Per gli addetti alla sicurezza informatica problemi di burnout nell’ultimo anno


Pressioni costanti, carenza di personale: il lato oscuro dell’industria tech: 4 addetti alla sicurezza informatica su 10 hanno sofferto di burnout nell’ultimo anno

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Il settore tech in Italia è in continua crescita. La pandemia, in modo particolare, ha accelerato la digitalizzazione in molte industrie, aumentando la domanda di software, servizi cloud, piattaforme di collaborazione e tecnologie digitali. Se, da un lato, questo ha generato l’emergere di nuove opportunità, dall’altro, tale crescita ha portato a un aumento della pressione sulle risorse umane e a un’accelerazione del ritmo di lavoro; fattori che, se non gestiti adeguatamente, possono influenzare negativamente la salute mentale e fisica dei lavoratori fino a ridurre la loro qualità di vita.

Settore tech e burnout: cosa sta accadendo

Il burnout è un problema diffuso tra i professionisti tech. Dai dati derivanti dall’ultima edizione del Global Incident Response Threat Report di Vmware iI 47% degli addetti alla sicurezza informatica ha dichiarato di aver sofferto di burnout negli ultimi 12 mesi.

“Il successo di un’azienda dipende dalle persone che ne fanno parte. Per prosperare, abbiamo bisogno di garantire che i nostri talenti siano sani, felici e motivati. Il burnout è un nemico del benessere del nostro team e della nostra stessa azienda. Proprio per questo abbiamo messo in campo fin da subito tutta una serie di iniziative volte a proteggere il team da questo rischio”- afferma Lorenzo Danese, Ceo di Timeflow, https://timeflow.it/ la startup fondata insieme a Federico Patrioli, Gianmarco Ferrante e Iacopo Albanese, che agevola le aziende nella ricerca dei più eccellenti e affidabili talenti Tech e Fornitori IT a livello internazionale per lo sviluppo del proprio progetto.

Carichi di lavoro elevati, scadenze strette, alta competitività: un settore a elevato rischio

Diverse sono le sfide che i professionisti tech in Italia si trovano a dover affrontare. Tra queste vi sono, in primis, i carichi di lavoro elevati, spesso dovuti a scadenze strette e progetti complessi, che generano un senso di sopraffazione e stress cronico.

L’ambiente competitivo nel settore tech aggiunge ulteriore pressione, con una cultura del lavoro che spesso misura il successo in termini di risultati straordinari e costanti. I cambiamenti tecnologici rapidi richiedono un incessante aggiornamento sulle ultime tecnologie. Tali processi di adattamento devono essere adeguatamente gestiti dalle aziende, affinché tutti i dipendenti possano rimanere al passo, senza rischiare sovraffaticamenti ed esposizioni a forte stress.

Un’altra causa significativa di burnout è da ricondurre all’isolamento digitale, dal momento che molte posizioni richiedono lunghi periodi di lavoro davanti a uno schermo, spesso senza interazioni sociali di valore.

Tuttavia, oltre a questi elementi, un enorme problema delle realtà tech in Italia risiede nella carenza di personale.

L’influenza della scarsità di offerta sulla crescita dei casi di burnout nel settore tech

Un limite critico che influenza direttamente la carenza di personale è la scarsa disponibilità di competenze tecniche specifiche. Le abilità richieste sono altamente specializzate e richiedono anni di esperienza e formazione. Questa situazione ha portato a una carenza di professionisti qualificati per ricoprire queste posizioni, con il continuo mutamento delle competenze richieste a causa dell’evoluzione rapida del mondo IT, rendendo ancor più difficile la selezione dei giusti professionisti. Inoltre, questi settori richiedono non solo competenze tecniche, ma anche soft skills (pensiero critico, risoluzione dei problemi e comunicazione efficace), che possono essere complesse da acquisire.

Questa circostanza, affiancata a contesti di promozione della cultura del lavoro come priorità assoluta, aumenta la pressione e il sovraffaticamento, comportando forti disequilibri tra lavoro e vita personale, fino a raggiungere veri e propri stati di burnout.

Iniziative per combattere il burnout

Molte aziende tech in Italia stanno prendendo misure per affrontare il problema del burnout e promuovere il benessere dei loro dipendenti. Queste iniziative possono includere programmi di sensibilizzazione sullo stress, politiche di flessibilità lavorativa, attività di team building e accesso a servizi di consulenza psicologica.

“Per affrontare il rischio di burnout in azienda, abbiamo adottato una serie di misure concrete” spiega Lorenzo Danese. “In primo luogo, abbiamo potenziato le attività di team building, creando un ambiente di lavoro più coeso e amichevole. Queste iniziative, infatti, non solo riducono lo stress, ma anche rinforzano i legami tra i colleghi, creando una comunità solida e solidale. La prossima? A breve. Trascorreremo 4 giorni tutti insieme nell’entroterra toscano. Inoltre,” ha proseguito, “abbiamo stretto una partnership con Serenis per offrire ai nostri dipendenti sedute di psicoterapia gratuite o a tariffe agevolate. La salute mentale è una priorità fondamentale.”

Non finisce qua. Per prevenire il burnout è fondamentale promuovere attivamente un equilibrio sano tra lavoro e vita personale – e in questo lo smart working fornisce un grande contributo. Infine, una buona formazione sul benessere per aiutare i nostri dipendenti a riconoscere i segni del burnout è essenziale per affrontare lo stress in modo sano ed efficace.

“Vogliamo garantire un ambiente di lavoro sostenibile e una cultura aziendale che promuova la salute mentale e il benessere di tutti i nostri dipendenti. Il nostro impegno è quello di creare un ambiente in cui tutti si sentano valorizzati, supportati e in grado di raggiungere il loro massimo potenziale. Il burnout non deve essere una conseguenza inevitabile del lavoro nel settore tech. Con queste iniziative, vogliamo dimostrare che è possibile avere successo senza sacrificare la salute mentale e il benessere personale”.