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Dermatomiosite: approvata in Italia prima cura a base di immunoglobuline

Cheratosi attinica, trattamento fotodinamico e acido aminolevulinico

Per i pazienti italiani affetti da dermatomiosite è stata autorizzata la prima terapia specifica a base di immunoglobuline per via endovenosa

Fare fatica nel salire le scale o per alzarsi dalla posizione seduta, alzare le braccia, pettinarsi. Oppure la presenza di manifestazioni cutanee, come rash (un’alterazione dell’aspetto della pelle dovuto ad irritazioni) e papule (lesioni in rilievo della pelle). Sono alcuni dei possibili sintomi iniziali della dermatomiosite, una patologia a esordio spesso subdolo e non sempre accompagnato da dolore, due elementi che, unitamente alla rarità della patologia, possono rappresentare un motivo di ritardo nella diagnosi.

Per i pazienti italiani affetti da dermatomiosite è stata autorizzata la prima terapia specifica a base di immunoglobuline. Si tratta di un farmaco a base di immunoglobuline somministrate per via endovenosa (IVIg). In uno studio clinico randomizzato di fase III (lo studio ProDERM), condotto su pazienti con dermatomiosite e pubblicato sul New England Journal of Medicine, il trattamento con immunoglobuline ha comportato un miglioramento della malattia in una percentuale di soggetti significativamente più elevata rispetto al placebo.

Sulla base dei risultati di efficacia e tollerabilità dello studio ProDERM, la nuova preparazione IVIg (distribuita in Italia dalla società Octapharma) è stata approvata per il trattamento della dermatomiosite dalla Fda (Food and Drug Administration), dall’Health Canada, dal Regno Unito e dalla maggior parte delle agenzie regolatorie europee.

Raccomandate dalle linee guida europee come trattamento risparmiatore di glucocorticoidi per la dermatomiosite, le immunoglobuline per via endovenosa, sono composte da concentrati di IgG purificate ricavate da plasma umano. La terapia è efficace per i pazienti con qualsiasi livello di gravità di malattia, sia nei confronti dei sintomi muscolari che dell’eruzione cutanea, e funziona in modo relativamente rapido, entro un mese dalla somministrazione.

Caratteristiche della malattia
La dermatomiosite rappresenta oltre un terzo dei casi di miopatia infiammatoria idiopatica, un raro gruppo di malattie sistemiche immuno-mediate. L’esatto meccanismo patogenetico non è ad oggi ben conosciuto, ma si ritiene sia il risultato dell’associazione di fattori genetici predisponenti e di fattori ambientali scatenanti.

I sintomi della malattia variano da persona a persona, ma sono generalmente rappresentati da infiammazione e debolezza dei muscoli prossimali, con una distribuzione tipicamente simmetrica, e/o infiammazione cutanea che si manifesta con un rash caratteristico. Come conseguenza, il paziente fa molta fatica o non riesce ad alzare le braccia, salire le scale o alzarsi da una sedia. A livello della cute è tipica la comparsa di macchie rilevate ed eritematose sulle nocche delle dita delle mani (papule di Gottron), una colorazione violacea delle palpebre superiori o un eritema del volto e del decolleté.

La malattia può coinvolgere anche gli organi interni: cuore (aritmie, pericarditi, miocarditi), apparato gastrointestinale (disfagia, alterazioni della motilità gastrica), polmoni (malattia polmonare interstiziale). Possono essere colpite anche le articolazioni, con dolori (artralgie) o con una vera e propria infiammazione che si manifesta con gonfiore e incapacità di utilizzare l’articolazione colpita (artrite).
La dermatomiosite è anche frequentemente associata ad un aumentato rischio di sviluppare forme tumorali, specialmente nei pazienti che presentano specifici auto-anticorpi (in particolare anti-TIF1γ).

L’età media di insorgenza è compresa tra 40 e 60 anni, ma la malattia può comparire anche in età giovanile con un esordio acuto o insidioso. L’eruzione cutanea, eritematosa, edematosa e occasionalmente pruriginosa, generalmente precede l’insorgenza della debolezza muscolare, ma la dermatomiosite può verificarsi con il solo coinvolgimento dei muscoli o della cute.

