Le sperimentazioni cliniche no profit in Italia crollano


Crollano del 68% le sperimentazioni cliniche e gli studi clinici no profit in Italia. Manifesto FADOI per la Ricerca Clinica

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“La ricerca deve essere al centro della crescita”. Lo ha detto Mario Draghi parlando dell’Italia, lo ripeterà rivolgendosi all’Europa in qualità di consulente Ue per la competitività. Solo che stritolata dalla burocrazia, a corto di finanziamenti e personale, alle prese con norme sulla privacy che rendono quasi impossibile la gestione dei dati, in affannoso recupero dei ritardi accumulati per l’implementazione del Regolamento europeo del 2014 sugli studi clinici, l’Italia rischia di perdere il treno dell’innovazione in campo biomedico. Che solo nel settore farmaceutico a livello globale vale mille miliardi di dollari, che le grandi multinazionali hanno programmato di investire da qui al 2025. Un piatto del quale, in queste condizioni, all’Italia rischiano di spettare solo le briciole.

A fare il punto sulle sperimentazioni cliniche nel nostro Paese e a lanciare le proposte per tornare ad essere tra i leader del settore è il “Manifesto per la Ricerca Clinica” presentato ed elaborato da Fadoi, la Federazione dei medici internisti ospedalieri, insieme ai massimi esperti del settore.

Che nel complesso l’Italia investa poco in R&S è fatto noto: appena l’1,5% del nostro Pil contro la media Ue del 2,1%, che corrisponde a circa 11 miliardi l’anno. Di questa già modesta fetta, al settore “Protezione e promozione della salute” spetta solo il 10%. Puntando la lente di ingrandimento sul segmento sanitario si scopre poi che la quota di investimenti no profit si restringe ancor più a un 10%, lasciando il 90% agli investimenti privati, che ammontano a 750 milioni di euro l’anno.

Poco male si dirà, ma questa proporzione suscita qualche riflessione tenuto conto che gli studi indipendenti rispondono a esigenze meno stringenti rispetto a quelle di mercato e possono portare a scoperte in ambiti che solitamente suscitano minore interesse negli investitori privati. I quali portano comunque due vantaggi al Paese. “Da un punto di vista assistenziale, ma anche economico – spiega Francesco Dentali, Presidente Fadoi – ogni euro versato all’ospedale o all’istituzione scientifica per la sperimentazione clinica dai promotori profit genera un utile netto di 3 euro, dei quali 0,5 per l’ospedale e un risparmio per il SSN di circa 2,5 euro grazie alla fornitura gratuita di farmaci. Per non parlare del fatto che ogni anno in Italia circa 40mila pazienti affetti da patologie gravi, come tumori, malattie ematologiche e cardiovascolari, partecipando ai trial possono beneficiare con anticipo anche di anni dei trattamenti innovativi, con maggiori possibilità di guarigione e di miglioramento della qualità di vita “.

Resta però il fatto che la ricerca no profit in Italia arretra. Meno 50% è il numero degli studi clinici portati avanti nel decennio 2009-19, con un numero di sperimentazioni sceso da 309 a 156. Ma è nel 2022 che si è toccato il punto più basso -si legge nel Manifesto- con gli studi scesi a quota 98, pari a un meno 68,3% rispetto al 2009. Il punto più basso toccato in questo millennio. Senza contare che “la percentuale degli studi autorizzati sul totale è scesa al 15%”.

I dati provenienti dai Comitati etici indicano che il 28,6% delle sperimentazioni interessano l’interventistica sul farmaco. Rispetto alle altre tipologie di studi, le più frequenti sarebbero le ricerche osservazionali non su farmaco (36,9%), mentre gli studi osservazionali su farmaco rappresentano una quota del 12,4% e le sperimentazioni interventistiche sui dispositivi pesano per il 4,8% delle valutazioni dei Comitati Etici (16,1% per “altri studi” e 1,2% per “valutazioni varie”).

I nodi che imbrigliano la ricerca e le proposte del Manifesto
Ad imbrigliare la ricerca clinica in Italia sono tutta una serie di fattori, tra i quali emergono su tutti la carenza di risorse, quella di personale e l’eccesso di burocrazia.  Ostacoli rispetto ai quali il Manifesto introduce una serie articolata di proposte.

Per sburocratizzare i processi, garantendo qualità e trasparenza, si propone innanzitutto  la creazione di una “Agenzia nazionale della ricerca”, direttamente collegata alla Presidenza del Consiglio, alla quale verrebbero affidati i compiti di: “coordinamento delle attività di ricerca, promozione di organizzazioni di rete e delle moderne modalità di conduzione degli studi, responsabilità della definizione dei contenuti degli interventi normativi, rapporti con le Regioni e relazioni internazionali, finanziamento competitivo della ricerca (garantendo scadenze dei bandi, disponibilità e continuità delle risorse), monitoraggio dei risultati”.

Sempre finalizzata alla semplificazione è la proposta di un testo unico della regolamentazione clinica che semplifichi e metta ordine alla giungla fatta su almeno 5 regolamenti europei e un quadro normativo nazionale abnorme.

Riguardo le farraginose regole sulla privacy il Manifesto propone invece “un intervento europeo per eliminare le differenze regolatorie locali, specie sulla possibilità di condurre ricerche osservazionali retrospettive anche senza specifico consenso del paziente”.

In tema di personale si ritiene necessario riformare sia “i programmi universitari delle discipline scientifiche in modo che comprendano tematiche inerenti la ricerca clinica; sia “i contratti collettivi nazionali della sanità pubblica e privata in modo da introdurre figure professionali attualmente assenti nella pianta organica degli Ospedali italiani”.

Centrale anche il tema della formazione, in merito alla quale si propone di: integrare i programmi dei percorsi pre-lauream, dedicando particolare attenzione alla sperimentazione clinica; Variegare l’offerta formativa post-lauream sulla ricerca clinica con master, dottorati e corsi di formazione; riconoscere nel Servizio Sanitario Nazionale il ruolo dello specialista in Farmacologia e Tossicologia Clinica quale professionista della ricerca clinica nelle Aziende Sanitarie.

Inutile dire che riguardo i finanziamenti pubblici ci si auspica “una maggiore disponibilità in termini assoluti”.

Tutto questo senza trascurare le sinergie tra tutte le componenti della ricerca. “La promozione di cooperazioni tra strutture accreditate per la ricerca, come IRCCS, Università, Enti di ricerca e ospedali, ma anche le strutture sanitarie del territorio, le associazioni dei pazienti, e le associazioni dei professionisti, è fondamentale per lo sviluppo della ricerca italiana, e in particolare, per la ricerca osservazionale”, afferma Dario Manfellotto, Presidente della Fondazione Fadoi. “La ricerca sui dati del mondo reale, che integrano le conoscenze acquisite attraverso le sperimentazioni cliniche interventistiche, è attualmente una dimensione di grande interesse per l’Unione Europea, e per il mondo industriale delle scienze della vita. Il nostro Paese -conclude Manfellotto- ha a disposizione dati sanitari di elevata qualità e di notevole rappresentatività, un potenziale patrimonio sul quale è necessario investire”.