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Mieloma multiplo: isatuximab e carfilzomib-desametasone più efficaci

Mieloma multiplo, anito-cel

Mieloma multiplo recidivato: con l’aggiunta di isatuximab a carfilzomib-desametasone sopravvivenza per 3 anni senza progressione di malattia

In pazienti con mieloma multiplo recidivato, l’aggiunta dell’anticorpo monoclonale anti-CD38 isatuximab (Isa) a un backbone standard, la doppietta formata dall’inibitore del proteasoma carfilzomib più desametasone (Kd) porta quasi a raddoppiare la sopravvivenza libera da progressione (PFS) rispetto al trattamento con la sola doppietta. Lo evidenziano i risultati di follow-up a lungo termine dello studio di fase 3 IKEMA, presentati di recente a durante una Virtual Plenary della European Society for Medical Oncology (ESMO).

Il guadagno di PFS ottenuto con la tripletta a base di isatuximab (Isa-Kd) è risultato di oltre 16 mesi e la PFS mediana osservata nel braccio sperimentale è di circa 3 anni, un risultato senza precedenti in questo setting. Inoltre, i dati relativi alla sopravvivenza libera da un seconda progressione (PFS2) mostrano una mediana che si avvicina a 4 anni, indice del fatto che la durata dell’effetto del trattamento con isatuximab si mantiene nel tempo.

E ancora, nel gruppo trattato con Isa-Kd un maggior numero di pazienti ha ottenuto una risposta completa e una risposta completa associata a uno stato di negatività della malattia minima residua (MRD) rispetto al gruppo trattato con la sola doppietta.

La PFS ottenuta con l’aggiunta di isatuximab a Kd «è la più lunga finora osservata utilizzando come backbone un inibitore del proteasoma nei pazienti con mieloma recidivante», ha affermato l’autore che ha presentato lo studio, Philippe Moreau, dell’ospedale universitario Hôtel-Dieu di Nantes, in Francia. «Questo vantaggio di PFS si è osservato in tutti i sottogruppi di pazienti e nel gruppo trattato con la tripletta si è osservato un tasso di MRD-negatività impressionante. Anche la PFS2 è risultata a favore della combinazione con isatuximab… e stiamo aspettando un follow-up più lungo per trarre conclusioni sulla sopravvivenza globale».

Nel complesso, ha aggiunto Moreau, «i dati di PFS e di MRD-negatività consolidano il ruolo della tripletta Isa-Kd come standard di cura per il mieloma multiplo recidivato».

Scenario sempre più complesso
«I risultati aggiornati dello studio IKEMA aggiungono un nuovo tassello a un panorama di trattamento che negli ultimi anni è diventato sempre più complicato per la disponibilità di molteplici opzioni per diversi scenari nel setting della malattia recidivata», ha affermato Francesca Gay, dell’Università di Torino, invitata dall’ESMO a commentare i nuovi risultati del trial.

Le opzioni includono varie combinazioni di immunomodulatori di seconda generazione (lenalidomide e pomalidomide), inibitori del proteasoma (bortezomib e carfilzomib) e anticorpi monoclonali anti-CD38 (daratumumab e isatuximab), ha ricordato l’esperta, e i pazienti possono essere stati trattati con molte linee di terapia e aver sviluppato una refrattarietà alla lenalidomide.

Tripletta Isa-Kd già approvata
Isatuximab è un anticorpo monoclonale IgG1 che riconosce un epitopo specifico del CD38, una glicoproteina transmembrana, e agisce attraverso molteplici meccanismi distinti: citotossicità cellulare anticorpo-dipendente (ADCC), citotossicità dipendente dal complemento (CDC) e fagocitosi cellulare anticorpo-dipendente (ADCP), apoptosi, modulazione del microambiente immunitario e inibizione dell’attività ectoenzimatica del CD38. Questa glicoproteina espressa uniformemente sulle cellule mielomatose, infatti, funziona sia come recettore sia come ectoenzima.

