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Dopo il ricovero per Covid rischio fibromialgia più elevato

Fibromialgia giovanile, nuove ipotesi sull'origine del dolore

La maggior parte dei pazienti ospedalizzati per Covid presenta almeno un sintomo associato alla fibromialgia da tre mesi a un anno dopo l’infezione acuta

La maggior parte dei pazienti ospedalizzati per Covid presenta almeno un sintomo associato alla fibromialgia da tre mesi a un anno dopo l’infezione acuta, con una prevalenza di fibromialgia tra i convalescenti più elevata rispetto alla popolazione generale, in particolare nelle donne. Soni i risultati di uno studio condotto in Israele e pubblicato sulla rivista PLoS ONE.

La sindrome fibromialgica è caratterizzata da dolore muscoloscheletrico cronico ed esteso, spesso accompagnato da sonno, fatigue, disturbi dell’umore e cognitivi. L’esatta patogenesi della condizione non è chiara, anche se diverse infezioni come quelle dovute al virus dell’epatite C (HCV) e al virus dell’immunodeficienza umana (HIV), così come la malattia di Lyme, sono state implicate nello sviluppo di fibromialgia nella fase post-acuta.

La sindrome post-acuta da Covid-19, spesso indicata come long-Covid, è caratterizzata da sintomi persistenti o nuovi che continuano per almeno quattro settimane e quelli più frequentemente riportati includono debolezza, affaticamento, artralgia, mialgia, declino cognitivo, difficoltà del sonno, depressione e ansia.

Uno studio sui pazienti Covid ospedalizzati in Israele
I ricercatori hanno studiato lo sviluppo della fibromialgia post-Covid tra i convalescenti ricoverati in ospedale a causa del Covid-19 e hanno identificato i fattori predisponenti associati. Lo studio ha coinvolto soggetti adulti dimessi dai reparti di infezione da SARS-CoV-2 dello Sheba Medical Center in Israele tra il 15 luglio 2020 e il 15 novembre 2020.

Al momento del ricovero in ospedale la diagnosi iniziale di infezione è stata confermata utilizzando il test molecolare PCR (polymerase chain reaction) e, una volta guariti, i pazienti sono stati dimessi sulla base del miglioramento dei segni e dei sintomi clinici. La gravità dell’infezione da SARS-CoV-2 è stata documentata secondo i criteri del National Institutes of Health (NIH) degli Stati Uniti.

Sono state escluse dall’analisi le persone dimesse da strutture sanitarie o case di cura, quelle con disturbi cognitivi prima dell’infezione, i soggetti con disturbi psicotici attivi, tumori maligni attivi, con precedente diagnosi di fibromialgia o che sono deceduti prima del completamento dello studio.

Per le interviste telefoniche sono stati utilizzati questionari come l’FM survey diagnostic criteria questionnaire, il subjective traumatic outlook (STO) questionnaire per valutare gli effetti psicologici del trauma e il sense of coherence (SOC) questionnaire per valutare la resilienza, con una durata minima tra la dimissione dall’ospedale e le interviste di 90 giorni.

Prevalenza di fibromialgia post-Covid più elevata che nella popolazione generale 
Dalla struttura sono stati dimessi un totale di 531 pazienti ricoverati per Covid e, tolti 216 esclusi e 101 soggetti che non hanno voluto partecipare, l’analisi finale ha coinvolto 198 individui con età media di 64 anni, per il 37% di sesso femminile e con durata media del follow-up di 5 mesi.

Le comorbilità più comunemente osservate sono state ipertensione, dislipidemia, diabete, obesità e insufficienza cardiaca congestizia, rispettivamente nel 48%, 35%, 33%, 22% e 19% dei partecipanti. La gravità del Covid è stata lieve, moderata e grave rispettivamente nel 31%, 10% e 59% dei casi. L’incidenza di fibromialgia post-Covid rilevata era del 15%, con l’87% dei partecipanti che ha manifestato almeno un sintomo associato alla condizione.

Il sesso femminile è risultato significativamente associato allo sviluppo di fibromialgia, con un odds ratio (OR) di 3,7. Inoltre punteggi SOC bassi e STO alti erano significativamente associati allo sviluppo della sindrome nella fase post-acuta del Covid.

I sintomi associati alla fibromialgia rilevati più frequentemente sono stati fatigue, difficoltà del sonno, disturbi cognitivi e dolori muscolari e articolari, osservati rispettivamente nel 57%, 56%, 54% e 42% dei pazienti. Il punteggio STO mediano era 8,0, tuttavia nel 73% dei soggetti con fibromialgia era di almeno 13,0 rispetto al 22% nel gruppo non fibromialgico.

Dopo cinque mesi di ricovero associato al Covid, al 15% delle persone e al 26% delle donne è stata diagnosticata la fibromialgia, in misura quasi cinque volte maggiore rispetto alla percentuale di pazienti identificati tra la popolazione generale di Israele.

In conclusione i risultati dello studio sconcordano con quelli di studi precedenti che hanno valutato i sintomi post-acuti a lungo termine del Covid e hanno dimostrato che la maggior parte dei pazienti ospedalizzati presenta almeno un sintomo associato alla fibromialgia da tre mesi a un anno dopo l’infezione acuta.

Nel complesso indicano che la prevalenza di fibromialgia tra i convalescenti Covid è stata più elevata che nella popolazione generale e che un’esperienza traumatica soggettiva significativa, una bassa resilienza e il sesso femminile erano significativamente associati all’insorgenza della sindrome.

Referenze

Savin E et al. The possible onset of fibromyalgia following acute COVID-19 infection. PLoS One. 2023 Feb 10;18(2):e0281593. 

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