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Artrite reumatoide: denosumab con DMARD alleato delle ossa

Artrite reumatoide: nuovo studio suggerisce che i livelli di calprotectina sierica potrebbero rappresentare un biomarcatore di infiammazione

Artrite reumatoide: secondo nuovi studi l’aggiunta di denosumab ai DMARD convenzionali rallenta la progressione dei processi di erosione ossea

L’aggiunta di denosumab ai DMARD potrebbe inibire la progressione dei processi di erosione ossea e migliorare la microarchitettura ossea nei pazienti affetti da artrite reumatoide (AR) stando ai risultati di uno studio giapponese pubblicato su Arthritis Research & Therapy.

Razionale e obiettivi dello studio
Denosumab, ricordano i ricercatori nell’introduzione allo studio, è un anticorpo monoclonale specifico per il ligando dell’attivatore del recettore del fattore nucleare κB (RANKL) che sopprime il riassorbimento osseo mediante l’inibizione competitiva di RANKL.

I meccanismi di segnalazione RANKL-RANK sono essenziali, come è noto, per lo sviluppo, l’attivazione e la sopravvivenza degli osteoclasti.
Denosumab è efficace nell’aumentare la densità minerale ossea (BMD) e nel ridurre le fratture da fragilità nei pazienti con osteoporosi. Il farmaco si è dimostrato efficace anche nel sopprimere i processi di distruzione ossea nei pazienti con AR.

Lo studio DESIRABLE recentemente pubblicato – uno studio multicentrico, randomizzato, in doppio cieco, controllato con placebo, di fase 3, condotto in Giappone – ha valutato l’efficacia di denosumab nel sopprimere i processi di distruzione articolare, quando aggiunto ad un DMARD. I risultati dei referti DEXA della colonna vertebrale lombare, della mano e del piede hanno dimostrato la capacità di denosumab di migliorare in modo significativo la BMD e di inibire la progressione dei processi di erosione ossea (un indicatore importante  della gravità e della progressione della malattia) in pazienti con AR dopo 12 mesi di trattamento.

“Per quanto l’efficacia e la sicurezza di denosumab nei pazienti affetti da AR sia ormai un fatto acclarato grazie ai dati provenienti dai trial clinici – continuano i ricercatori – ancora oggi restano alcune questione cliniche da approfondire, come ad esempio la prognosi dopo trattamento con denosumab nella pratica clinica in termini di cambiamenti relativi ai processi di distruzione articolare e nella microarchitettura ossea periarticolare”.

La tomografia computerizzata quantitativa periferica ad alta risoluzione (HR-pQCT) è una tecnica relativamente nuova che utilizza una modalità di imaging tridimensionale. La HR-pQCT raggiunge una risoluzione spaziale più elevata rispetto ai metodi convenzionali come i raggi X, la TC o la risonanza magnetica (RM), con il vantaggio di un’esposizione alle radiazioni relativamente bassa, e consente di valutare la microarchitettura ossea, che non può essere valutata con i metodi convenzionali. Inoltre, questa modalità di imaging consente una valutazione quantitativa dell’erosione ossea misurando la profondità, il volume e l’ampiezza dell’erosione ossea in siti periferici. Ad oggi, l’uso della HR-pQCT negli studi clinici sul denosumab è stato limitato.

L’obiettivo primario del nuovo studio è stato quello di confrontare l’inibizione della progressione dell’erosione ossea nei pazienti con AR trattati con DMARDcs più denosumab rispetto alla sola terapia con DMARDs. Tra quelli secondari vi erano lo studio degli effetti di denosumab sulla microarchitettura ossea, sull’osteite, sulla distruzione articolare e sull’osteoporosi periarticolare nei pazienti con AR utilizzando la HR-pQCT e l’ esame dell’effetto di denosumab sui processi di erosione ossea indipendenti dall’infiammazione.

