Scompenso cardiaco: sacubitril/valsartan efficace anche a basse dosi


I pazienti con insufficienza cardiaca che non sono in grado di raggiungere la dose target della terapia con sacubitril/valsartan, hanno comunque ottenuto miglioramenti

I pazienti con insufficienza cardiaca che non sono in grado di raggiungere la dose target della terapia con sacubitril/valsartan, hanno comunque ottenuto miglioramenti

I pazienti con insufficienza cardiaca (HF) che non sono in grado di raggiungere la dose target della terapia con sacubitril/valsartan, antagonista del recettore dell’angiotensina e inibitore della neprilisina (ARNI) hanno comunque ottenuto miglioramenti di stato di salute un anno dopo, secondo un’analisi post hoc dello studio PROVE-HF, pubblicata sul “Journal of American College of Cardiology”.

Le persone che assumevano sacubitril/valsartan per HF con ridotta frazione di eiezione ridotta (HFrEF) hanno avuto miglioramenti comparabili in tutti i terzili di dosaggio: dose bassa (dose media giornaliera: 112 mg), dose moderata (342 mg) o dose elevata (379 mg). Nell’arco di 12 mesi, tutte e tre le dosi sono state associate a cambiamenti consistenti in termini di:

  • biomarcatori prognostici (per esempio: NT-proBNP, troponina T cardiaca ad alta sensibilità);
  • punteggi al Kansas City Cardiomyopathy Questionnaire;
  • rimodellamento cardiaco inverso (per esempio: frazione di eiezione ventricolare sinistra [LVEF], volumi atriali e ventricolari sinistri indicizzati).

«Sebbene nell’HFrEF si debba sempre tentare di raggiungere le dosi target della terapia medica diretta dalle linee guida (GDMT), questi risultati suggeriscono che – per coloro che non sono in grado di raggiungere dosi massime sacubitril/valsartan – ci si possono aspettare benefici meccanicistici e un miglioramento dello stato di salute anche utilizzando dosi più basse (per esempio, 24/26 mg due volte al giorno)» scrivono i ricercatori coordinati da James Januzzi, Jr., del Massachusetts General Hospital e della Harvard Medical School di Boston.

Un quadro fedele degli utilizzatori del farmaco nella ‘real life’
I ricercatori del PROVE-HF hanno scoperto che l’incidenza di effetti collaterali come ipotensione (27,6%) e vertigini (22,4%) era generalmente più alta nel gruppo a basso dosaggio, il che potrebbe spiegare perché questi pazienti non avevano titolazioni più alte. Ci sono stati due casi di angioedema, entrambi verificatisi in questo gruppo.

In effetti, gli utenti di sacubitril/valsartan nel mondo reale spesso non raggiungono la dose di 97/103 mg due volte al giorno che si è rivelata superiore a enalapril 10 mg due volte al giorno in PARADIGM-HF. Solo i partecipanti che erano in grado di tollerare dosi target di questi farmaci sono stati arruolati in tale studio randomizzato.

In pratica, anche barriere finanziarie hanno impedito a molti candidati ARNI di accedere a sacubitril/valsartan. Quando viene utilizzato, la dose più comune è di 24/26 mg due volte al giorno, che era la dose iniziale per quasi tutti i pazienti nell’analisi PROVE-HF, riferiscono Januzzi e colleghi.

Le persone che necessitavano di dosi più basse di sacubitril/valsartan nel PROVE-HF tendevano a essere individui più anziani con una prevalenza generalmente più elevata di condizioni mediche e maggiore frequenza di intolleranze. Al contrario, i pazienti che potevano tollerare dosi più elevate avevano maggiori probabilità di essere uomini non caucasici che avevano una pressione arteriosa più alta e una migliore funzionalità renale al basale. Poiché oltre il 70% dei partecipanti allo studio erano caucasici, tuttavia, l’analisi per etnia era limitata.

Le evidenze dell’analisi post hoc dello studio PROVE-HF
PROVE-HF è stato uno studio di fase IV, a braccio singolo, condotto in 78 siti statunitensi. La presente analisi post hoc ha incluso 794 pazienti con HFrEF che hanno interrotto qualsiasi trattamento con ACE-inibitore o bloccante del recettore dell’angiotensina II (ARB). Tutti hanno iniziato sacubitril/valsartan e sono tornati per visite di studio e titolazione del farmaco approssimativamente ogni 2 settimane fino al giorno 60.

I partecipanti al terzile con dose più alta sono stati generalmente in grado di raggiungere rapidamente l’obiettivo ARNI, entro 45 giorni, mantenendo la dose di 97/103 mg due volte al giorno durante il periodo di studio. Il team di Januzzi riconosce comunque che il cambiamento con altre GDMT non è stato valutato.

Un editoriale getta luci e ombre sulle difficoltà nella pratica clinica quotidiana 
In un editoriale di accompagnamento, Mary Norine Walsh, dell’Ascension St. Vincent Heart Center di Indianapolis, definisce questi risultati «molto incoraggianti» e affermato che «inviano un messaggio molto forte e rassicurante per i pazienti – e i loro medici – che non sono in grado di tollerare la dose massima di sacubitril/valsartan».
Tuttavia, sottolinea che lo studio non spiega se la sopravvivenza è favorita da dosi inferiori al massimo della terapia ARNI.

«Anche in questo studio non randomizzato e arruolato nella comunità, le donne erano sottorappresentate» aggiunge Walsh. «Resta da vedere se i benefici dimostrati si estendono a popolazioni più eterogenee e includono una migliore sopravvivenza».

«I ‘venti contrari’ che affrontiamo nel fornire ai nostri pazienti GDMT salvavita e che migliorano la qualità della vita sono molteplici» osserva infine. «Dai messaggi ricevuti da pazienti asintomatici preoccupati per la bassa pressione arteriosa presa più volte al giorno, ai casi di pazienti di medici di medicina generale che riportano – in assistiti co-gestiti – letture della pressione arteriosa ambulatoriale che ritengono essere ‘troppo basse’ e messaggi vocali di familiari che segnalano preoccupazioni per il fatto che i pazienti assumano così tanti ‘farmaci per il cuore’».

Bibliografia:
Mohebi R, Liu Y, Piña IL, et al. Dose-Response to Sacubitril/Valsartan in Patients With Heart Failure and Reduced Ejection Fraction. J Am Coll Cardiol. 2022;80:1529-41. doi: 10.1016/j.jacc.2022.08.737. Link

Walsh MN. Guideline-Directed Medical Therapy: Even a Little Is Better Than None. J Am Coll Cardiol;80:1542-4. doi: 10.1016/j.jacc.2022.08.739. Link