In termini epidemiologici, i dati a oggi disponibili riferiscono un’incidenza di 6-10 casi per milione di abitanti, con un rapporto di circa 3:1 tra femmine e maschi. Negli ultimi anni si è registrato un aumento della frequenza e dell’incidenza di dermatomiosite con un particolare aumento delle segnalazioni delle forme farmaco-indotte ed esacerbate dall’esposizione solare (50% dei pazienti).

Quale specialista intercetta il paziente con dermatomiosite?
«Normalmente sono il Reumatologo o il Dermatologo ma esistono forme caratterizzate da variabili alterazioni cutanee ed un minimo interessamento muscolare, che presentano prevalentemente sintomi respiratori e, in questo caso, vengono intercettati dal pneumologo. A volte, può addirittura capitare di diagnosticare la malattia in terapia intensiva come conseguenza di un quadro polmonare a evoluzione molto rapida» ha spiegato il prof. Franco Franceschini, Ordinario di Reumatologia all’ Università degli Studi di Brescia e Direttore della UO Reumatologia e Immunologia Clinica dell’ASST Spedali Civili di Brescia. «Il medico di famiglia ha un ruolo fondamentale perché è il primo medico a cui generalmente il paziente fa riferimento e deve saper cogliere le “red flag”, ovvero i sintomi che indirizzano verso una possibile malattia immunologica. È una figura fondamentale per un referral molto rapido e tempestivo, che è il presupposto per una diagnosi precoce».

«La dermatomiosite per fortuna oggi sta avendo più interesse e anche altri specialisti possono intercettare questi pazienti prima del reumatologo. Infatti, il neurologo, lo pneumologo o il gastroenterologo iniziano a conoscerla e possono essere i primi contatti per chi lamenta i disturbi della dermatomiosite. In generale, si osserva un’alterazione della creatin-fosfochinasi (CPK, un enzima presente soprattutto nel tessuto muscolare scheletrico) per cui il paziente riferisce sintomi come debolezza a livello degli arti prossimali superiori» ha sottolineato il prof. Carlo Francesco Selmi, Responsabile Unità Operativa di Reumatologia e Immunologia Clinica di Humanitas e Docente all’Humanitas University.

«Può anche colpire altre sedi muscolari, come i muscoli respiratori o del tratto digerente, causando difficoltà respiratorie o della deglutizione. La dermatomiosite coinvolge anche la cute e provoca un’eruzione cutanea che può essere confusa con quella del lupus ma con distribuzione e caratteristiche diverse» ha continuato. «Una sfida nella sfida sono i casi che non hanno segni di danno muscolare e CPK normali e in questi pazienti gli esami di laboratorio, soprattutto il dosaggio degli autoanticorpi, sono cruciali. Oggi conosciamo gli autoanticorpi specifici e la loro diffusione, molti dei quali sono stati studiati e descritti dal nostro gruppo e in particolare dalla dr.ssa Angela Ceribelli. Grazie agli autoanticorpi e alla biopsia muscolare, a volte anche solo con l’elettromiografia e la risonanza del muscolo, riusciamo a confermare la diagnosi e iniziare tempestivamente una terapia».

Diagnosi e criteri diagnostici
La diagnosi e il trattamento precoci della dermatomiosite sono essenziali per una prognosi ottimale. La diagnosi di dermatomiosite è difficile a causa dell’eterogeneità tra i vari sottotipi di miosite, della sovrapposizione con i sintomi di numerose altre malattie e del coinvolgimento multisistemico.

La diagnosi delle miopatie infiammatorie idiopatiche comprende la valutazione della storia clinica, della progressione della malattia e del tipo di coinvolgimento muscolare e/o delle caratteristiche cutanee. Fatta eccezione per alcuni casi di dermatomiosite che hanno una presentazione tipica, la diagnosi solitamente non è semplice e richiede una combinazione di test.

Sono disponibili numerosi test diagnostici per i pazienti in cui si sospetta la dermatomiosite, inclusi gli enzimi muscolari sierici (ad esempio la creatina chinasi), gli autoanticorpi specifici della miosite, studi elettrodiagnostici, biopsia muscolare e risonanza magnetica muscolare. La biopsia muscolare è il gold standard per la diagnosi della dermatomiosite.

