Leucemia mieloide cronica: nuove conferme sull’utilizzo di ponatinib


Leucemia mieloide cronica: arrivano conferme di beneficio clinico a lungo termine per ponatinib, a prescindere dallo stato mutazionale di BCR-ABL1

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Il trattamento con l’inibitore delle tirosin-chinasi (TKI) di terza generazione ponatinib conferma la sua robusta efficacia a lungo termine, con un profilo di sicurezza gestibile, nei pazienti con leucemia mieloide cronica in fase cronica resistenti o intolleranti ad almeno due TKI impiegati in precedenza.

Inoltre, la dose di partenza di 45 mg, ridotta a 15 mg dopo il raggiungimento di un livello di trascritto BCR::ABL1IS ≤1%, conferma di essere quella in grado di fornire il rapporto rischio-beneficio ottimale, indipendentemente dallo stato mutazionale del gene BCR-ABL1, coerentemente con quanto già emerso dall’analisi primaria dello studio.

Lo evidenzia un’analisi post-hoc dei dati aggiornati a 3 anni dello studio di fase 2 OPTIC (Optimizing Ponatinib Treatment in CP-CML) presentata al congresso della European Hematology Association (EHA), che si è tenuto di recente a Francoforte.

Ponatinib e lo studio OPTIC 
Ponatinib è l’unico pan inibitore tirosin-chinasico di BCR::ABL1 attualmente approvato in grado di inibire in modo potente tutte le varianti native note e quelle derivanti da una singola mutazione di resistenza di BCR::ABL1, compresa la mutazione T315I, che si è dimostrata essere associata a resistenza ai TKI di seconda e terza generazione.

Lo studio OPTIC (NCT02467270) è un trial multicentrico internazionale randomizzato, in aperto, tuttora in corso ed è il primo studio che ha cercato di verificare se l’efficacia di ponatinib possa essere mantenuta anche a dosaggi inferiori o con una riduzione precoce della dose.

Nello studio si è valutata l’efficacia di tre dosi iniziali di ponatinib in pazienti con leucemia mieloide cronica in fase cronica che erano risultati resistenti o intolleranti ad almeno due TKI di prima e seconda generazione o che presentavano la mutazione di resistenza T315I del gene BCR::ABL1.

I partecipanti sono stati assegnati secondo un rapporto 1:1:1 al trattamento con dosi iniziali di ponatinib pari a 45 mg (coorte A), 30 mg (coorte B) e 15 mg (coorte C) una volta al giorno. Successivamente, per coloro che raggiungevano livelli del trascritto BCR::ABL1IS ≤1%, la dose di ponatinib è stata ridotta a 15 mg nei pazienti delle coorti trattate inizialmente con 45 mg e 30 mg e a 10 mg in quelli trattati inizialmente con 15 mg. In caso di perdita della risposta, i pazienti potevano tornare alla dose di partenza.

L’endpoint primario dello studio era la risposta citogenetica completa (o risposta MR2), cioè il raggiungimento di livelli del trascritto BCR::ABL1IS ≤1%, a 12 mesi, mentre gli endpoint secondari comprendevano il tasso di risposta molecolare maggiore, il tasso di risposta citogenetica maggiore, la durata della risposta molecolare maggiore, il tempo di risposta, la sopravvivenza libera da progressione (PFS) e la sopravvivenza globale (OS).

Al momento del cut-off dei dati (9 maggio 2022), la durata mediana del follow-up era di 54 mesi nella coorte A, 51 mesi nella coorte B e 55 mesi, nella coorte C. In particolare, al momento del cut-off dei dati risultavano ancora in trattamento rispettivamente il 44%, il 27% e il 29% dei pazienti nelle tre coorti.

Complessivamente, 282 pazienti, quasi tutti (il 99%) resistenti a TKI, sono stati trattati con ponatinib, 94 in ciascuna coorte. I portatori della mutazione T315I rappresentavano il 23,4% dei partecipanti.

I risultati a 3 anni dello studio erano stati presentati in precedenza.

Risposta migliore con dose iniziale di 45 mg
Nella sottoanalisi post-hoc dello studio OPTIC riportata a Francoforte gli autori hanno valutato la risposta a ponatinib e la sopravvivenza dei pazienti a 3 anni nelle tre coorti di dosaggio in relazione allo stato mutazionale di BCR::ABL1 all’inizio della terapia. A tale scopo, i pazienti di ciascuna coorte sono stati suddivisi in tre differenti sottogruppi: con il gene non mutato, portatori della mutazione T315I o portatori di mutazioni diverse dalla T315I.

Nella coorte trattata con la dose iniziale di 45 mg, osservano gli autori, è stata ottenuta la percentuale più alta di pazienti che hanno raggiunto un livello del trascritto BCR::ABL1IS ≤1% entro 36 mesi. In questa coorte, tale percentuale è risultata del 60% tra coloro che non presentavano mutazioni di BCR::ABL1, 64% tra i portatori della mutazione T315I e 56% tra coloro che presentavano mutazioni diverse dalla T315I.

La durata mediana della risposta (DoR) è stata raggiunta solo nel sottogruppo di pazienti portatori della mutazione T315I nelle coorti trattate con la dose iniziale pari a 45 mg e a 30 mg: 16,7 mesi e 12,14 mesi rispettivamente.

La durata mediana di esposizione al farmaco è stata di 84 giorni indipendentemente dalla dose.

Nella popolazione complessiva, la PFS è risultata di 72,5 mesi nella coorte trattata inizialmente con 45 mg, 67,1 mesi in quella trattata con 30 mg come dose iniziale e 69,7 mesi in quella trattata con 15 mg iniziali.

La PFS mediana non è stata raggiunta in nessuna delle tre coorti sia nel sottogruppo di pazienti senza mutazioni di BCR::ABL1 sia in quello con mutazioni diverse dalla T315I. Nei pazienti portatori della mutazione T315I, invece, la PFS mediana non è stata raggiunta nella coorte trattata con la dose iniziale di 45 mg, mentre è risultata di 28,4 mesi nella coorte trattata inizialmente con 30 mg e 45,6 mesi in quella trattata con 15 mg.

L’OS mediana non è stata raggiunta in nessuna delle tre coorti di dosaggio e, all’’interno di ciascuna coorte, in nessuno dei tre sottogruppi definiti in base allo stato mutazionale di BCR::ABL1.

Nei pazienti che perdono la risposta, possibile recuperarla aumentando il dosaggio
Gli autori hanno valutato anche la quota di pazienti che perdevano la risposta nelle tre coorti e in funzione dello stato mutazionale di BCR::ABL1, e se era possibile recuperarla aumentando il dosaggio di ponatinib.

Indipendentemente dallo stato mutazionale, nelle coorti trattate con i due dosaggi iniziali più alti pochi pazienti hanno perso la risposta e, fra quelli che l’hanno persa, la maggior parte è riuscita a tornare a livelli di BCR::ABL1IS ≤1% dopo che la dose del farmaco è stata incrementata.

In particolare, nei pazienti portatori della mutazione T315I, il 32% dei pazienti nella coorte A e il 10% nella coorte B sono stati sottoposti a un riadattamento della dose dopo la perdita della risposta. Di questi, rispettivamente il 75% e il 50% hanno raggiunto nuovamente il valore di trascritto BCR::ABL1IS ≤1%.

Nei pazienti non mutati, invece, rispettivamente nel 6% e 5% di essi si è tornati alla dose di partenza di ponatinib dopo la perdita della risposta e, di questi, rispettivamente il 67% e il 100% hanno raggiunto nuovamente il valore target di BCR::ABL1IS.

Nei pazienti portatori di una mutazione diversa da T315I, il 12,5% di quelli della coorte A è stato sottoposto a un aumento della dose del TKI dopo la perdita della risposta e il 50% di questi ha raggiunto nuovamente la risposta target. Nessun paziente della coorte B ha perso la risposta.

L’analisi, concludono gli autori, ha mostrato che tutti e tre i regimi di dosaggio di ponatinib sono in grado di offrire un beneficio clinico nella popolazione di pazienti altamente resistenti analizzata nello studio. Tuttavia, ha specificato Castagnetti, «la dose iniziale di 45 mg è quella in grado di offrire il beneficio maggiore in tutti i sottogruppi di pazienti, sia quelli con la mutazione T315I, sia quelli con altre mutazioni di BCR-ABL1, sia quelli con il gene non mutato. Le dosi iniziali di 30 e 15 mg, invece, sono efficaci nei gruppi di pazienti con mutazioni di BCR-ABL1 diverse dalla T315I o senza mutazioni, ma sono meno efficaci nei pazienti portatori della mutazione T315I, nella quale il beneficio maggiore si ottiene con la dose iniziale di 45 mg».

Pertanto, concludono gli sperimentatori, è importante, quando possibile, l’uso della dose piena iniziale che, oltre a garantire dei tassi di risposta più elevati, ha mostrato di offrire anche un beneficio di PFS.

Riduzione degli eventi cardiovascolari con strategia di ottimizzazione della dose
Sul piano della sicurezza e tollerabilità, da questa nuova analisi a 3 anni non emergono novità sostanziali rispetto all’analisi precedente.

Nella popolazione complessiva, gli eventi avversi ematologici di grado ≥3 più comuni legati al trattamento sono stati la trombocitopenia (27%), la neutropenia (18%) e l’anemia (8%), mentre quelli non ematologici di grado ≥3 più comuni sono stati l’ipertensione (9%) l’aumento delle lipasi (7%) e la riduzione della conta piastrinica (7%).

Per quanto riguarda gli eventi occlusivi arteriosi di grado 3/4, l’incidenza osservata è stata del 6% nella coorte A, 6% nella coorte B e 4% nella coorte C, e non si sono verificati eventi di questo tipo di grado 5 in nessuna delle tre coorti.

Complessivamente, concludono gli autori, i tre regimi di dosaggio adattato in base alla risposta hanno mostrato un profilo di sicurezza a lungo termine gestibile, caratterizzato da una bassa incidenza di eventi occlusivi arteriosi, tenendo conto della durata dell’esposizione al farmaco.

Bibliografia
J. Cortes, et al. Post hoc analysis of patient responses by T315I mutation status from the 3-year update of the OPTIC trial: a dose-optimization study of 3 starting doses of ponatinib. EHA 2023; abstract P662. leggi