Sempre più eventi estremi in Italia: le vittime sono centinaia


Sempre più eventi estremi in Italia: in 13 anni quasi 300 morti. Legambiente ricorda che il Piano di adattamento è fermo dal 2018, il governo Meloni lo approvi

alluvione marche

Accelerano gli eventi climatici estremi in Italia, nei primi dieci mesi del 2022 toccando quota 254 fanno segnare addirittura un +27% rispetto all’anno precedente. Preoccupa il bilancio degli ultimi 13 anni: dal 2010 al 31 ottobre 2022 registrati 1.503 fenomeni estremi, 780 i comuni colpiti e 279 le vittime. Questa la fotografia scattata dal nuovo report ‘Il clima è già cambiato‘ dell’Osservatorio CittàClima 2022 realizzato da Legambiente, con il contributo del Gruppo Unipol.

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Nei primi dieci mesi del 2022, “seppur con dati parziali- spiega Legambiente- sono stati registrati nella Penisola 254 fenomeni meteorologici estremi, +27% di quelli dello scorso anno (intero anno)”.
Tra le regioni più colpite: Sicilia (175 eventi estremi), Lombardia (166), Lazio (136), Puglia (112), Emilia-Romagna (111), Toscana (107) e Veneto (101). Entrando nello specifico, su 1.503 fenomeni estremi verificatisi negli ultimi 13 anni, dal 2010 al 31 ottobre 2022, ben 529 sono stati casi di allagamenti da piogge intense come evento principale, e che diventano 768 se si considerano gli effetti collaterali di altri eventi estremi, quali grandinate ed esondazioni; 531 i casi di stop alle infrastrutture con 89 giorni di blocco di metropolitane e treni urbani, 387 eventi con danni causati da trombe d’aria.

“Nella lotta alla crisi climatica- dice Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente- da troppi anni l’Italia sta dimostrando di essere in ritardo. Continua a rincorrere le emergenze senza una strategia chiara di prevenzione, che permetterebbe di risparmiare il 75% delle risorse economiche spese per i danni provocati da eventi estremi, alluvioni, piogge e frane, e non approva il Piano nazionale di adattamento al clima, dal 2018 fermo in un cassetto del Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica”.
È quindi “fondamentale approvare entro fine anno il Piano, ma anche definire un programma strutturale di finanziamento per le aree urbane più a rischio- spiega Ciafani- rafforzare il ruolo delle autorità di distretto e dei comuni contro il rischio idrogeologico e la siccità, approvare la legge sul consumo di suolo, e cambiare le regole edilizie per salvare le persone dagli impatti climatici e promuovere campagne di informazione di convivenza con il rischio per evitare comportamenti che mettono a repentaglio la vita delle persone”.

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Il Rapporto CittàClima “evidenzia un peggioramento nell’esposizione ai rischi climatici- aggiunge Marisa Parmigiani, head of Sustainability del Gruppo Unipol- ci. Come denunciamo da tempo il nostro paese è fortemente esposto in primis al rischio idrogeologico, ma ultimamente vediamo crescere, anche nei nostri sinistri, i fenomeni della grandine e delle trombe d’aria. Dobbiamo operare congiuntamente, secondo un approccio di partnership pubblico/privato, per adottare e sviluppare un adeguato Piano di Adattamento, perché non è più sufficiente intervenire sulla mitigazione in un contesto in cui il clima è già cambiato”. Legambiente chiede al governo quindi che “venga aggiornato e approvato entro la fine dell’anno il Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici (PNACC), rimasto in bozza dal 2018, quando era presidente del Consiglio Paolo Gentiloni e ministro Gian Luca Galletti”. Ad oggi “sono saliti a 24 i Paesi europei che hanno adottato un piano nazionale o settoriale di adattamento al clima”, segnala l’associazione presentando il nuovo report ‘Il clima è già cambiato’ dell’Osservatorio CittàClima 2022.

In Ue “grande assente” è “l’Italia, che per altro in questi ultimi 9 anni- stando ai dati disponibili da maggio 2013 a maggio 2022 e rielaborati da Legambiente- ha speso 13,3 miliardi di euro in fondi assegnati per le emergenze meteoclimatiche (tra gli importi segnalati dalle regioni per lo stato di emergenza e la ricognizione dei fabbisogni determinata dal commissario delegato)”.

Si tratta di “una media- sottolinea l’associazione- di 1,48 miliardi/anno per la gestione delle emergenze, in un rapporto di quasi 1 a 4 tra spese per la prevenzione e quelle per riparare i danni”.