Grazie ai risultati dello studio IKEMA, isatuximab è già approvato in vari Paesi in combinazione con la doppietta Kd per il trattamento di pazienti con mieloma multiplo recidivato/refrattario già trattati con almeno una linea di trattamento.

Nella Virtual Plenary Session dell’ESMO, Moreau ha presentato risultati nuovi e aggiornati dello studio, con una mediana di follow-up che ha raggiunto i 44 mesi.

Lo studio IKEMA
Lo studio IKEMA (NCT03275285) è un trial multicentrico internazionale, randomizzato, in aperto, che ha coinvolto oltre 300 pazienti con mieloma multiplo già trattati in precedenza con da una a tre linee di terapia. I partecipanti sono stati randomizzati secondo un rapporto 3:2 e assegnati al trattamento con la tripletta Isa-Kd (braccio sperimentale) oppure la sola doppietta Kd (braccio di controllo), continuando il trattamento fino alla progressione della malattia o allo sviluppo di una tossicità inaccettabile.

Inoltre, i pazienti non dovevano essere stati trattati in precedenza con carfilzomib, né aver sviluppato refrattarietà a un anti-CD38.
L’endpoint primario del trial era la PFS, mentre fra gli endpoint secondari chiave figuravano il tasso di riposta obiettiva (ORR), il tasso di risposta parziale molto buona o migliore, il tasso di risposta completa, il tasso di MRD-negatività e la sopravvivenza globale (OS).

Beneficio di isatuximab già evidente nella prima analisi ad interim
La prima analisi ad interim pianificata, eseguita dopo un follow-up mediano di 20,7 mesi, aveva già evidenziato il beneficio significativo dell’aggiunta di isatuximab a Kd in relazione all’endpoint primario , con una mediana di PFS che non era ancora stata raggiunta nel braccio sperimentale, mentre era di 19,15 mesi nel braccio di controllo (HR 0,53; IC al 99% 0,32-0,89, P=0,0007).

Inoltre, nella popolazione Intention-To-treat (ITT) il trattamento con la tripletta contenente isatuximab si era associato a un miglioramento significativo dei tassi di risposta parziale molto buona o migliore (72,6% contro 56,1%), di risposta completa (39,7% contro 27,6%) e di MRD-negatività (29,6% contro 13%).

Il profilo di sicurezza e tollerabilità di Isa-Kd, alla prima analisi, era risultato gestibile.

PFS di circa 3 anni con isatuximab aggiunto a Kd, beneficio in tutti  i sottogruppi
Con ulteriori 2 anni di follow-up, ha riferito Moreau, il vantaggio di PFS associato alla combinazione con isatuximab si è mantenuto rispetto all’analisi precedente: la mediana di PFS è risultata, infatti, di 35,7 mesi nel braccio sperimentale, a fronte di 19,2 mesi nel braccio di controllo, con una riduzione del 42% del rischio di progressione o morte nei pazienti trattati con la tripletta (HR 0,58; IC al 95,4% 0,42-0,79).

Inoltre, il beneficio della tripletta con isatuximab rispetto alla doppietta standard si è riscontrato in tutti i sottogruppi e in particolare è risultato indipendente dall’età (< 65 anni vs ≥ 65 anni), dalla funzionalità renale (eGFR < 60 ml/min/1,73 m2 vs ≥ 60 ml/min/1,73 m2) dalla refrattarietà o meno alla lenalidomide e dalla presenza o assenza dell’amplificazione del cromosoma 1q21.

«Ogni sottogruppo ha beneficiato dell’aggiunta di isatuximab alla doppietta carfilzomib e desametasone», ha osservato Buda. Inoltre, ha sottolineato il Professore, «Nello studio IKEMA, nel braccio sperimentale vi era un 33% di pazienti refrattari a lenalidomide. Questi pazienti sono particolarmente ostici da trattare e anche in questo sottogruppo nel braccio trattato con isatuximab si sono ottenuti risultati migliori».

Risposte approfondite nel tempo con isatuximab
I risultati aggiornati hanno confermato il beneficio di isatuximab anche sui tassi di risposta ed evidenziato un approfondimento delle risposte nel tempo. Infatti, l’ORR è risultato dell’86,6% nel braccio trattato con Isa-Kd contro 83,7% nel braccio trattato solo con Kd.