Quali sfide affronta il reumatologo nell’effettuare una diagnosi?
«Il reumatologo è portato a considerare la dermatomiosite come la classica malattia che esordisce con manifestazioni cutanee e alterazione muscolare. In realtà esistono forme con esordio a carico di organi diversi e questo condiziona anche il tipo di presentazione clinica, quindi la diagnosi non è sempre così agevole. Fortunatamente il sospetto clinico può indirizzare alla ricerca di autoanticorpi specifici che sono di grande aiuto nel processo diagnostico» ha affermato Franceschini.

Negli ultimi anni sono stati identificati numerosi autoanticorpi in grado di differenziare in maniera abbastanza netta e definita dei subset di dermatomiosite con una prognosi diversa. Questo ha consentito da un lato di migliorare le capacità di interpretare i diversi quadri della malattia e di predirne l’evoluzione, dall’altro di orientare un atteggiamento, anche terapeutico, in modo differenziato.

«A titolo di esempio possiamo citare le  forme di dermatomiosite  senza un chiaro interessamento muscolare e con un coinvolgimento cutaneo che può essere variabile come intensità,  ma con sintomi viscerali molto importanti» ha osservato. «È il caso ad esempio delle forme associate all’anticorpo MDA5, identificato soprattutto in Giappone dove è molto più rappresentato che da noi, nelle quali la malattia può manifestarsi con interstiziopatia polmonare a rapida evoluzione, forme quindi particolarmente gravi che vanno intercettate molto rapidamente e trattate tempestivamente e in modo molto intenso. I farmaci da utilizzare in prima battuta sono cortisone, micofenolato, rituximab o ciclofosfamide, così da interferire con l’evoluzione molto rapida che caratterizza queste patologie».

Poche opzioni terapeutiche per la gestione della patologia
In assenza di linee guida ufficiali per la terapia delle miopatie infiammatorie idiopatiche, i pazienti con dermatomiosite vengono trattati in base ai sintomi e alla gravità della malattia, alla presenza di una neoplasia e di un impegno sistemico (in particolare di una polmonite interstiziale). Gli accorgimenti generali sono rappresentati da riposo, fotoprotezione, adeguato apporto proteico (soprattutto nelle forme infantili) e trattamenti fisioterapici.

La terapia farmacologica di fondo prevede l’impiego di immunosoppressori. La maggior parte delle raccomandazioni sottolinea che:
1. I farmaci di prima linea per il trattamento della dermatomiosite sono i corticosteroidi sistemici
2. In assenza di risposta clinico-sierologica occorre associare ai corticosteroidi altri immunosoppressori come azatioprina, metotrexato ciclosporina A e micofenolato mofetile
3. In caso di insuccesso o di severa debolezza è utile, e a volte indispensabile, associare il trattamento con immunoglobuline per via endovenosa.

Approvazione della nuova preparazione IVIg supportata da studio su NEJM
Lo studio di fase III Progress in Dermatomyositis (ProDERM), randomizzato, in doppio cieco e controllato con placebo, ha coinvolto 95 pazienti di età compresa tra 18 e 80 anni con dermatomiosite attiva, assegnati in modo casuale in un rapporto 1:1 a ricevere IVIg alla dose di 2,0 g/kg di peso corporeo o placebo (0,9% di cloruro di sodio) ogni 4 settimane per un totale di 16 settimane.

I soggetti a cui è stato somministrato il placebo e quanti non hanno manifestato un deterioramento clinico confermato durante il trattamento con IVIg, hanno potuto partecipare a una fase di estensione in aperto con IVIg della durata di ulteriori 24 settimane.

L’endpoint primario era una risposta, definita da un punteggio di miglioramento totale (Total Improvement Score, TIS) di almeno 20 (miglioramento minimo) alla settimana 16 e nessun deterioramento confermato fino alla settimana 16 inclusa. Il TIS è un punteggio composito ponderato che riflette il cambiamento in un insieme di sei misure relative all’attività della miosite nel tempo. I punteggi vanno da 0 a 100, dove valori più alti indicano un miglioramento più significativo.

Gli endpoint secondari chiave includevano un miglioramento moderato (TIS ≥40) e un miglioramento maggiore (TIS ≥60), oltre alla variazione del punteggio del Cutaneous Dermatomyositis Disease Area and Severity Index (CDASI).

Raggiunti gli endpoint primari e secondari
Dopo 16 settimane hanno raggiunto una risposta TIS ≥20 il 79% del gruppo in trattamento attivo rispetto al 44% del gruppo placebo (differenza del 35%, P<0,001).