Disegno dello studio e risultati principali
Lo studio, randomizzato e in aperto, organizzato per gruppi paralleli, prevedeva la randomizzazione dei pazienti a trattamento combinato con DMARDcs + denosumab 60 mg mediante iniezioni sottocute a cadenza semestrale per 12 mesi, oppure ad un trattamento ininterrotto con soli DMARDcs per 12 mesi.

L’endpoint primario era rappresentato dalla variazione della profondità dell’erosione ossea nella seconda e terza testa metacarpale dopo 6 mesi di terapia, misurata mediante HR-pQCT.

Dopo 6 mesi di terapia, i pazienti del gruppo DMARDcs più denosumab, rispetto a quelli randomizzati a trattamento solo con DMARDcs, hanno mostrato cambiamenti ridotti della profondità dell’erosione ossea nella seconda e terza testa metacarpale (-0,57 mm vs -0,22 mm; differenza di cambiamento tra i gruppi, -0,35 mm; P =0,2716). L’ampiezza e il volume dell’erosione ossea sono cambiati rispettivamente di -0,20 mm (P =0,4953) e -4,41 mm3 (P =0,4379).

Nel periodo compreso dall’inizio dello studio a 12 mesi, è emerso che le variazioni dell’erosione ossea in profondità, larghezza e volume differivano tra i 2 gruppi rispettivamente di -0,35 mm (P =0,2251), -0,24 mm (P =0,4364) e -3,07 mm3 (P =0,5979).

L’aggiunta di denosumab alla terapia con DMARDcs ha inibito i biomarker ossei nei pazienti con AR, con miglioramenti significativi della microarchitettura ossea.

I ricercatori hanno notato che denosumab non ha soppresso in maniera efficace la metalloproteinasi-3 di matrice, un enzima che contribuisce alla distruzione della cartilagine: ciò potrebbe indicare che denosumab ha soppresso in modo selettivo i processi di distruzione ossea anziché quelle di distruzione della cartilagine nei pazienti con AR.

Passando alla safety, dallo studio è emersa la sostanziale sovrapposizione del numero di eventi avversi legati al trattamento (TEAE) nei due gruppi (52,2% nei pazienti in terapia di combinazione vs. 56,5% nei pazienti randomizzati a trattamento solo con DMARDcs).

Lo stesso dicasi per gli AE seri (4.3% vs 8.7%).

Limiti e implicazioni dello studio
Nel commentare I risultati, i ricercatori hanno ammesso tra i limiti dello studio il breve periodo di osservazione considerato, l’eterogeneità della popolazione in studio (alcuni dei pazienti reclutati erano già affetti da osteoporosi), la mancata valutazione sull’abitudine al fumo nonché la limitazione, nella valutazione dell’erosione ossea, alla seconda e terza testa metacarpale; ciò ha influito sulle dimensioni statistiche del campione di siti anatomici considerati.

Ciò detto “…per quanto l’aggiunta di denosumab al trattamento con DMARD non abbia portato ad un miglioramento statisticamente significativo delle erosioni ossee, l’osservazione di miglioramenti numerici suggerisce che l’aggiunta dell’inibitore di RANKL potrebbe inibire la progressione delle erosioni ossee – scrivono i ricercatori nelle conclusioni del lavoro -. Lo studio ha anche documentato l’esistenza di miglioramenti a carico della microarchitettura ossea, che suffraga ulteriormente l’impiego del denosumab come terapia add on alla terapia convenzionale ai fini del miglioramento della struttura tridimensionale ossea”.

Bibliografia
Iwamoto N et al. Inhibition of bone erosion, determined by high-resolution peripheral quantitative computed tomography (HR-pQCT), in rheumatoid arthritis patients receiving a conventional synthetic disease-modifying anti-rheumatic drug (csDMARD) plus denosumab vs csDMARD therapy alone: an open-label, randomized, parallel-group study. Arthritis Res Ther. 2022;24(1):264. doi:10.1186/s13075-022-02957-w
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