Inoltre, il vantaggio della tripletta con isatuximab è rimasto invariato per quanto riguarda il tasso di risposta parziale molto buona o migliore (72,6% contro 56,1%), ma è ulteriormente aumentato se si osservano il tasso di risposta completa (44,1% contro 28,5%), quello di MRD-negatività (33,5% contro 15,4%) e quello di risposta completa con MRD negativa (26,3% contro 12,2%), gli ultimi due risultati più che raddoppiati.

«I tassi impressionanti di risposta completa e di risposta completa associata a MRD-negatività (osservati nel braccio trattato con isatuximab, ndr) sono i più alti finora riportati per un regime con un backbone basato su un inibitore del proteasoma nel setting del mieloma multiplo recidivato», ha sottolineato Moraeu.

«Con l’avvento di nuovi farmaci, il dato dell’MRD deve essere preso in considerazione al momento della scelta terapeutica. Sebbene il principale driver di scelta sia il dato di PFS, è chiaro che ottenere una MRD negativa rappresenta un ulteriore obiettivo a cui puntare per raggiungere una risposta il più profonda possibile nei nostri pazienti», ha aggiunto Buda.

Effetto anche sul trattamento successivo
Il trattamento con isatuximab, ha poi riferito l’autore, ha avuto un effetto che si è riverberato anche sulla necessità di effettuare una successiva terapia, ritardandola. L’aggiunta dell’anti-CD38 al backbone Kd, infatti, ha prolungato in modo significativo la mediana del tempo di ricorso a un trattamento successivo: 44,9 mesi contro 25,0 mesi (HR 0,55; IC al 95% 0,40-0,76)

Inoltre, la mediana della PFS2 è risultata quasi un anno più lunga nel braccio trattato con la tripletta Isa-Kd: 47,2 mesi contro 35,6 mesi (HR 0,68; IC al 95% 0,50-0,94).

I dati di OS sono ancora immaturi, ha riferito Moreau, ma la probabilità di sopravvivenza stimata è risultata superiore per il braccio Isa-Kd, sia a 36 mesi (68,7% contro 62,9%) sia a 42 mesi (66,3% contro 54,5%,). L’analisi finale di OS, ha aggiunto l’autore, sarà effettuata 3 anni dopo l’analisi ad interim della PFS.

Profilo di sicurezza confermato
I risultati relativi alla sicurezza sono apparsi coerenti con quelli della precedente analisi ad interim. «Con ulteriori 2 anni di follow-up, e nonostante la pandemia di Covid 19, il profilo di sicurezza della tripletta Isa-Kd è rimasto simile a quello mostrato dall’analisi intermedia», ha sottolineato l’autore.

«Sicuramente, di fronte a pazienti con mieloma multiplo già trattati in precedenza, e ai quali proponiamo una terapia a tre farmaci, l’aspetto della tossicità e della tollerabilità va considerato; tuttavia, nello studio IKEMA, ndr) l’aggiunta di isatuximab non va aggiungere una tossicità maggiore a quella del trattamento con carfilzomib e desametasone e ci permette, dunque, di affrontare il trattamento con questa tripletta in assoluta tranquillità», ha detto Buda.

Infatti, l’aggiunta di isatuximab a Kd non ha aumentato il tasso di eventi avversi correlati al trattamento fatali, né quello degli eventi avversi che hanno richiesto l’interruzione definitiva del trattamento.

Inoltre, gli eventi avversi più comuni sono state le reazioni nella sede dell’infusione (per lo più lievi, di grado 1/2, e verificatesi alla prima infusione), mentre gli eventi cardiaci e l’ipertensione hanno mostrato una frequenza simile nei due bracci

Bibliografia
P. Moreau, et al Updated progression-free survival and depth of response in IKEMA, a randomized, phase III trial of isatuximab, carfilzomib, and dexamethasone (Isa-Kd) vs Kd in relapsed multiple myeloma. ESMO Virtual Plenary 2022. Link

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