Tumore alla prostata: i pazienti preferiscono la sorveglianza attiva


Secondo uno studio la maggior parte dei pazienti a basso rischio di cancro alla prostata ha optato per la sorveglianza attiva anziché ricorrere all’intervento chirurgico

Per i pazienti con tumori urologici, affetti da COVID-19 e sottoposti a chirurgia elettiva, è più alta la probabilità di complicazioni respiratorie e mortalità

Secondo i dati presentati al congresso dell’American Urological Association (AUA), per la prima volta la maggior parte dei pazienti a basso rischio di cancro alla prostata (poco meno del 60%) ha optato per la sorveglianza attiva anziché ricorrere all’intervento chirurgico.

Un risultato importante, ha sostenuto Matthew Cooperberg, uno dei principali sostenitori della sorveglianza attiva dell’Università della California di San Francisco, mostrando i dati del registro AQUA, anche se un significativo 40% dei candidati statunitensi continua a optare per la radioterapia o la chirurgia.

La sorveglianza attiva viene spesso utilizzata per monitorare da vicino il cancro. Di solito prevede una visita medica con un esame del sangue dell’antigene prostatico specifico (PSA) circa ogni 6 mesi e un esame rettale digitale almeno una volta all’anno. Ogni 1-3 anni possono essere eseguiti anche le biopsie della prostata e i test di imaging. Se i risultati del test cambiano, vengono prese in considerazioni le possibili opzioni di trattamento.

Perché porsi un obiettivo conservativo?
Il comitato dell’AUA aveva chiesto una maggiore adozione di questa pratica, con un obiettivo dell’80% entro un vago lasso di tempo, ma secondo Kevin Ginsburg, un oncologo urologico della Wayne State University di Detroit, questo target non era sufficiente e ha chiesto una migrazione più aggressiva verso la sorveglianza attiva.

Ginsburg è uno dei leader di MUSIC (Michigan Urological Surgery Improvement Collaborative), un’innovativa collaborazione per il miglioramento della qualità guidata da medici fondata nel 2012, che comprende un consorzio di 46 studi di urologia nello stato del Michigan.

Intervenuto al congresso ha affermato che «in MUSIC siamo stati in grado di andare oltre il 90% nel 2021, quindi perché puntare all’80%? Per quanto mi riguarda l’unico motivo per trattare in anticipo qualcuno con un cancro alla prostata di grado 1 (GG1) è la possibilità che sviluppi metastasi o muoia per il tumore se la sorveglianza attiva rischia di ritardare il trattamento della malattia. Non credo che il 20% degli uomini con GG1 rientri in quella categoria».

Ginsburg ha affermato che uno dei primi obiettivi di MUSIC è stato quello di rafforzare la sorveglianza attiva in tutto il Michigan, comprese le pratiche accademiche, le grandi pratiche private e quelle piccole, con il risultato che quasi tutti gli studi contribuiscono a condividere i dati al fine di migliorare l’assistenza ai pazienti e ridurre i costi.

Secondo l’American Cancer Society, a più di 268mila maschi statunitensi verrà diagnosticato un cancro alla prostata nel 2022, il 35% dei quali (circa 94mila) avrà punteggi nella scala di Gleason che indicano un rischio basso o molto basso. Tra questi circa il 60% (56.400) opterà per la sorveglianza attiva. Secondo Cooperberg e Ginsburg questa soluzione non raggiungerà mai il 100% di adesioni, a causa dell’ansia e di altri fattori, ma MUSIC dimostra che è possibile raggiungere un tasso di accettazione molto più elevato.

Una collaborazione attiva su più fronti in urologia
«MUSIC sta indicando la strada con un modello che dovrebbe essere adottato in tutti gli Stati Uniti. È una coalizione di medici volenterosi e gli urologi partecipano perché vogliono fornire la migliore assistenza possibile ai loro pazienti» ha continuato Ginsburg.

Il comitato si riunisce tre volte all’anno per discutere su come migliorare la qualità delle cure per il cancro alla prostata, per il cancro del rene e per i calcoli renali. «Abbiamo esaminato come migliorare dell’1% il tasso di sepsi nelle biopsie che portano al ricovero e la collaborazione ci ha portato allo “swish”, una tecnica disinfettante per le biopsie» ha aggiunto. «Ci siamo chiesti come rendere più sicure le biopsie e abbiamo identificato una percentuale inferiore di infezioni negli urologi che fanno scorrere l’ago della biopsia direttamente nella formalina per decontaminarlo, anziché semplicemente strofinarlo su una garza che sarebbe stata utilizzata per trasferire il tessuto nel contenitore inviato al patologo».

Dopo l’aggiustamento per i fattori confondenti, nello studio effettuato da MUSIC i risultati non erano statisticamente significativi, «ma ritengo che ridurre i ricoveri infettivi dello 0,3% o dello 0,5% con una semplice manovra è comunque clinicamente significativo» ha commentato.

Cosa si può migliorare?
Secondo Ginsburg, MUSIC e altri ricercatori devono valutare la componente psicologica legata alla sorveglianza attiva, come l’ansia e la depressione influiscono sul processo decisionale, cosa si può fare per migliorare il tasso di adesione e come mantenere più pazienti in sorveglianza più a lungo. MUSIC ha bisogno di generare dati su razza ed etnia, specialmente all’interno della popolazione nera, che è pesantemente colpita dal cancro alla prostata ma che troppo spesso non aderisce alla sorveglianza attiva.

Il modello MUSIC potrebbe diffondersi negli Stati Uniti per cercare di migliorare la qualità della vita nei pazienti con tumori a basso rischio e prevenire i danni di un trattamento eccessivo del cancro alla prostata e persino per passare a biopsie transperineali più sicure. «Attualmente stiamo studiando in modo molto selettivo come espandere il modello MUSIC al di fuori del Michigan» ha concluso.