Site icon Corriere Nazionale

Malattia di conduzione ventricolare sinistra: ecco come prevenirla

Ipertensione e rischio cardiovascolare: i risultati di "Save your HEART", campagna di screening promossa dal Gruppo Servier in Italia con SIFAC

La malattia di conduzione ventricolare sinistra può essere prevenuta con un controllo aggressivo della pressione arteriosa, come mostra un’analisi

La malattia di conduzione ventricolare sinistra (LV) può essere prevenuta con un controllo aggressivo della pressione arteriosa (PA), come mostra un’analisi post hoc dello studio SPRINT, pubblicata online su “JAMA Cardiology”.

Individui randomizzati al target di pressione sistolica intensiva <120 mmHg hanno evidenziato un’incidenza di malattia da conduzione LV significativamente inferiore – contando qualsiasi blocco fascicolare o di branca sinistra su una mediana di 3,5 anni nello studio – rispetto al target più allentato <140 mmHg (HR 0,74, IC 95% 0,56-0,98).

«Questi risultati sono stati mantenuti quando l’incidenza della stimolazione ventricolare era inclusa nel risultato e quando si considerava la morte per tutte le cause come rischio concorrente» riferiscono Gregory Marcus, della University of California San Francisco, e colleghi.

I disturbi della conduzione LV sono comuni e possono progredire in disturbi del ritmo potenzialmente letali, insufficienza cardiaca o blocco cardiaco completo con necessità di pacemaker permanente. Nessuna strategia preventiva è stata precedentemente identificata per queste condizioni.

«Questa ricerca è stata motivata dalla presentazione di pazienti con un blocco cardiaco completo in cui è stato inserito un pacemaker e che chiedevano: ‘Perché è successo a me?’» affermano e colleghi. «La risposta a questa domanda non era chiara, quindi abbiamo voluto esaminare l’impatto che la PA potesse avere sullo sviluppo della loro malattia di conduzione».

I ricercatori hanno rilevato la plausibilità biologica di un legame tra ipertensione e malattia della conduzione cardiaca.

«Nell’ipertensione, il sovraccarico di pressione ventricolare sinistra può portare a fibrosi interstiziale, con conseguente downregulation delle gap junctions e compromissione del normale accoppiamento elettrico delle cellule» scrivono. «Una PA sistemica più elevata può anche essere associata all’attivazione di percorsi di segnalazione dello stress neuro-ormonale, citochinico, infiammatorio e ossidativo che possono portare in modo simile a tale fibrosi».

Gli autori riferiscono che, nello studio SPRINT, i fattori associati a un maggiore rischio di malattia da conduzione erano l’età avanzata (HR 1,42 per aumento di 10 anni, 95% CI 1,21-1,67), il genere maschile (HR 2,31, 95% CI 1,63-3,32) e le malattie cardiovascolari (HR 1,46, 95% CI 1,06-2,00).

SPRINT ha causato l’impulso – sei anni fa – per la stesura delle linee guida nazionali che hanno rivisto l’obiettivo PA da 140/90 mmHg a 130/80 mmHg. Lo studio ha rilevato che un target ancora più rigoroso, <120 mmHg, riduceva infarto, ictus o morte negli anziani a più alto rischio, senza eccesso di cadute o ipertensione ortostatica nei pazienti con età più avanzata.

Risultati non casuali ma non dimostrabile nesso di causalità
Il gruppo coordinato da Marcus ha analizzato i dati della coorte SPRINT originale costituita da anziani con ipertensione e almeno un altro fattore di rischio cardiovascolare, ma ha escluso quelli con malattia da conduzione LV al basale, impianto di stimolatore ventricolare o pre-eccitazione ventricolare.

Ciò ha portato a una popolazione di 7.874 persone (età media 67,6 anni, 36% donne) in bracci di studio randomizzati a target PA di <140 mmHg o <120 mmHg. Come previsto, in un’analisi di controllo negativa, il controllo standard della PA rispetto a quello intensivo non ha avuto un impatto sul blocco del fascio destro (HR 0,95, IC 95% 0,71-1,27).

«Il risultato negativo del rischio di blocco di branca destra dimostra che l’associazione tra abbassamento intensivo della PA e minor rischio di malattia della conduzione LV era meno probabile di una scoperta casuale o che i cambiamenti nella malattia di conduzione LV fossero epifenomeni di qualche altro fattore sconosciuto che differiva tra i gruppi di randomizzazione» dichiarano gli autori.

Tuttavia, gli stessi riconoscono che la natura post hoc del loro studio preclude qualsiasi conclusione causale definitiva per quanto riguarda il controllo della PA e la malattia di conduzione LV.

Il commento di Marco Valgimigli, Istituto Cardiocentro di Lugano
I risultati post hoc riguardanti la malattia di conduzione LV sono stati «convincenti» nel fornire un nuovo endpoint meccanicistico per la gestione dei pazienti ipertesi con almeno un fattore di rischio cardiovascolare aggiuntivo, osserva Marco Valgimigli, cardiologo interventista presso l’Istituto Cardiocentro Ticino di Lugano (Svizzera), non coinvolto nel presente studio

«Penso che i medici potrebbero ora voler monitorare i difetti di conduzione LV ancora più strettamente nel follow-up di questi pazienti, quali possibili marker di inadeguate misure di controllo della PA (cioè non sufficientemente aggressive). Ritengo che tutti vorremmo che questo accadesse nella pratica clinica e non soltanto nel contesto di uno studio controllato randomizzato» ha aggiunto.

«Si potrebbe sostenere che questa è un’analisi post-hoc e, come tale, soggetta a errori incontrollati di tipo I e di tipo II» ha detto Valgimigli «eppure i risultati sono altamente coerenti, con benefici simili in tutti i possibili difetti di conduzione LV, e a mio avviso altamente credibili e plausibili»

Fonte:
Frimodt-Møller EK, Vittinghoff E, Kaur G, et al. Association Between Intensive vs Standard Blood Pressure Control and Incident Left Ventricular Conduction Disease: A Post Hoc Analysis of the SPRINT Randomized Clinical Trial. JAMA Cardiol, 2023 May 3. doi: 10.1001/jamacardio.2023.0845. [Epub ahead of print] leggi

Exit mobile version