Tumore alla vescica: nuovi biomarcatori per l’immunoterapia


In pazienti con tumore della vescica dei nuovi biomarcatori potrebbero essere utili a prevedere quale sarà la loro risposta all’immunoterapia

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In pazienti affetti da tumore della vescica o altri tipi di neoplasie alcuni nuovi biomarcatori potrebbero essere utili a prevedere quale sarà la loro risposta all’immunoterapia.

I risultati di una ricerca condotta da scienziati del Cedars-Sinai Cancer di Los Angeles e pubblicati di recente sul Journal of the National Cancer Institute potrebbero un giorno contribuire ad indirizzare i medici nella scelta del trattamento più efficace contro il cancro.

I ricercatori avrebbero infatti identificato alcune firme genetiche per individuare i pazienti affetti da tumori della vescica o altri tipi di cancro che hanno più probabilità di beneficiare dei farmaci immunoterapici.

«Il nostro lavoro suggerisce che queste firme genetiche possono rivelarsi estremamente preziose per prevedere la risposta all’immunoterapia nei pazienti con tumore della vescica, ma anche con altri tipi di cancro», ha dichiarato Dan Theodorescu, del Cedars-Sinai Cancer, della PHASE ONE Foundation Distinguished Chair e uno degli autori dello studio. «Continueremo a studiare questi biomarcatori con l’obiettivo di utilizzarli in ambito clinico e migliorare le risposte dei pazienti».

La rivoluzione dell’immunoterapia
La terapia con farmaci anti-PD-1/PD-L1 ha dimostrato di essere un trattamento efficace in molti tipi di tumore e negli ultimi 5 anni sempre più pazienti hanno potuto beneficiare di questa nuova opzione terapeutica. Questi farmaci agiscono disinserendo il “freno” alla risposta immunitaria attivato dal tumore e permettono ai linfociti diretti contro il tumore di proliferare e attaccare le cellule tumorali.

Secondo Keith Syson Chan, che al Cedars-Sinai, Cancer Institute si occupa di medicina translazionale ed è co-autore dello studio, «[L’immunoterapia] si è dimostrata molto efficace contro il melanoma e ha rivoluzionato il trattamento del tumore polmonare». Il ricercatore ha poi continuato: «Il tumore della vescica è considerato uno dei tipi di tumore più responsivi, ma mostra ancora un tasso di risposta duraturo di appena il 25%, per cui necessita di interventi migliorativi».

La risposta immunitaria alle cellule maligne
Dal punto di vista della risposta immunitaria del paziente, i tumori non sono tutti uguali. In genere, un tumore provoca la reazione immunitaria dell’ospite, consentendo alle cellule immunitarie di infiltrarsi nel nucleo della massa tumorale. In questo caso, il tumore è definito ‘caldo’ e presenta nel suo interno un maggior numero di cellule immunitarie che contribuiscono all’eliminazione delle cellule maligne.

Si dice invece che il tumore è ‘freddo quando impedisce ai linfociti di penetrare la massa tumorale ed è quindi poco sensibile all’attività del sistema immunitario.

I geni DDR2 e DDR1
In uno studio precedente, Theodorescu ha individuato nel gene tirosin chinasico chiamato DDR2 (discoidin domain receptor tyrosine kinase 2), un meccanismo che contribuisce alla resistenza agli anti-PD-1 in diversi tipi di tumore di modelli animali. Grazie alla collaborazione tra biologi e ricercatori di bioinformatica, questo nuovo studio ha indagato il ruolo della famiglia dei geni DDR utilizzando i dati disponibili per diversi tipi di tumori umani.

Sungyong You, biologo computazionale, esperto in oncologia urologica e primo autore dello studio, ha analizzato i dati di un database pubblico (The Cancer Genome Atlas), che contiene informazioni su centinaia di campioni tumorali, per esaminare come l’espressione di DDR2 e del gene correlato appartenente alla stessa famiglia, DDR1 fossero legate alla risposta immunitaria del paziente al tumore, utilizzando come modello il cancro alla vescica.

Lo sperimentatore ha anche esaminato la correlazione tra i geni regolati da DDR2 e DDR1 (cioè le firme geniche) e ha esaminato, in seguito, i dati derivati dallo studio clinico IMvigor 210 nel quale è stata valutata la risposta all’immunoterapia nel tumore della vescica, per vedere se queste risposte fossero correlate all’espressione di DDR2 e DDR1 o alle relative firme geniche.

I ricercatori sono giunti a due risultati fondamentali. In primo luogo, i geni DDR1 e DDR2, pur appartenenti alla stessa famiglia, hanno mostrato modelli di espressione genica che si escludono a vicenda nei tumori umani. Infatti, i tumori con un’elevata espressione di DDR1 tendono a presentare una bassa espressione di DDR2 e viceversa. Inoltre, i tumori con un’alta espressione di DDR1 risultano essere di tipo ‘freddo’, mentre quelli con un’alta espressione di DDR2 risultano essere di tipo ‘caldo’.

Nella ricerca, inoltre, sono state anche identificate quattro firme geniche uniche, modulate dai geni DDR1 e DDR2, che sono risultate strettamente associate alla risposta del tumore all’immunoterapia. Inoltre, gli sperimentatori hanno verificato queste firme genetiche in numerosi altri set di dati pubblici e relativi a diversi tipi di neoplasie.

«Abbiamo scoperto che queste firme geniche erano chiaramente associate alla risposta all’immunoterapia nei tumori della vescica e del polmone in diversi gruppi di pazienti», ha dichiarato You e ha concluso: «Abbiamo anche esaminato le firme nelle banche dati pubbliche contenenti dati su melanoma, glioblastoma e tumori ematologici, ottenendo risultati analoghi».

I prossimi passi
«Il prossimo passo sarà quello di convalidare queste firme in uno studio clinico prospettico», ha commentato Theodorescu. «I risultati potrebbero fornire nuovi strumenti per consentire ai medici di determinare se certi pazienti risponderanno alla terapia anti-PD-1/PD-L1 prima di iniziare il trattamento. Potranno quindi procedere con la terapia anti-PD-1/PD-L1 in quei pazienti che ne possono trarre il massimo beneficio e offrire terapie alternative ai pazienti che non rispondono, migliorando i risultati per tutti».

Bibliografia
Y. Sungyong, et al. Discoidin domain receptor-driven gene signatures as markers of patient response to anti–PD-L1 immune checkpoint therapy. Journal of the National Cancer Institute, 114(10);1380-1391. Link