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Insufficienza cardiaca: empagliflozin meglio del placebo

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Studio EMPULSE: più benefici clinici per i pazienti con insufficienza cardiaca acuta che hanno iniziato in modo sicuro una terapia con empagliflozin

Osservando questa specifica finestra temporale, lo studio su 500 pazienti offre un “anello mancante” tra gli altri studi con inibitori del cotrasportatore sodio-glucosio 2 (SGLT2), ha affermato Adriaan A. Voors, dell’University Medical Center di Groningen (Paesi Bassi), che ha presentato i risultati.

Tali studi includono EMPEROR-Reduced, EMPEROR-Preserved e DAPA-HF – tutti condotti su pazienti arruolati con o senza diabete e che hanno valutato l’avvio della terapia del farmaco nell’HF cronica – così come SOLOIST-WHF, In cui pazienti diabetici con HF acuta hanno iniziato sotagliflozin durante il ricovero iniziale o entro 3 giorni dalla dimissione.

I benefici di empagliflozin in questo contesto acuto molto precoce, ha detto Voors, includevano una migliore sopravvivenza, meno ricoveri e maggiori miglioramenti della qualità della vita (QoL), che costituivano l’endpoint composito primario in questo studio. «I pazienti hanno sperimentato miglioramenti indipendentemente dal tipo di HF o dal fatto che avessero il diabete o meno» ha continuato Voors. «E, soprattutto, in questi pazienti, non c’erano problemi di sicurezza con l’uso di empagliflozin».

I benefici degli inibitori SGLT2 per i pazienti con HF cronica sono stati ben stabiliti in studi randomizzati più ampi, ma molti specialisti di HF, in particolare i principali sperimentatori clinici, hanno sostenuto l’avvio degli inibitori SGLT2 in ospedale non appena i pazienti fossero stabilizzati. Tuttavia tra i medici, più in generale, «c’è una piccola riluttanza nell’iniziare un farmaco per l’HF cronica in un contesto di HF più acuta» ha spiegato Voors.

Il tal senso, lo studio EMPULSE è «confermativo» per una serie di motivi. «Supporta l’avvio del farmaco in ospedale, non solo perché è utile, ma anche perché è sicuro» ha detto Voor. «Non abbiamo visto alcun effetto di chetoacidosi, né ipotensione, mentre abbiamo rilevato un leggero calo della funzione renale, che scompare dopo 15 giorni».

Inoltre, i comprovati benefici del farmaco nell’ambito dell’HF cronica sembrano maturare presto, giustificando un pronto avvio della somministrazione, ha continuato. «Ritengo che EMPULSE offra rassicurazione ai medici sul fatto che non solo è sicuro iniziare presto il trattamento con empagliflozin in ospedale, ma che è anche utile un avvio precoce della terapia durante il ricovero, non essendo stati osservati eventi avversi ed essendo la maggior parte di questi ultimi più frequenti nel gruppo placebo».

Le premesse della sperimentazione clinica
Empagliflozin, come è noto, è un farmaco originariamente sviluppato e usato per trattare le persone con diabete di tipo 2 ed è recentemente diventato una terapia consolidata nei pazienti con HF cronica.

L’“Efficacy and Safety of Empagliflozin in Hospitalized Heart Failure Patients: Main Results from the EMPULSE Trial” è stato impostato per determinare se questo inibitore SGLT2, potesse aiutare gli adulti ricoverati in ospedale per HF acuta una volta che la loro condizione si fosse stabilizzata.

L’HF è classificato come “acuta” quando i pazienti sperimentano l’accumulo di liquidi nei polmoni (congestione polmonare), richiedendo un trattamento urgente e il ricovero in ospedale. Una volta dismessi, questi pazienti sono a maggior rischio di morte, riospedalizzazione e minore qualità della vita.

Analisi basata sul “rapporto di vittoria” tra farmaco attivo e placebo
I ricercatori del trial EMPULSE hanno randomizzato 530 pazienti in proporzione 1:1 a 10 mg di empagliflozin o placebo non appena stabilizzati in ospedale (mediana 3 giorni); quindi li hanno seguiti per 90 giorni considerando l’endpoint composito primario, costituito da: tempo al decesso, frequenza degli eventi di HF, tempo al primo evento di HF e variazione del punteggio QoL rispetto al basale.

L’analisi primaria, ha osservato Voors, è stata valutata come un “rapporto di vittoria” (win ratio) stratificato, consentendo a empagliflozin o placebo di essere un chiaro vincitore o di pareggiare.

