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Cardiopatia reumatica: con i VKA esiti migliori rispetto a rivaroxaban

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Cardiopatia reumatica con fibrillazione atriale: gli antagonisti della vitamina K (VKA) hanno ridotto gli eventi cardiovascolari e la mortalità più di rivaroxaban

All’ESC22, sono stati presentati i risultati di INVICTUS, il più grande studio condotto in pazienti con cardiopatia reumatica, dal quale è emerso che nei soggetti con fibrillazione atriale (AF) gli antagonisti della vitamina K (VKA) hanno ridotto gli eventi cardiovascolari (CV) e la mortalità, senza aumentare il sanguinamento maggiore,  in modo superiore rispetto a rivaroxaban, anticoagulante ad azione diretta sul fattore Xa. Lo studio è stato pubblicato contemporaneamente sul “NEJM”.

«La cardiopatia reumatica è una condizione cronica derivante da danni alle valvole cardiache causati dalla febbre reumatica, una reazione infiammatoria autoimmune all’infezione da batteri streptococcici» ha ricordato il ricercatore principale, Ganesan Karthikeyan dell’All India Institute of Medical Sciences (AIIMS) di Nuova Delhi.

Si stima che più di 40 milioni di persone in tutto il mondo soffra di malattia cardiaca reumatica. Cinque pazienti con malattia sintomatica valvolare hanno AF e un rischio concomitante di ictus ed embolia sistemica che va dallo 0,4% al 4,2% all’anno.

Tra farmacologia clinica ed economia politica
«Le linee guida raccomandano i VKA per la prevenzione dell’ictus nei pazienti con cardiopatia reumatica e AF, ma fino ad ora non c’erano studi randomizzati controllati» ha sottolineato Karthikeyan. «La cardiopatia reumatica si verifica in gran parte nei paesi a basso e medio reddito in cui il mantenimento dell’INR necessario per l’uso efficace dei VKA è scarso».

«Gli anticoagulanti orali diretti (DOAC) non richiedono monitoraggio» ha proseguito il ricercatore «e abbiamo ipotizzato che, comprovata la loro sicurezza ed efficacia, avrebbero soddisfatto un grave bisogno insoddisfatto in questi pazienti. In effetti, nei paesi più poveri il monitoraggio regolare dell’INR è in realtà molto scomodo» ha sottolineato. «In molte parti del mondo, come in Africa, le persone devono percorrere lunghe distanze per effettuarlo».

Essendo una questione di convenienza i ricercatori avevano pensato che gli agenti più recenti sarebbero stati di grande valore. Invece, «siamo rimasti totalmente sorpresi dai risultati. Non ce li aspettavamo affatto».

Coinvolti 138 centri di 24 paesi in Africa, Asia e Sud America
INVICTUS è uno studio randomizzato, in aperto, di non inferiorità (coordinato dal Population Health Research Institute di Hamilton, in Canada), che ha confrontato rivaroxaban a VKA in pazienti ricoverati con cardiopatia reumatica documentata ecocardiograficamente, AF e un elevato rischio di ictus (stenosi mitralica con area della valvola </=2 cm2, ecocontrasto spontaneo o trombo nell’atrio sinistro, o punteggio CHA2DS2 VASC =/>2).

«Nello studio 4.565 pazienti provenienti da 138 centri di 24 paesi in Africa, Asia e Sud America sono stati assegnato in modo casuale a rivaroxaban 20 mg una volta al giorno o a una dose aggiustata di VKA» ha riferito Karthikeyan.

«L’esito primario di efficacia era un composito di ictus, embolia sistemica, infarto miocardico (IM) o morte per cause vascolari o non note. L’esito primario di sicurezza era il sanguinamento maggiore secondo i criteri dell’International Society on Thrombosis and Haemostasis (ISTH)» ha dichiarato.

Rischio di mortalità inferiore con gli antagonisti della vit. K
In totale, 4.531 pazienti sono stati inclusi nell’analisi finale. A un follow-up mediano di 3,1 anni, 559 pazienti trattati con rivaroxaban su 2.275 (8,26% all’anno) hanno avuto un evento dell’esito di efficacia primaria rispetto a 442 su 2.258 trattati con VKA (6,46% all’anno), con un hazard ratio (HR) di 1,25, principalmente guidato dalla differenza in termini di mortalità.

Il tempo medio di sopravvivenza ristretto a una specifica finestra temporale (RMST) per l’esito primario è stato di 1.576 giorni nel gruppo rivaroxaban e di 1.652 giorni nel gruppo VKA (differenza RMST -75 giorni; intervallo di confidenza al 95% [CI] da -117 a -34; p<0,001).

«Anche il rischio di mortalità era significativamente più basso tra i pazienti trattati con VKA» ha sottolineato Karthikeyan. L’RMST per la morte è stato di 1.587 giorni nel braccio rivaroxaban e di 1.660 giorni nel braccio VKA (differenza RMST -73 giorni, IC 95% da -114 a -32).  Non vi è stata alcuna differenza significativa tra i gruppi per l’esito primario di sicurezza (sanguinamento maggiore) che si è verificato in 40 pazienti su 2.266 (0,67% all’anno) nel gruppo rivaroxaban e in 56 su 2.253 pazienti (0,83% all’anno) nel gruppo VKA.

Miglioramento del monitoraggio dell’INR durante lo studio
La terapia con VKA è stata utilizzata nel 52,8% dei pazienti prima dell’inizio di INVICTUS. Di questi, l’INR registrato prima di iniziare lo studio era nell’intervallo terapeutico in appena il 33,2% dei pazienti. Dopo l’arruolamento, l’INR registrato nei pazienti del gruppo VKA durante le visite di studio è stato del 56,1% a 6 mesi, del 59,0% a 1 anno, del 65,3% a 2 anni, del 65,1% a 3 anni e del 64,1% a 4 anni.

Karthikeyan ha detto che questi risultati sono rincuoranti in quanto mostrano che un buon controllo dell’INR può essere raggiunto in pazienti con AF associata a malattie cardiache reumatiche. Mantenere i pazienti nel range terapeutico è una sfida, ha aggiunto, e può essere inizialmente difficile, ma se i pazienti sono aderenti è un obiettivo che può essere raggiunto.

Dati inspiegabili ma robusti
I ricercatori hanno affermato di non essere in grado di spiegare perché rivaroxaban non sia riuscito a fornire lo stesso tipo di effetto di trattamento osservato nella AF non valvolare.

Karthikeyan ha osservato che mentre la mortalità era più alta con rivaroxaban, questo rischio in eccesso non era attribuibile a differenze nel sanguinamento maggiore o fatale. Anche il rischio di ictus ischemico era più alto con rivaroxaban, ma tale rischio in eccesso non era sufficiente a spiegare il più alto tasso di mortalità.

«Possiamo solo speculare su quale sia la differenza di mortalità» ha detto Karthikeyan. «Basti dire che è un risultato molto interessante e porterà a studi futuri che potrebbero portare a semplici terapie già disponibili per migliorare i risultati in questi pazienti».

«INVICTUS è il primo studio che ha valutato la terapia anticoagulante per la prevenzione dell’ictus in pazienti con cardiopatia reumatica e AF. I risultati indicano che i VKA a dose aggiustata dovrebbero rimanere lo standard di cura per questa popolazione di pazienti» ha concluso.

Bibliografia:
Connolly SJ, Karthikeyan G, Ntsekhe M, et al. Rivaroxaban in Rheumatic Heart Disease-Associated Atrial Fibrillation. N Engl J Med. 2022 Aug 28. doi: 10.1056/NEJMoa2209051. [Epub ahead of print] Link

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