Le nuove regole europee mettono in ginocchio la pesca italiana


UNCI AgroAlimentare lancia l’allarme sugli effetti fortemente negativi che avrà il Piano di azione dell’Unione europea sul settore della Pesca e sui consumatori

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“La Commisione europea ha completamente ignorato la voce dei lavoratori del settore ittico, andando avanti con un Piano di azione che decreterà la definitiva scomparsa del segmento della pesca a strascico e rischia di colpire gravemente l’intero comparto, soprattutto le piccole imprese, già da tempo messo a dura prova”. Così Gennaro Scognamiglio, presidente nazionale dell’Unci AgroAlimentare.

“Nonostante le sacrosante proteste – ha proseguito il dirigente dell’associazione di settore del mondo cooperativistico – degli operatori di tutta Europa, con le marinerie italiane in prima fila, l’Ue ha deciso di andare avanti con misure drastiche e non scientificamente fondate, danneggiando così la pesca ed in particolare un ambito che vede l’Italia collocata in una posizione di primo piano. A nulla sono valse le richieste di confronto e la disponibilità, manifestata concretamente in questi anni, ad impegnarsi per un’attività sempre più attenta alla sostenibilità e al benessere ambientale del mare e delle specie viventi che lo popolano.

Ad essere colpiti e danneggiati dunque sono i lavoratori e le imprese del settore della pesca, le filiere collegate e tutti i consumatori.

In Italia, nella sola pesca a strascico sono impegnate oltre 2000 imbarcazioni, che danno occupazione a 7500 lavoratori, un settore che contribuisce a un terzo del prodotto ittico italiano, per un valore pari al 46% del fatturato totale.

Tra le immediate conseguenze della crociata avviata dalla Commissione europea, ci sarà la scomparsa dalle tavole italiane di specie come gamberi, scampi, triglie, naselli, ma anche sogliole, e quindi di tanti piatti tipici della nostra straordinaria tradizione culinaria, a cominciare dalla frittura di paranza. Per soddisfare le richieste del mercato non ci sarà altro modo che aumentare l’importazione di prodotti ittici da Paesi extra-comunitari, che lavorano con regole diverse e non rispettano i nostri stessi rigidi protocolli in termini di sicurezza ed anche di sostenibilità. Diventa perciò sempre più concreta la prospettiva di introdurre e commercializzare pesce sintentico”

“Soprattutto negli ultimi tempi – conclude Scognamiglio – la pesca, l’agroalimentare, l’enologia italiana ed i prodotti tipici e di qualità mediterranei sono finiti nel mirino dell’Unione europea e delle lobby che condizionano le scelte di Bruxelles, con danni incalcolabili per la nostra economia, ma anche per i cittadini europei, ai quali si cerca di imporre il consumo di prodotti di scarsa qualità, succedanei di quelli originali, senza nemmeno un’adeguata e trasparente informazione nelle etichette, oppure di veicolare “nuovi alimenti”, come gli insetti edibili, o ancora organismi geneticamente modificati e cibi artificiali, sotto l’improbabile bandiera di una scelta ecologica, che invece più realisticamente appare un tentativo di creare un mercato, per prodotti che comprensibilmente non ne hanno. E’ tempo di dire basta a tutto ciò e fermare questo insensato percorso che non tiene in alcuna considerazione la sostenibilità sociale, i diritti dei lavoratori e le ricadute economiche negative”.