Galassie submillimetriche ottimo tracciante dei protoammassi


Le galassie submillimetriche, così dette per l’intensa emissione a lunghezze d’onda sotto il millimetro, sono un ottimo tracciante dei protoammassi di galassie

galassie submillimetriche

Un po’ come la popolazione umana tende ad aggregarsi in villaggi, città, metropoli e megalopoli, anche le galassie nell’universo – pur sotto la spinta di tutt’altra forza – si organizzano in gruppi piccoli, medi e grandi, fino a formare le più massicce strutture cosmiche tenute insieme dalla mutua gravità: gli ammassi di galassie. Questi agglomerati, che raccolgono da centinaia a migliaia di galassie oltre a grandi quantità di gas caldo e dell’invisibile materia oscura, hanno origine dai protoammassi di galassie, le strutture più estese che popolavano il cosmo primordiale appena un miliardo di anni dopo il Big Bang.

La comunità astronomica è particolarmente interessata ai protoammassi e alla loro popolazione galattica per studiare e comprendere a fondo la formazione ed evoluzione delle strutture a larga scala dell’universo. Scovarli nel cielo, tuttavia, è particolarmente arduo e così il numero di protoammassi noti è rimasto finora piuttosto limitato. Ma la situazione potrebbe cambiare presto: basta sapere dove cercare. Una collaborazione tra istituti di ricerca in Italia e Spagna propone un nuovo metodo, centrando l’indagine intorno a un tipo particolare di galassie: le galassie submillimetriche (submillimeter galaxies, o Smg), tra le più massicce dell’universo, caratterizzate da un tasso di formazione stellare che può superare di oltre cento volte quello della Via Lattea. Scoperte alla fine degli anni Novanta, queste galassie devono il loro nome all’intensa emissione che le distingue nella banda submillimetrica, la porzione dello spettro elettromagnetico tra l’infrarosso e le microonde.

«Diversi studi precedenti hanno mostrato evidenza che le galassie submillimetriche risiedono al centro di protoammassi di galassie. Tuttavia altri studi hanno riportato risultati contrastanti. Il nostro lavoro rappresenta il primo studio sistematico dell’ambiente su larga scala di un campione di Smg confermate spettroscopicamente», spiega Rosa Calvi, ricercatrice all’Università di Ferrara e associata all’Istituto nazionale di astrofisica (Inaf), prima autrice del lavoro pubblicato su Astronomy & Astrophysics.

Calvi e colleghi hanno cercato protoammassi intorno a dodici galassie submillimetriche, trovandone in ben undici casi. I risultati hanno confermato in modo indipendente tre protoammassi già noti e indicano la presenza di cinque nuove strutture. Uno di essi, intorno alla galassia Gn10, è tra i più lontani mai osservati: la sua luce ha viaggiato per oltre dodici miliardi e mezzo di anni prima di raggiungere la Terra.

«Lo studio ha dimostrato che le galassie submillimetriche sono traccianti eccellenti di protoammassi», nota il co-autore Gianluca Castignani, ricercatore all’Università di Bologna e associato Inaf. «Il nostro lavoro ha anche gettato una nuova luce sulla connessione fisica tra le Smg e il loro ambiente circostante, mostrando una correlazione, mai osservata in precedenza, tra la quantità di gas molecolare delle Smg (il carburante da cui si formano le stelle) e la significatività delle sovradensità associate. Per spiegare questa correlazione abbiamo proposto lo scenario secondo cui le interazioni fra galassie negli ambienti più densi hanno agevolato la caduta di gas e il conseguente forte tasso di formazione stellare che caratterizza le Smg più brillanti».

Oltre a un innovativo metodo statistico per cercare agglomerati di galassie più densi della media attorno ad un dato punto nel cielo, sviluppato e applicato con successo da Castignani e collaboratori in lavori precedenti, è stata determinante la disponibilità di nuovi cataloghi di galassie in diverse lunghezze d’onda, che hanno permesso di caratterizzare i protoamassi fino a distanze remote. In parallelo, il recente sviluppo di interferometri radio come Noema, sulle Alpi francesi, ha reso possibile la rilevazione di un numero sempre crescente di galassie submillimetriche per stilare i cataloghi da cui è partita la ricerca. E le prospettive future sembrano ancor più promettenti.

«Gn10 e gli altri protoammassi di questo lavoro sono ottimi target per il James Webb Space Telescope», aggiunge Calvi. «Nei prossimi anni il numero di protoammassi confermati e caratterizzati crescerà notevolmente. In particolare il satellite Euclid, uno strumento rivoluzionario per lo studio delle strutture a larga scala, permetterà la scoperta e caratterizzazione di migliaia di protoammassi».

Per saperne di più: