Prostatectomia: cosa fare per incontinenza e disfunzione erettile


Ogni anno a 36mila uomini italiani viene diagnosticato un tumore alla prostata: dopo la prostatectomia cosa fare per incontinenza e disfunzione erettile

La torsione del testicolo è associata a un dolore particolarmente intenso localizzato a livello del testicolo interessato e al basso ventre, spesso associato a nausea e vomito

Ogni anno, a 36mila uomini italiani viene diagnosticato un tumore alla prostata, il più frequente negli over‘50 – Le stime indicano anche che il 50% dei pazienti che abbiano subito un intervento chirurgico radicale (prostatectomia) per l’asportazione del tumore  (circa 20mila ogni anno in Italia ) possa sviluppare problemi di disfunzione erettile, patologia che nel 30-35% dei casi è resistente alle terapie farmacologiche, e di incontinenza urinaria. Queste patologie hanno impatti devastanti in termini personali e sociali e segnano l’inizio di un difficile percorso che riguarda non solo gli aspetti clinici e terapeutici ma quelli burocratici, della tutela, dei diritti. Contrariamente alle donne che su questo fronte hanno fatto passi importanti e, dopo una mastectomia, trovano ascolto, tutele, prospettive.

Di “Diversità di Genere” e di Diritti, guardando all’oggi e, soprattutto, al futuro, si è parlato in un incontro a Milano presso l’Institute for Advancing Science di Boston Scientific. All’incontro, promosso da DBI e coordinato dal giornalista Federico Mereta, hanno portato la loro testimonianza medici, direttori sanitari, istituzioni, giornalisti, Associazioni di pazienti, esponenti politici.

Sul fronte clinico la buona notizia è che, grazie a diagnosi precoci e soluzioni terapeutiche un tempo non disponibili, il 90% dei pazienti guarisce o riesce a convivere con questo tumore anche per decenni. Molte terapie risultano infatti idonee anche per i pazienti (7.000 in più ogni anno) che presentano una neoplasia metastatica. Ma la guarigione può comportare un “prezzo”, per esempio con l’insorgenza di effetti collaterali quali disfunzione erettile e incontinenza. E’ un prezzo che urologi e andrologi puntano a “contenere” con terapie appropriate, riabilitazione e dispositivi medici innovativi quali le protesi peniene o gli sfinteri urinari. Ma il ricorso ai dispositivi protesici, anche se riconosciuti come efficaci e risolutivi, è oggi frenato dalla  normativa sanitaria che non garantisce a tutti i pazienti medesimo accesso alle cure e pari diritti. Basti pensare che nessuna Regione prevede, al momento, modalità di rimborso e che le protesi non rientrano nei LEA, Livelli Essenziali di Assistenza. Diverse, paradossalmente, le norme per i farmaci impiegati dopo gli interventi di chirurgia pelvica demolitiva (es prostatectomia radicale) . Per i farmaci esiste infatti la “Nota 75” che prevede il rimborso delle terapie farmacologiche per i pazienti sottoposti a chirurgia pelvica, rendendo doppiamente incomprensibile la chiusura nei confronti delle protesi e delineando, da subito, le difficoltà del percorso che gli uomini, già colpiti dalla patologia, devono intraprendere.

Raffrontando questi aspetti con la gestione delle patologie oncologiche femminili, emerge con grande evidenza la Diversità di Genere, come hanno testimoniato due pazienti – un uomo e una donna – entrambi protagonisti di una storia  “dopo” il tumore.

Incoraggiante, e suffragata dalla testimonianza del medico Dottor Leonardo Cattelani Responsabile Unità di Chirurgia Senologica Azienda Ospedaliera Universitaria di Parma, l’esperienza della paziente donna che ha affrontato il dopo – mastectomia trovando supporto e soluzioni nelle Breast Units ( la guarigione di questi tumori femminili è, oggi, superiore al 90%)  mentre è stata più complessa la situazione del paziente maschile che ha risolto il problema dell’ incontinenza solo dopo un lungo percorso che lo ha portato a confrontarsi con diverse urologie. Una storia “emblematica”, confermata dal punto di vista clinico dai medici Dottor Maurizio Carrino Direttore UOSD Andrologia AORN A. Cardarelli di Napoli e Dottor Alberto Tagliabue Direttore f.f. UOC Urologia Ospedale G. Fornaroli di Magenta (Mi).

La domanda è, quindi, che cosa succede all’uomo dopo la chirurgia, come hanno ricordato gli urologi Dottor Ivano Morra Direttore UOC Urologia Ospedale Santa Croce di Cuneo ed il Prof Emilio Sacco della Fondazione Policlinico Universitario Gemelli IRCCS Università cattolica del Sacro Cuore (Rm): dopo una prostatectomia radicale per l’asportazione del tumore maligno alla prostata l’uomo può andare incontro, principalmente, a due problematiche funzionali: la prima e più frequente è la disfunzione erettile perché la rimozione del tumore può comportare il danneggiamento delle strutture deputate all’erezione. La seconda, meno frequente ma ugualmente devastante nella vita quotidiana, è l’incontinenza urinaria. In entrambi i casi i pazienti dovrebbero, senza difficoltà e dovunque nel territorio, accedere ai Percorsi Diagnostici Terapeutici Assistenziali (PDTA) , prima di tutto riabilitativi e, poi, farmacologici e chirurgici, per recuperare  autonomia e qualità di vita. Restano invece, come testimoniato dagli esperti, disparità enormi fra le varie regioni italiane.

Va ricordato che la disfunzione erettile è definita l’incapacità, ricorrente o costante, di  raggiungere e/o mantenere un’erezione adeguata a un soddisfacente rapporto sessuale (National Institute of Health [NIH] Consensus Document). La patologia viene fronteggiata nella fase iniziale soprattutto con terapie farmacologiche. In alcuni casi, però, la risposta ai trattamenti orali o iniettivi, con prostaglandine iniettate direttamente nel tessuto del pene, può essere inadeguata o, addirittura, assente. In questi casi, l’impianto di una Protesi Peniena risulta risolutivo per ripristinare la piena funzionalità dell’organo coinvolto e, quindi, l’erezione. Tecnicamente, l’intervento prevede l’inserimento di piccole protesi, semirigide o idrauliche,  che consentono una erezione non difforme da quella naturale, con la medesima sensibilità e capacità di eiaculazione e immutata funzione urinaria. Tutti i componenti della protesi sono impiantati sottocute e non sono visibili dall’esterno, un elemento fondamentale per l’accettazione e la rassicurazione dei pazienti.

Per quanto concerne, invece, gli Sfinteri Urinari Artificiali (SUA) sono destinati ai pazienti che a seguito dell’intervento demolitivo di prostatectomia sviluppano incontinenza urinaria che nel 5-10% dei casi può persistere anche a distanza di tempo. La protesi riproduce integralmente gli organi naturali e viene occultata all’interno del corpo, permettendo di ripristinare appieno le funzioni vitali. Lo conferma lo studio “Artificial Urinary Sphincters as a Treatment for Post-Prostatectomy Severe Urinary Incontinence in Italy: a Cost-Utility Analysis”. Secondo lo studio, a seguito dell’impianto il paziente riduce drasticamente il quotidiano impiego di pannoloni (a tutt’oggi la soluzione più diffusa) che passano da una decina a 0/1 al giorno, con risparmi per il SSN e un significativo miglioramento della qualità di vita. Emergono però, anche in questo caso, le aree di criticità, basti pensare che il Servizio Sanitario Nazionale copre solo il 24% dei pazienti potenzialmente idonei a questi impianti terapeutici.

Stimolati dal giornalista Federico Mereta, moderatore e coordinatore del convegno, sono seguiti alcuni interventi che hanno evidenziato il ruolo insostituibile delle Associazioni di Pazienti. E’ stato ricordato da queste ultime (Fincopp, Europa Uomo) che “l’accesso agli impianti  protesici nell’ambito del Servizio Sanitario Nazionale non è agevole per tutti i pazienti – La  protesi peniena è una prestazione prevista dalla Sanità pubblica, ma il sistema dei DRG (le procedure di classificazione e finanziamento dell’attività ospedaliera) prevede rimborsi che risultano ampiamente inadeguati. Contrariamente a quanto consolidato sul fronte femminile che contempla  da tempo la rimborsabilità delle protesi mammarie a seguito di una mastectomia, le protesi peniene dopo una chirurgia radicale pelvica non sono ancora inserite nei LEA (Livelli Essenziali di Assistenza). Da qui, pochissimi Centri specializzati e la scarsa diffusione di queste soluzioni, nonostante ne siano ampiamente riconosciute l’efficacia terapeutica e il carattere di intervento non estetico ma risolutivo per tutelare la salute psicofisica di migliaia di uomini, di ogni età”.

La Presidente e fondatrice di Fondazione ONDA, Dottoressa Francesca Merzagora, ha ricordato la certificazione che la Fondazione ha messo a punto per i Centri Ospedalieri, nella fattispecie il “bollino rosa” che promuove le best practice in ginecologia e il recentissimo “bollino azzurro”, certificazione al maschile che punta a sensibilizzare gli urologi e ad aprire una breccia sul fronte del recupero funzionale per gli uomini che si trovino ad affrontare il dopo-tumore alla prostata.

