valutato il rapporto rischio/beneficio dell’interruzione o del prolungamento dell’anticoagulazione post-procedurale.

Alcuni dati provenienti dalla real life hanno suggerito che la PPA è usata frequentemente dopo la PCI primaria e può essere associata a un miglioramento degli esiti (3). Di qui l’idea di mettere a punto lo studio RIGHT, un trial clinico randomizzato multicentrico, controllato con placebo e condotto in doppio cieco, frutto della collaborazione di due organizzazioni di ricerca accademiche, il gruppo CREATE (Cina) e il gruppo ACTION (Francia).

RIGHT È stato progettato per verificare se il ricorso di routine alla PPA a basso dosaggio (basato sull’impiego di eparina non frazionata o bivalirudina) fosse superiore al placebo dopo PCI primaria per STEMI nella pratica clinica attuale (4).

Lo studio è stato condotto in 53 centri in Cina. Prima dell’inizio dello studio, ogni centro ha selezionato uno dei tre regimi di PPA previsti (enoxaparina 40 mg una volta al giorno per via sottocutanea; eparina non frazionata 10 unità/kg/ora per via endovenosa regolata per mantenere il tempo di coagulazione attivato tra 150 e 220 secondi oppure bivalirudina 0,2 mg/kg/ora per via endovenosa).

I pazienti sono stati randomizzati, secondo uno schema 1:1, a trattamento con PPA a basso dosaggio o a placebo corrispondente per almeno 48 ore.

L’obiettivo primario di efficacia era dimostrare la superiorità della PPA nel ridurre l’endpoint primario di mortalità per tutte le cause, infarto miocardico non fatale, ictus non fatale, trombosi da stent o rivascolarizzazione urgente di qualsiasi vaso entro 30 giorni.

L’obiettivo secondario principale era valutare l’effetto di ogni specifico regime di anticoagulazione (enoxaparina, eparina non frazionata o bivalirudina) sull’endpoint primario.
L’endpoint primario di sicurezza era rappresentato dal riscontro di episodi di emorragia maggiore (definita come emorragia di tipo 3-5 in base ai criteri del Bleeding Academic Research Consortium [BARC]) a 30 giorni.

Risultati principali
Tra il 10 gennaio 2019 e il 18 settembre 2021, sono stati arruolati e randomizzati 2.989 pazienti con STEMI, sottoposti a PCI primaria. L’età media dei pazienti era di 60,9 anni, il 20,7% era di sesso femminile, il 24,5% era affetto da diabete mellito e il 54,5% da ipertensione.

Tra i 2.989 pazienti a rischio basso-intermedio randomizzati a PPA (n=1.494) o a placebo (n=1.495), l’endpoint primario di efficacia è stato verificato in 37 pazienti (2,5%) sia nel gruppo PPA che in quello placebo ( hazard ratio [HR]:1,00; IC95%: 0,63-1,57).

Tuttavia, è stata osservata anche l’esistenza di un’interazione significativa tra il tipo di anticoagulante utilizzato e l’endpoint primario (p=0,015)
Nello specifico:
• Enoxaparina vs. placebo: 2.1% vs. 4.5%, hazard ratio [HR]: 0,46 (0,22-0,98)
• Eparina non frazionata  (UFH) vs. placebo: 2.2% vs. 0.6%, HR; 3,71 (1,03-13,28)
• Bivalirudina vs. placebo: 3,1% vs. 2.5%, HR:1.24 (0,60-2,59)

Da ultimo, non è stato riscontrato un eccesso di emorragie maggiori sia per i tre gruppi di anticoagulanti presi in toto che singolarmente.
Nello specifico:
• Anticoagulanti in toto vs. placebo: 1,6% vs. 2,3% (p = 0,511).
• Enoxaparina vs. placebo: 0,6% vs. 1,1%, HR: 0.60 (0,14-2,52)
• UFH vs. placebo: 0,4% vs. 0m8%, HR: 0,50 (0,09-2,75)
• Bivalirudina vs. placebo: 0,6% vs. 0,4%, HR: 1,54 (0,26-9,24)

Considerazioni conclusive 
Nel commentare i risultati dello studio presentato al congresso, la prof.ssa Shaoping Nie (Capital Medical University, Beijing, China) ha affermato: “Nel complesso, i risultati dello studio RIGHT suggeriscono che la PPA dopo PCI primaria per STEMI è sicura ma non sembra ridurre gli eventi ischemici o la mortalità in una popolazione di pazienti a rischio basso-intermedio”.

È interessante notare che l’analisi di sottogruppo prespecificata ha dimostrato effetti variabili del trattamento, con una riduzione netta dell’endpoint primario con enoxaparina e un tasso di eventi più elevato con UFH rispetto al placebo.

“Ciò – ha aggiunto – suggerisce l’opportunità di approfondire con nuovi studi il possibile beneficio dell’anticoagulazione con enoxaparina dopo PCI primaria”.

Nonostante i risultati dello studio RIGHT non supportino la PPA di routine nello STEMI – ha concluso la prof.ssa Nie – potrebbero essere giustificati studi ulteriori sull’effetto della PPA a dose piena nello STEMI tra i pazienti trattati con eparina a basso peso molecolare e tra i pazienti con sindrome non-STEMI.

Bibliografia
1. Nie S. RIGHT Trial. Presented at: ESC 2023. August 28, 2023. Amsterdam, the Netherlands.

2. Ibanez B, James S, Agewall S, et al. 2017 ESC Guidelines for the management of acute myocardial infarction in patients presenting with ST-segment elevation. Eur Heart J. 2018;39:119-177

3. Yan Y, Gong W, Ma C, et al. Postprocedure anticoagulation in patients with acute ST-segment elevation myocardial infarction undergoing primary percutaneous coronary intervention. J Am Coll Cardiol Intv. 2022;15:251-263.

Exit mobile version