Tumore dell’ovaio: 1 caso su 4 legato alla mutazione BRCA


Tumore dell’ovaio: “Il 25% dei casi è causato dalla mutazione BRCA. Il test genetico fondamentale per ridurre il rischio nei familiari”

Bruciore e prurito vaginale, specie se collegati ad altri sintomi come il dolore locale  potrebbero indicare la presenza di vaginiti o vulviti

Il 25% dei casi di tumore dell’ovaio è riconducibile alla mutazione dei geni BRCA1 e BRCA2. Mancano efficaci strumenti di screening in questa neoplasia e circa l’80% delle pazienti presenta la malattia già in fase avanzata al momento della diagnosi. “Conoscere lo stato mutazionale di questi due geni è molto importante ed il test BRCA dovrebbe essere effettuato su tutte le pazienti al momento della diagnosi. È questa la via da seguire per definire le migliori strategie terapeutiche e iniziare il percorso familiare che può permettere l’identificazione di persone sane con mutazione BRCA, nelle quali impostare programmi di sorveglianza intensiva, medici e chirurgici, per la riduzione del rischio di sviluppare il carcinoma ovarico. L’asportazione chirurgica preventiva deve quindi inserirsi in un articolato percorso di consulenza oncogenetica in centri specializzati”.

È il commento di Saverio Cinieri, Presidente AIOM (Associazione Italiana di Oncologia Medica), alla dichiarazione della modella Bianca Balti, che ha rivelato di volersi sottoporre alla rimozione di tube e ovaie dopo aver scoperto di essere portatrice della mutazione del gene BRCA1. “È stato stimato che le strategie di riduzione del rischio (mediche e chirurgiche), attuate nelle parenti sane positive al test genetico preventivo, sono in grado di portare ad una riduzione dell’incidenza del carcinoma ovarico del 40% in 10 anni – spiega Saverio Cinieri -. Delle 5200 nuove diagnosi ogni anno in Italia, 1300 sono determinate da alterazioni in questi due geni. BRCA1 e BRCA2 producono proteine in grado di bloccare la proliferazione incontrollata di cellule tumorali. Quando sono mutate, cioè difettose, il DNA non viene riparato correttamente e si determina un accumulo di alterazioni genetiche, che aumenta il rischio di cancro. Una mutazione di BRCA1 e BRCA2, ereditata dalla madre o dal padre, determina quindi una predisposizione a sviluppare il tumore più frequentemente rispetto alla popolazione generale.”. Le donne che ereditano la mutazione BRCA1 hanno una probabilità del 40% di sviluppare un tumore ovarico nel corso della vita. Le percentuali sono inferiori per il gene BRCA2, pari al 18%.

“L’informazione sull’eventuale presenza della mutazione BRCA va acquisita al momento della diagnosi, perché può contribuire alla definizione di un corretto percorso di cura che parta dalla prima linea di trattamento – continua il Presidente AIOM -. E, nei familiari che presentano la mutazione, devono essere avviati programmi di sorveglianza intensiva, che spaziano dai controlli semestrali fino all’asportazione chirurgica delle tube e delle ovaie”.

“Da un lato, nelle donne che desiderano avere figli – conclude il Presidente Cinieri –, sono raccomandati un controllo semestrale di un marcatore tumorale (CA-125) insieme all’ecografia ginecologica transvaginale. Dall’altro lato, l’asportazione chirurgica di tube ed ovaie (annessiectomia profilattica bilaterale) può prevenire la quasi totalità dei tumori ovarici su base genetico-ereditaria. La chirurgia profilattica è oggi consigliata nelle donne con mutazione genetica che hanno già avuto gravidanze o che siano in menopausa. Sono fondamentali la condivisione della scelta e il supporto psicologico, soprattutto nelle donne ancora in età fertile. Nell’assumere queste decisioni, va quindi considerata l’età della donna, il tipo di mutazione e la pianificazione di eventuali gravidanze. L’asportazione chirurgica di tube ed ovaie rende poi impossibile la gravidanza, a meno che non si sia provveduto in anticipo al congelamento di ovociti, opzione scelta da Bianca Balti”.