Dal convegno è emerso il crescente coinvolgimento istituzionale delle Società Scientifiche (intervenute AURO [rappresentata dal Dottor Maurizio Carrino Direttore UOSD Andrologia AORN A. Cardarelli di Napoli ], ESSM [rappresentata dal Professor Bettocchi Direttore USD di Andrologia e Chirurgia Ricostruttiva dei genitali Esterni Policlinico Riuniti di Foggia], SIA [rappresentata dal Prof. Carlo Ceruti AOU Citta della Salute], SIU [rappresentata dal Prof. Giuseppe Carrieri Direttore UOC Urologia Policlinico Riuniti di Foggia], SIUD[rappresentata dal Dottor Alessandro Giammò Responsabile Struttura di Neuro-Urologia presso CTO-Unità Spinale AOU Città della Salute e della Scienza di Torino]) e del Mondo accademico (rappresentato dal Professor Ettore Mearini Presidente del Collegio dei Professori Universitari di Prima Fascia di Urologia) che hanno il compito importantissimo di formare i professionisti del settore e di promuovere un nuovo approccio culturale. La comunicazione, elemento portante dell’attività formativa, favorisce anche la segnalazione di innovazioni terapeutiche significative, per esempio legate al recupero funzionale. Pur rimarcando le differenze rispetto ad altri paesi europei (l’Italia investe nella salute pubblica il 6%, laddove la Germania il 9% ) l’auspicio, ampiamente condiviso, è che un numero sempre più ampio di professionisti venga informato e sensibilizzato su queste tematiche che hanno una dimensione umana e sociale così rilevante.

Significativo, in un contesto così complesso e caratterizzato da asperità e criticità, l’intervento di un Manager della Sanità – la dottoressa Chiara Radice – Direttore Medico del Presidio Ospedaliero G. Fornaroli di Magenta (Mi) –  ha ricordato i vincoli imposti sia dai costi sia dalla sostanziale mancanza, a tutt’oggi, di specifiche linee – guida che regolino la materia. Al Direttore Sanitario, quindi, la responsabilità manageriale di trovare il punto di equilibrio, valutando se e in quale misura aderire alle richieste dei medici, mettendo a disposizione strumenti e soluzioni funzionali efficaci che molti clinici ritengono best practice significative, da destinare ai pazienti prostatectomizzati.

Sul tema dell’accesso alla chirurgia funzionale e, quindi, agli impianti di protesi, sono intervenuti i clinici Dottor Marco Bitelli del Servizio di Andrologia Chirurgica e Funzionale dell’Ospedale di Frascati (Rm), Il Prof. Roberto Carone, Il dottor Emilio Emili Direttore UOC Urologia AUSL di Imola e la Dottoressa Marcella Marletta, già Direttore Generale del Ministero della Salute e Presidente AISTOM. E’ emerso dai loro interventi come l’accesso ai delicati percorsi di riabilitazione, farmacologici, chirurgici, sia spesso lasciato all’iniziativa dei singoli reparti ospedalieri o, addirittura, dei singoli medici. Varie le motivazioni: prima di tutto la convinzione, di fatto errata, che l’aspetto più importante per i pazienti sia esclusivamente la rimozione del tumore e che l’aspettativa di vita debba concentrarsi su questo; dall’altro, le valutazioni sui costi dei trattamenti di recupero funzionale, ritenuti eccessivamente elevati, e sulle modalità di rimborso, tuttora inadeguate. Si aggiunga, come più volte ricordato nel corso del convegno , che queste procedure non rientrano nei LEA, un aspetto che non favorisce gli “orientamenti” in questa direzione.

Determinato a superare le criticità e a riprogrammare un Sistema Sanitario moderno e rispondente alle esigenze concrete dei cittadini, l’intervento dell’Onorevole Marco Lacarra del Partito Democratico. L’esponente politico ha ricordato come anche in precedenza siano state sviluppate iniziative per attirare l’attenzione del mondo politico sul tema, attraverso una “Risoluzione Parlamentare” di consenso trasversale, cui si auspica il nuovo Governo voglia dare seguito e concretezza.

