Ius scholae, la Sip lancia un appello alla politica


La Sip che vada in porto lo ius scholae. Il progetto di legge verrà discusso alla Camera venerdì 24 giugno: “Non sia occasione persa”

ius scholae

Alla vigilia della ripresa dell’iter parlamentare sulla nuova legge sulla cittadinanza ai minori stranieri, il cosiddetto ‘ius scholae’, calendarizzato alla Camera dei deputati il prossimo 24 giugno, dai pediatri italiani, che hanno in cura e seguono questi ragazzi in tutte le fasi della loro crescita, arriva un appello alle forze politiche affinché il Paese venga reso più inclusivo. La Società italiana di pediatria (Sip) in collaborazione con UnitelmaSapienza, come spiega la Dire (www.dire.it) ha dedicato al tema il convegno ‘Minori stranieri in Italia: aspetti medici e cittadinanza’, svoltosi a Roma.

CITTADINANZA ITALIANA DOPO 5 ANNI DI SCUOLA

Lo ius scholae prevede la possibilità per i minori stranieri nati in Italia o arrivati nel nostro Paese entro i 12 anni di età di acquisire la cittadinanza italiana su richiesta dei genitori, a patto che abbiano risieduto legalmente e senza interruzioni in Italia e abbiano frequentato regolarmente, per almeno 5 anni, uno o più cicli scolastici.

“Tra gli obiettivi prioritari della Sip vi è da sempre l’impegno per tutelare il benessere psicofisico e i diritti di tutti i soggetti in età evolutiva, di ogni cultura ed etnia, anche attraverso la diffusione di messaggi culturali di uguaglianza ed integrazione”, ha affermato la presidente della Sip, Annamaria Staiano, in apertura dell’evento.

UN TERZO DELLE FAMIGLIE STRANIERE IN POVERTÀ ASSOLUTA

“I problemi che riguardano i minori stranieri in Italia sono molti, a cominciare dal fatto che quasi un terzo delle famiglie straniere con figli si trova in condizioni di povertà assoluta, ma non dobbiamo dimenticare che questi bambini e ragazzi rappresentano una risorsa per il nostro Paese dal punto di vista demografico, culturale ed educativo”, ha aggiunto Staiano. “Una più precoce acquisizione della cittadinanza favorirebbe la loro integrazione”, ha precisato Mario de Curtis, presidente del Comitato per la Bioetica della Sip.

“In tal modo verrebbero superati gli automatismi dello ius soli e dello ius sanguinis e si darebbe un aiuto non solo ai bambini e alle famiglie straniere ma all’intera società. Una società più inclusiva determina infatti minori conflitti sociali e culturali ed un miglioramento del clima di convivenza”, ha aggiunto De Curtis.

PIÙ DI UN MILIONE UNDER 18 SENZA CITTADINANZA

I ragazzi stranieri sotto i 18 anni residenti nel nostro Paese senza cittadinanza italiana sono più di un milione e rappresentano quasi l’11% del totale della popolazione in questa classe di età, circa tre quarti di loro (778 mila) sono nati in Italia. Seguono gli stessi studi dei loro compagni italiani, parlano la stessa lingua, hanno le stesse passioni, immaginano in Italia il loro futuro, ma vivono in una condizione di precarietà esistenziale, legata al fatto di non sentirsi cittadini italiani, una condizione che può ripercuotersi sul loro benessere generale e sul loro sviluppo armonico. Infatti, pur godendo di diritti fondamentali come quello alla salute e all’istruzione, non hanno diritto al voto, a partecipare a concorsi pubblici, ad andare all’estero per motivi di studio, di lavoro e a partecipare a competizioni sportive internazionali.

Particolare attenzione va data, secondo la Sip, oltre che alla più precoce acquisizione della cittadinanza anche ai problemi sanitari e sociali che possono compromettere lo sviluppo di bambini e ragazzi figli di genitori stranieri. Si tratta infatti di soggetti fragili. Questi bambini hanno un rischio di mortalità neonatale del 50% più elevato rispetto ai figli di genitori italiani (2,8 contro 1,9 per mille nati vivi, Istat 2021) e sono spesso più esposti al rischio di malattia. Le cause risiedono principalmente nelle condizioni di svantaggio sociale, economico e culturale che riguardano le donne straniere in gravidanza e nelle condizioni di povertà assoluta, aggravatesi con la pandemia, in cui spesso si trovano queste famiglie. Secondo dati Istat riferiti al 2021 circa 1 famiglia straniera su 3 (30,6%) vive in condizioni di povertà assoluta, contro il 5,7% osservato nelle famiglie italiane.

“Nascere in condizioni di povertà e di marginalità sociale costituisce un grave fattore di rischio per lo sviluppo infantile, provocando una ridotta qualità della vita (malnutrizione, carenza di cure igieniche e sanitarie, disturbata relazione di attaccamento genitore-figlio, scarsità di stimoli ecc) e una maggiore incidenza di disturbi e difficoltà nella sfera fisica, affettiva, emotiva, cognitiva, linguistica e relazionale”, ha aggiunto de Curtis.

“Nel bambino migrante e nel figlio di genitori stranieri, la prevenzione è una strategia fondamentale per tutelare e promuovere la loro salute e i loro diritti- ha sottolineato Giovanni Corsello, professore ordinario di Pediatria all’Università di Palermo-. La prevenzione dei difetti congeniti e dei danni nel feto e nel neonato, la prevenzione della malnutrizione e delle carenze di alimenti con più alto valore biologico e la prevenzione delle malattie infettive sono le tre aree principali nelle quali investire in termini di accoglienza, di controlli di salute e di integrazione sociosanitaria”.

Non minore importanza va data all’educazione. In Italia, dal punto di vista dei risultati, il percorso scolastico degli alunni stranieri, in particolare di quelli non nati nel nostro Paese, è accidentato. Solo il 49% degli alunni stranieri nati all’estero viene, infatti, inserito nella classe corrispondente alla propria età; quasi il 40 per cento viene iscritto nella classe precedente e il 12,2 per cento addirittura in classi in cui l’età teorica di ingresso è di almeno due anni inferiore a quella del ragazzo. Gli alunni stranieri, al termine dell’anno scolastico, vengono respinti con maggiore frequenza di quelli italiani. “Fondamentale è un maggiore aiuto soprattutto per i minori non nati in Italia- evidenziano in conclusione i pediatri Sip- che hanno problemi linguistici dal momento che una cattiva integrazione nella scuola può compromettere il futuro scolastico e poi quello professionale e sociale”.

Al Convegno hanno preso parte anche Antonello Folco Biagini, Magnifico Rettore UnitelmaSapienza; Simona La Placa, membro Gruppo di lavoro nazionale per il bambino migrante della Sip; Monsignor Benoni Ambarus, vescovo ausiliare di Roma; Ines Ciolli, professoressa associata di Diritto costituzionale e vicepreside dell’università di Roma La Sapienza.