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Protesi all’anca: aiuto inaspettato da denosumab

bisfosfonati

Denosumab può ridurre il ricorso alla chirurgia di revisione nei pazienti con osteolisi sintomatica successiva ad intervento di artroplastica totale dell’anca

Una singola iniezione di denosumab, farmaco notoriamente utilizzato per il trattamento dell’osteoporosi, potrebbe ridurre la necessità di ricorrere alla chirurgia di revisione nei pazienti con osteolisi sintomatica successiva ad intervento di artroplastica totale dell’anca. E’ quanto sembrano suggerire i risultati di uno studio pilota di recente pubblicazione sulla rivista Lancet Rheumatology.

Razionale e obiettivi dello studio
L’osteolisi origina da una risposta infiammatorie del sistema immunitario innato ai materiali della protesi e si caratterizza per lo sviluppo di una membrana granulomatosa a livello dell’interfaccia protesi-osso.
Il rilascio di citochine pro-infiammatorie dalla membrana porta ad attivazione osteoclastica, riassorbimento osseo e allentamento asettico (mobilizzazione) della protesi, con sviluppo conseguente di dolore e disabilità e necessità del ricorso alla chirurgia di revisione.

“Il solo trattamento riconosciuto per l’osteolisi legata alle protesi dopo intervento di artroplastica – ricordano i ricercatori nell’introduzione allo studio – è rappresentato dalla chirurgia di revisione, associata a morbi- mortalità più elevata rispetto all’intervento di sostituzione articolare primario”.

Non solo: in ragione dell’incremento del rischio di infezioni e di altre complicanze, la chirurgia di revisione è molto più costosa dell’operazione primaria.

Fino ad oggi, la ricerca di trattamenti alternativi alla chirurgia di revisione si era focalizzata sui bisfosfonati.con risultati positivi provenienti da studi osservazionali non corroborati, tuttavia, da dati provenienti da trial clinici.

“Osservazioni condotte su modelli sperimentali animali di osteolisi – ricordano i ricercatori – hanno mostrato che la soppressione dell’attività degli osteoclasti attraverso la modulazione della trasduzione di segnali cellulari mediante il recettore RANK inibisce il riassorbimento osseo ed è più efficace di BSF nel ridurre il numero degli osteoclasti e le dimensioni della lesione osteolitica”.

Su questi presupposti, pertanto, la loro attenzione si è focalizzata su denosumab, anticorpo monoclonale con elevata affinità per RANK ligando (RANKL), in grado di legare e neutralizzare l’attività di quest’ultimo.
Denosumab è approvato per il trattamento dell’osteoporosi post-menopausale. Nell’artrite reumatoide, una condizione caratterizzata da un incremento di espressione di RANKL e da erosione ossea, l’anticorpo si è dimostrato in grado di ridurre le erosioni ossee laddove non erano riusciti i BSF.

Inoltre, uno studio head-to-head di denosumab vs. un BSF ha dimostrato che il gruppo trattato l’anticorpo monoclonale sperimentava una riduzione delle dimensioni delle aree sottoposte ad erosione ossea rispetto al gruppo di confronto.

Nello studio pilota appena pubblicato, l’obiettivo dei ricercatori è stato quello di valutare l’efficacia e la sicurezza a breve termine di una singola dose di denosumab (60 mg) sull’attività di lesione osteolitica in pazienti con osteolisi sintomatica dopo artroplastica d’amca, confermata radiograficamente, in attesa di essere sottoposti a chirurgia di revisione.

DIsegno dello studio e risultati principali
Lo studio, di fase 2, monocentrico, randomizzato e controllati, ha incluso 22 pazienti precedentemente sottoposti ad intervento di artroplastica dell’anca e in procinto di essere sottoposti a chirurgia di revisione a causa di osteolisi sintomatica.

Questi sono stati randomizzati a trattamento singolo sottocute con denosumab 60 mg o a placebo in concomitanza con la loro seconda visita medica in ospedale.

L’outcome primario dello studio era rappresentato dalla differenza tra gruppi dopo 8 settimane dal trattamento relativamente al numero di osteoclasti per mm di membrana osteolitica a livello del’interfaccia membrana-osso.

I risultati a 8 settimane hanno mostrato la presenza di un numero di osteoclasti ridotto dell’83% a livello dell’interfaccia membrana-osso nel gruppo denosumab rispetto al gruppo placebo, con un valore mediano pari a 0,05 per mm nel primo gruppo vs. 0,30 per mm nel secondo gruppo (p=0,011).

Anche gli outcome istologici secondari sono andati incontro a miglioramento nel gruppo denosumab rispetto al gruppo placebo.

I pazienti trattati con denosumab hanno mostrato anche un crollo dei livelli di marker sierici e urinari di riassorbimento osseo dopo somministrazione del farmaco, che ha raggiunto un nadir a 4 settimane, per mantenersi fino alla chirurgia di revisione a 8 settimane.

Per contro, non sono state documentate variazioni di questi marker nel gruppo placebo.

Quanto alla safety, i tassi di eventi avversi sono risultati sovrapponibili tra i gruppi in studio.

Implicazioni dello studio
Nel commentare i risultati del loro lavoro, i ricercatori hanno sottolineato come “…dalla biopsie ossee e dai referti di imaging dell’osso emerga chiaramente come l’iniezione di denosumab sia in grado di fermare i processi di osteolisi che accompagnano gli interventi di sostituzione articolare e che necessitano di chirurgia di revisione protesica”.

Trattandosi di studio pilota e condotto su casistica limitata di pazienti, è naturale che i risultati ottenuti debbano ora essere verificati con nuovi trial clinici meglio dimensionati, che includano il dolore e il ricorso a chirurgia di revisione come endpoint specifici, finalizzati a sondare l’impiego futuro di questo anticorpo monoclonale in questo contesto.

BIbliografia
Mahatma MM et al. Effect of denosumab on osteolytic lesion activity after total hip arthroplasty: a single-centre, randomised, double-blind, placebo-controlled, proof of concept trial. Lancet Rheumatology 2011. Leggi

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