Poco meno della metà dei pazienti nello studio aveva il diabete, più di tre quarti avevano ipertensione e due terzi avevano una cardiopatia valvolare. Circa due terzi dei pazienti avevano valori di frazione d’eiezione ventricolare sinistra (LVEF) inferiori o uguali al 40%, con il 29% di quelli randomizzati a empagliflozin e il 35% di quelli randomizzati al placebo con un LVEF > 40%. In entrambi i bracci dello studio, un terzo dei pazienti è stato ricoverato in ospedale con HF acuta de novo.

In termini di sicurezza, i tassi di eventi avversi gravi e di qualsiasi evento avverso erano entrambi più alti nel braccio placebo. L’insufficienza renale acuta, in particolare, si è verificata nel 7,7% dei pazienti nel braccio inibitore SGLT2 rispetto al 12,1% dei pazienti trattati con placebo. Non sono stati segnalati casi di chetoacidosi.

Per l’endpoint composito primario, i pazienti trattati con empagliflozin avevano il 36% in più di probabilità di manifestare un beneficio clinico nei primi 90 giorni (rapporto di vittoria stratificato 1,36; IC 95% 1,09-1,68). Numericamente, i tassi di morte (4,2% vs 8,3%) e gli eventi di HF (10,6% vs 14,7%) erano più bassi nel braccio con inibitore SGLT2.

Il miglioramento della qualità della vita è stato il fattore chiave della differenza nell’endpoint primario: la differenza media aggiustata per placebo a 90 giorni è stata di 4,5 punti a favore di empagliflozin.

Possibili implicazioni importanti per la pratica clinica
«Questi dati sono del tutto in linea con quelli raccolto finora su empagliflozin» ha dichiarato Shelley Zieroth, dell’Università del Manitoba a Winnipeg (Canada), co-investigatrice e responsabile canadese per EMPULSE.

Il farmaco, ha aggiunto «ha già dimostrato efficacia in un continuum di frazione di eiezione nella popolazione ambulatoriale stabile, e ora in quelli ammessi con HF acuta» ha precisato.

«Questi risultati avranno un impatto sulla pratica clinica dei medici di tutto il mondo, e questo perché l’HF acuta è la prima causa di ospedalizzazione in individui di età superiore ai 65 anni in molte regioni del mondo. Inoltre, empagliflozin è un farmaco ampiamente disponibile, quindi EMPULSE ha enormi implicazioni in termini di utilizzo» ha affermato.

Zieroth ha inoltre sottolineato un aspetto unico di EMPULSE, ovvero il fatto che un terzo dei pazienti randomizzati avesse HF acuto di nuova insorgenza, un gruppo poco studiato nei principali altri studi principali condotti finora.

«Ciò aggiunge un nuovo profilo di paziente nel cui possiamo iniziare empagliflozin in ospedale, che è la popolazione di pazienti con HF acuta de novo: ce n’erano alcuni nello studio SOLOIST, ma ce ne sono sensibilmente di più in EMPULSE» specifica.

Carlos Santos-Gallego, della Icahn School of Medicine at Mount Sinai di New York, ha osservato che EMPULSE da solo non sarà sufficiente per modificare le indicazioni approvate dalla Food and Drug Administration degli Stati Uniti per l’uso del farmaco, che in genere richiedono endpoint clinici. Ma molti medici, ha detto, sono già convinti che iniziare gli inibitori SGLT2 il prima possibile sia la strada da percorrere.

Ciò è dovuto in gran parte all’osservazione che l’avvio di un inibitore SGLT2 in ospedale, che ha dimostrato di essere sicuro in EMPULSE, porta a un più precoce accumulo di benefici, migliorando anche la compliance, ha specificato.

«Se è possibile prescrivere gliflozine durante il ricovero in ospedale, il paziente continua praticamente sempre a usare gli stessi farmaci alla dimissione e continuerà su questa impostazione in futuro, e questo è qualcosa molto importante» ha sottolineato Santos-Gallego che ha aggiunto come, a differenza di altri farmaci diretti dalle linee guida, gli inibitori SGLT2 sono ben tollerati e non richiedono titolazione, ovvero aggiustamenti della dose.

I messaggi chiave dello studio

Fonte:
Voors AA. Empagliflozin in patients hospitalized for acute heart failure: the EMPULSE trial. AHA 2021.

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