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Iponatriemia cronica: empagliflozin è un’opzione di cura

Pubblicato il Rapporto Nazionale 2021 "L'uso dei Farmaci in Italia", realizzato dall'Osmed, l'Osservatorio Nazionale sull'impiego dei Medicinali dell'AIFA

Per i pazienti ambulatoriali con iponatriemia cronica l’SGLT2 inibitore empagliflozin rappresenta una potenziale alternativa alla terapia convenzionale

Per i pazienti ambulatoriali con iponatriemia cronica causata dalla sindrome da inappropriata secrezione di ormone antidiuretico (SIAD), l’SGLT2 inibitore empagliflozin rappresenta una potenziale alternativa alla terapia convenzionale, suggeriscono nuovi dati presentati al congresso dell’Endocrine Society (ENDO) 2022.

Secondo i dati presentati da Sophie Monnerat del Dipartimento di Endocrinologia, Ospedale universitario di Basilea, Svizzera, empagliflozin ha aumentato i livelli sierici di sodio e migliorato la funzione neurocognitiva senza effetti avversi importanti in uno studio di 4 settimane su 14 pazienti ambulatoriali con iponatriemia cronica indotta dalla SIAD.

Gli SGLT2 inibitori agiscono promuovendo la diuresi osmotica attraverso l’escrezione urinaria di glucosio, con perdita di acqua libera, un effetto ritenuto interessante dai ricercatori per il trattamento dell’iponatriemia. Nel 2020 hanno pubblicato uno studio su 87 pazienti ospedalizzati con SIAD acuta trattati anche con restrizione di liquidi, nei quali empagliflozin aveva aumentato i livelli plasmatici di sodio.

Mark Molitch, professore di endocrinologia presso la Northwestern University Feinberg School of Medicine, Chicago, Illinois, ha definito eccitanti i nuovi dati sul farmaco e ha affermato che sono sufficienti per considerarne l’uso. «Empagliflozin è relativamente economico rispetto al tolvaptan (un antagonista del recettore della vasopressina) ed è probabile che tutti gli inibitori SGLT2 funzionino allo stesso modo» ha dichiarato. «Ovviamente è necessario uno studio a lungo termine e la valutazione di persone con iponatriemia più grave, ma i risultati visti fino a ora sono promettenti e abbiamo gli elementi per utilizzarli clinicamente».

Un’alternativa alle terapie insoddisfacenti?
L’iponatriemia, definita come un livello sierico di sodio al di sotto di 135 mmol/l, è il disturbo elettrolitico più comune sia in regime di ricovero che ambulatoriale. La SIAD è una delle sue cause principali, nella quale una secrezione eccessiva dell’ormone antidiuretico vasopressina causa la ritenzione di liquidi e il conseguente abbassamento del livello di sodio per diluizione.

«L’iponatriemia è un problema comune e clinicamente rilevante. Quando è acuta viene indiscutibilmente considerata un’emergenza, mentre l’iponatriemia cronica è spesso considerata asintomatica» ha affermato Monnerat. «Tuttavia ci sono sempre più evidenze che questi pazienti hanno problemi cognitivi come il deficit di attenzione, camminano in modo instabile e cadono facilmente, hanno un rischio maggiore di osteoporosi e fratture e persino di morte».

Gli attuali trattamenti per l’iponatriemia cronica mirano ad affrontare la causa alla base della condizione, se possibile, in aggiunta alla restrizione dei liquidi, ma l’aderenza a lungo termine alla terapia è spesso problematica. L’urea orale agisce aumentando la clearance dell’acqua libera attraverso la diuresi osmotica, ma ha un sapore amaro che non piace ai pazienti, ha osservato Monnerat. «Gli antagonisti del recettore della vasopressina (vaptan) sono molto efficaci ma anche molto costosi e comportano il rischio di una correzione troppo rapida, quindi nel complesso questi trattamenti sono insoddisfacenti e abbiamo bisogno di alternative» ha fatto presente.

Uno studio su pazienti ambulatoriali
Il nuovo studio, crossover, randomizzato, in doppio cieco e controllato con placebo, ha coinvolto 14 pazienti ambulatoriali con SIAD cronica per confrontare empagliflozin 25 mg/die con il placebo per 28 giorni, seguiti da un periodo di washout e crossover all’altro gruppo di trattamento.

I partecipanti, sette uomini e sette donne, avevano un’età media di 71,5 anni e un indice di massa corporea di 24,4 kg/m2. Le cause della SIAD erano disturbi del sistema nervoso centrale in due soggetti, dolore/stress cronico in uno, SIAD indotta da farmaci in quattro, malattie polmonari in tre e SIAD idiopatica in quattro. La durata media del disturbo era di 45,5 mesi.

I livelli sierici di sodio sono rimasti stabili con il placebo mentre sono aumentati da 130 a 134 mmol/l con empagliflozin, pari a un effetto del trattamento di 4,1 mmol/l (P=0,004). L’aumento si è verificato durante la prima settimana e i livelli plasmatici di sodio sono rimasti stabili nelle settimane successive, ha riferito Monnerat.

Per valutare lo stato cognitivo è stato utilizzato Il Montreal Cognitive Assessment, un test molto sensibile per il deterioramento cognitivo lieve. Al basale i pazienti avevano un punteggio patologico di 22,7 punti rispetto a un valore normale di almeno 26 punti. Alla fine del trattamento, il gruppo trattato con empagliflozin è migliorato di 1,16 punti rispetto al placebo (P=0,042), soprattutto nel parametro di funzione esecutiva.

Non sono tuttavia state osservate differenze nella qualità della vita, nel test dell’andatura o nella forza muscolare, forse perché questi parametri potrebbero richiedere più tempo per risolversi dopo il ripristino dei normali livelli di sodio, ha commentato Molitch, sottolineando l’importanza della valutazione della terapia nel lungo termine.

Non si sono verificati eventi avversi gravi e nessuna differenza tra i gruppi di trattamento in termini di sete, vertigini, mal di testa o nausea. Non ci sono stati episodi di ipoglicemia, ipotensione, danno renale acuto o infezione urogenitale.

Il team di Basilea sta attualmente conducendo uno studio multicentrico più ampio chiamato EMPOWER (Empagliflozin in Patients With Euvolemic and Hypervolemic Hyponatremia), i cui risultati sono attesi per l’inizio del 2023.

Bibliografia

ENDO 2022. Presented June 14, 2022.

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