Nell’analisi dei sottogruppi del TIS alla settimana 16, la percentuale di pazienti che ha avuto una risposta nel gruppo IVIg, rispetto a quelli del gruppo placebo, è stata del 73% vs 27% per l’attività di malattia lieve, 79% vs 52% per l’attività di malattia moderata e 86% vs 50% per l’attività di malattia grave.

I risultati degli endpoint secondari, inclusi un miglioramento moderato e un miglioramento maggiore hanno mostrato la stessa tendenza di quelli relativi all’endpoint primario. Alla settimana 16 una risposta di miglioramento almeno moderato (TIS ≥40) è stata osservata nel 68% del gruppo IVIg vs. 23% del gruppo placebo e una risposta di miglioramento maggiore (TIS ≥60) rispettivamente nel 32% vs. 8%.

Al termine della fase di estensione in aperto (settimana 40), la percentuale di pazienti con una risposta di miglioramento almeno minimo era simile nei due gruppi (71% nel gruppo IVIg che ha continuato a ricevere la terapia nella fase di estensione e 70% nel gruppo passato da placebo al trattamento attivo).

Relativamente al profilo di sicurezza, nel corso di 40 settimane sono stati documentati 282 eventi avversi correlati al trattamento tra i pazienti che hanno ricevuto IVIg, principalmente cefalea (42%), piressia (19%) e nausea (16%). Si sono verificati nove eventi avversi gravi che sono stati ritenuti associati alle IVIg, inclusi sei eventi tromboembolici.

Sono in corso delle sotto-analisi dello studio, volte ad approfondire alcuni aspetti, tra cui i dati di efficacia sulle manifestazioni cutanee e l’eventuale correlazione tra efficacia della terapia e presenza di specifici autoanticorpi.

Come cambia la terapia con il nuovo trattamento a base di immunoglobuline, l’unico appropvato per la dermatomiosite? «Il trattamento con immunoglobuline si è dimostrato risolutivo in alcune condizioni complesse, in cui i comuni immunosoppressori (micofenolato, aziatroprima e metrotrexato) non sono sufficienti per controllare la malattia o devono essere usati a dosaggi così elevati da non essere accettabili nel medio e lungo termine. Questa nuova opzione terapeutica dovrebbe consentire un controllo globale, considerato che l’endpoint dello studio era un controllo di malattia piuttosto olistico» ha aggiunto Selmi. «Il dato di “totally improved score” di almeno 20, che riunisce una serie di indicatori di attività di malattia, è rappresentativo di tutte le manifestazioni, unitamente a un profilo di sicurezza che definirei piuttosto rassicurante. Molte delle malattie che trattiamo hanno un rischio tromboembolico più elevato, e anche in questo studio si sono verificati sei casi associati alle immunoglobuline, incoraggiando così a una definizione precisa del profilo di rischio prima del trattamento».

«La nuova preparazione IVIg è il primo farmaco che abbiamo a disposizione con indicazione per questa malattia rara. Ha dimostrato di essere efficace sull’indice composito che tiene conto sia della cute che dell’interessamento muscolare, oltre che su alcune possibili manifestazioni accessorie della dermatomiosite come la disfagia» ha fatto presente Franceschini. «Un effetto delle immunoglobuline che peraltro noi conoscevamo da lungo tempo e che, pur senza avere a disposizione il nuovo farmaco, adottavamo sempre quando era presente la disfagia».

«Questo emerge sia dallo studio clinico, non in maniera così chiara ma fa intravedere questa possibilità, sia, soprattutto, dall’esperienza che abbiamo accumulato in decenni di pratica clinica e che abbiamo segnalato di recente in un lavoro collaborativo italiano che abbiamo pubblicato» ha continuato. «È un farmaco molto importante perché è il primo che abbiamo a disposizione con indicazione per questa malattia e che ha dimostrato, con un ciclo di trattamento di 6 mesi, con un dosaggio elevato di immunoglobline, di essere efficace. La dose di mantenimento saremo poi noi a stabilirla in funzione dell’andamento clinico della malattia».

Referenze
Aggarwal R et al. Trial of Intravenous Immune Globulin in Dermatomyositis. N Engl J Med. 2022 Oct 6;387(14):1264-1278. leggi

Linee guida per miosite infiammatoria idiopatica leggi

Per approfondimenti sulla dermatomiosite: leggi 

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