Il convegno, che ha dato ampio spazio alle criticità del Sistema Sanitario, ha però accolto con favore le testimonianze su realtà “virtuose”, esistenti e consolidate, nelle quali la sinergia medico-Direttore Sanitario – Direzione Generale agevola il percorso che i pazienti prostatectomizzati devono intraprendere dopo la chirurgia. I modelli virtuosi, segno che “non è impossibile”, sono stati illustrati da autorevoli esponenti di strutture ospedaliere di Torino, Parma e Foggia. Su questo tema hanno infatti portato le loro testimonianze gli urologi e andrologi Dottor Antonio Barbieri dirigente medico di I° livello Azienda Ospedaliera Universitaria di Parma, Professor Carlo Bettochi Direttore USD di Andrologia e Chirurgia Ricostruttiva dei genitali Esterni Policlinico Riuniti di Foggia, Dottor Alessandro Giammò Responsabile Struttura di Neuro-Urologia presso CTO-Unità Spinale AOU Città della Salute e della Scienza di Torino, Professor Francesco Porpiglia dell’ Università di Torino Dipartimento di Oncologia Ospedale San luigi di Orbassano. In proposito è stata ricordata la creazione di una efficiente rete di Centri specialistici di primo, secondo e terzo livello nei quali operano team multidisciplinari che possono affrontare con efficienza tutti gli aspetti della patologia e dei percorsi di recupero. Il paziente, hanno testimoniato i clinici, deve essere adeguatamente informato prima dell’intervento e accompagnato nella fase successiva, fondamentale non solo dal punto di vista terapeutico ma anche psicologico e del “reinserimento”. Nell’ambito delle attività sviluppate presso questi Centri è stata ricordata, per esempio, la creazione di innovative piattaforme che consentono di mantenere costante il dialogo con i pazienti, garantendo l’aderenza alle terapie, assicurando il massimo supporto lungo l’intero percorso terapeutico e agevolando il flusso di informazioni fra i clinici.

Analizzati i tanti problemi che caratterizzano il settore sanitario e, nello specifico, la gestione del tumore alla prostata (36.000 nuove diagnosi ogni anno e ben 7.000 decessi), il convegno ha consentito anche un ampio approfondimento sulle tematiche economiche. Dimostrando, ancora una volta, che l’eccellenza fa risparmiare.  Lo ha evidenziato il Professore di Economia Sanitaria e Microeconomia Francesco Saverio  Mennini dell’Università di Roma “Tor Vergata” che ha illustrato un approfondito studio condotto sull’HTA per verificare la sostenibilità economica di una protesi quale lo sfintere urinario artificiale. In questo caso, il raffronto fra il costo del sistema e i costi, diretti e indiretti, legati all’incontinenza urinaria maschile (pannoloni, farmaci, giornate lavorative perse, isolamento sociale, ecc.) porta addirittura a un bilancio positivo a favore dell’impianto, soprattutto se effettuato con modalità strutturate e codificate in uguale misura sull’intero territorio. Una valutazione economica “lungimirante” non dovrebbe infatti analizzare il solo costo della terapia o della soluzione protesica ma, anche, quanto costerebbe non adottarli.

Mereta ha stimolato i relatori e accolto le domande del pubblico, ha infine “guidato“ i partecipanti verso il futuro evidenziando  le priorità, le prospettive, gli auspici, le promesse. Fra queste, l’impegno di autorevoli clinici, ufficialmente anticipato dal Professor Carlo Bettocchi, all’elaborazione di un Position Paper che consentirà di mettere “nero su bianco” tutti gli aspetti legati a questo problema così da richiedere, istituzionalmente, l’adozione di soluzioni di recupero funzionale per migliaia di uomini sottoposti a prostatectomia, e percorsi terapeutici dedicati, accessibili e risolutivi, da sviluppare nell’ambito delle strutture urologiche.
Per il futuro è auspicata la creazione sul territorio di Centri con vari livelli di specializzazione cui possano riferirsi tutte le strutture ospedaliere e che possa garantire a tutti i pazienti pari accesso a terapie ed assistenza.

Il convegno di Milano ha dato voce a tanti temi, riconducibili ad alcune “macroaree“: quella culturale e dei Diritti di Genere che ha accelerato i percorsi al femminile, conquistando traguardi e diritti che oggi non si mettono in discussione; quella burocratica, dove si alternano luci e ombre e che vede in primo piano le inadeguatezze regionali, i tagli alla sanità, il diritto alla cura spesso lasciato alla sensibilità individuale; la tipologia della patologia, con quello che comporta in termini di impatto personale e sociale, ma che per molti uomini e, probabilmente, molti medici rappresenta ancora un argomento tabù, a volte sottovalutato, spesso rimandato. L’auspicio, forte e chiaro, è che l’accesso dei pazienti maschili ai Percorsi Diagnostici Terapeutici Assistenziali (PDTA) riabilitativi, farmacologici, chirurgici, accesso quasi sempre ignorato o disatteso, sia recepito come una esigenza concreta e non rinviabile per una società moderna che deve superare le differenze di Genere mettendo al primo posto la tutela dei cittadini, in omaggio al principio che  “ la salute è un bene di tutti “.