Tumori: 8 oncologi su 10 forniscono ai colleghi una second opinion


Secondo un”indagine AIOM, l’81% degli oncologi afferma di aver ricevuto da altri colleghi una richiesta di second opinion

Mutazioni genetiche dei pazienti oncologici: i dati sono del registro RATIONAL che coinvolge più di 730 malati di 44 diverse strutture sanitarie

In Italia sempre più pazienti colpiti da cancro richiedono un “secondo parere” ad un altro specialista. L’81% degli oncologi afferma di aver ricevuto da altri colleghi una richiesta di “second opinion”. Di queste prestazioni, il 75% è stata eseguita con la visita in presenza del malato. Il 21% invece è stata svolta attraverso l’analisi della documentazione clinica e la successiva discussione con parente/caregiver. Solo nel 4% dei casi è avvenuta con il teleconsulto o altre forme di telemedicina. Il 64% delle second opinion è stato erogato attraverso il servizio sanitario nazionale e il rimanente 36% con libera professione. Meno della metà dei pazienti (il 47%) informa il proprio medico curante solo dopo aver ottenuto il secondo parere.

I dati sono relativi ad una survey condotta su circa 200 specialisti dall’ Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM) e Fondazione AIOM. I risultati sono stati presentati in occasione dell’apertura del convegno nazionale Le Giornate dell’Etica AIOM 2023. L’etica della Second Opinion: 5 Anni Dopo a Loreto (AN).

“Esistono diversi e fondati motivi per i quali uno specialista si avvale di una second opinion – sottolinea Saverio Cinieri, Presidente Nazionale AIOM -. Nel 78% dei casi, infatti, è lo stesso oncologo che consiglia al proprio paziente di andare da un collega per un consulto. I tumori sono in costante crescita in Italia e ogni giorno si registrano più di mille casi. Le scelte terapeutiche sono diventate sempre più complesse grazie alla costante introduzione di nuovi trattamenti. Questo è valido soprattutto per i tumori rari che in totale interessano oltre 900mila uomini e donne nel nostro Paese. La gestione clinica di queste neoplasie, così come quella dei sarcomi, è molto complessa ed è assolutamente necessario il giusto expertise dell’oncologo. E’ importante che un medico comprenda alcuni suoi propri limiti e sappia quando è più opportuno indirizzare l’assistito ad un secondo specialista. Tuttavia le richieste di second opinion avvengono anche nell’ambito del trattamento di forme di cancro più frequenti. In questo caso le linee guida ufficiali offrono molte opzioni la cui scelta può avvenire anche grazie al supporto di un collega più esperto”.

“Richiedere una second opinion è un legittimo diritto di ogni paziente ed è perciò un dovere del nostro sistema sanitario garantirlo – afferma Giordano Beretta, Presidente di Fondazione AIOM -. In alcune situazioni però questa pratica non determina nessun beneficio e potrebbe piuttosto aumentare il rischio di rallentare il percorso diagnostico-terapeutico. Altre volte invece assicura vantaggi clinici nonché un ritorno psicologico positivo. Infatti attribuisce al malato, e ai caregiver, la percezione di esercitare in maniera autonoma una legittima scelta. Possono esserci però anche delle discordanze tra la prima e la seconda opinione e quindi si verificano ulteriori complicazioni. Esiste poi anche il rischio che l’assistito segua consigli clinici non appropriati. Tutti questi complessi aspetti vanno affrontati attraverso un dialogo costruttivo tra medico e paziente. Entrambi non devono avere un atteggiamento pregiudiziale verso il ricorso alla second opinion. Solo così è possibile utilizzare uno strumento importante e che può essere di grande aiuto.

Al convegno di Loreto, AIOM e Fondazione AIOM hanno rilanciato il Decalogo della “Seconda Opinione” in Oncologia redatto nel 2018 a Ragusa. “E’ un documento composto da dieci semplici regole valide sia quando al medico viene richiesta una second opinion che in caso sia il paziente a desiderarla – conclude Filippo Pietrantonio, Consigliere Nazionale AIOM-. Vuole essere perciò uno strumento di aiuto e supporto concreto per tutti gli specialisti. Il consiglio generale che vogliamo dare agli oncologi italiani, è quello di accogliere l’esito della seconda opinione. Questa va poi discussa in maniera chiara ed esaustiva con il paziente soprattutto quando i due pareri risultano discordanti”.