Leucemia linfatica: nuovi dati su ibrutinib e venetoclax


Leucemia linfatica cronica: nei pazienti ad alto rischio remissione assicurata con ibrutinib e venetoclax a durata fissa

Adeguare il dosaggio di ponatinib in base alla risposta può essere una strategia efficace nei pazienti con leucemia mieloide cronica

I pazienti con leucemia linfatica cronica che presentano caratteristiche genomiche di alto rischio, trattati in prima linea con una terapia di durata fissa a base dell’inibitore di BTK ibrutinib più l’inibitore di Bcl-2 venetoclax, ottengono risposte durevoli e una sopravvivenza libera da progressione (PFS) prolungata. Lo dimostrano nuovi risultati dello studio di fase 2 CAPTIVATE presentati al congresso annuale dell’American Association for Cancer Research (AACR), a New Orleans.

I dati in questione si riferiscono a 129 pazienti ad alto rischio trattati con una terapia di durata fissa con ibrutinib e venetoclax, nei quali si è ottenuto un tasso di risposta obiettiva (ORR) del 98%. In dettaglio, il tasso di risposta completa (CR) è risultato del 56,6%, il tasso di CR con recupero ematico incompleto (CRi) del 2,3% e il tasso di risposta parziale (PR) del 38,8%. Inoltre, per i 76 pazienti che hanno ottenuto una CR o CRi, il trattamento è durato 12 o più cicli nell’87% dei casi.

Inoltre, il trattamento ha indotto remissioni durevoli senza necessità di trattamento e ha prodotto tassi di PFS simili nei pazienti ad alto rischio e in quelli non ad alto rischio. Infatti, nel gruppo di pazienti che non presentavano caratteristiche di alto rischio (73) si è ottenuto un ORR pari al 96%, con un tasso di CR del 49,3%, di CRi del 2,7%, di PR del 42,5% e un tasso di PR nodulare (nPR) dell’1,4%. Tra i 38 pazienti che hanno ottenuto una CR o una CRi, il 95% ha presentato una durata della risposta di 12 o più settimane.

Approccio chemo-free, di durata fissa
«Questi risultati continuano a fornire le basi per il trattamento di prima linea con ibrutinib più venetoclax, che rappresenta un approccio terapeutico senza chemioterapia, completamente orale, che si assume una volta al giorno, che consente una terapia di durata fissa e produce una PFS clinicamente significativa e remissioni che non richiedono un ulteriore trattamento, nonostante i pazienti presentino caratteristiche genomiche di alto rischio», ha dichiarato durante la presentazione dei risultati l’autore principale dello studio John N. Allan, del New York-Presbyterian Hospital e Professore di medicina al Weill Cornell Medical College di New York.

Nei pazienti con leucemia linfatica cronica, la presenza di caratteristiche genomiche di alto rischio, quali delezioni (del) di 17p, mutazioni di TP53 e IGHV non mutate, rendono il tumore meno sensibile alla chemioimmunoterapia, mentre il trattamento a base di ibrutinib e venetoclax in prima linea ha mostrato di fornire un beneficio in termini di PFS.

Infatti, in un precedente studio di fase 2 (NCT02756897) l’aggiunta di venetoclax a ibrutinib aveva fornito dati di efficacia promettenti in pazienti con leucemia linfatica cronica non trattati in precedenza che presentavano almeno una caratteristica genomica di alto rischio.

All’ultimo congresso dell’American Society of Hematology (ASH) sono stati presentati i risultati della coorte di pazienti definiti e trattati in base allo stato della malattia minima residua (MRD). Al congresso dell’AACR gli autori hanno presentato i risultati aggregati dei pazienti con caratteristiche di alto rischio trattati con la terapia di durata fissa più alcuni pazienti della coorte trattata a seconda dello stato della MRD.

Lo studio CAPTIVATE
Lo studio CAPTIVATE (NCT02910583) è un trial multicentrico internazionale, randomizzato e controllato, condotto su pazienti adulti con leucemia linfatica cronica di età compresa fra 18 e 70 anni, trattati con ibrutinib più venetoclax in prima linea e suddivisi in due coorti: la coorte MRD e la coorte trattata con la terapia di durata fissa. Nella coorte MRD, la durata del trattamento era determinata dallo stato della MRD del paziente dopo 12 cicli di terapia con la combinazione, mentre nella coorte con terapia di durata fissa, tutti i pazienti hanno interrotto la terapia dopo 12 cicli, indipendentemente dallo stato della MRD.

Tutti i pazienti sono stati trattati con tre cicli di ibrutinib 420 mg/die, seguiti da 12 cicli di ibrutinib alla stessa dose più venetoclax somministrato a dosaggi crescenti (ramp-up) fino ad arrivare a 400 mg/die.

Mentre i pazienti della coorte trattata con la terapia di durata fissa non hanno ricevuto ulteriori trattamenti, quelli della coorte MRD sono stati randomizzati in base allo stato di MRD: i pazienti che hanno raggiunto una MRD non rilevabile (uMRD) confermata sono stati assegnati al trattamento con ibrutinib o un placebo, mentre quelli con MRD non rilevabile non confermata al trattamento con ibrutinib più venetoclax o con il solo ibrutinib.

Nell’analisi dei dati della coorte trattata con la terapia di durata fissa sono stati inclusi anche 43 pazienti della coorte MRD assegnati al trattamento con il placebo.

L’endpoint primario della coorte trattata con la terapia di durata fissa era il tasso di CR mentre gli endpoint secondari includevano l’ORR, la durata della risposta (DOR), il tasso di MRD-negatività, il tasso di riduzione del rischio di sindrome da lisi tumorale, la PFS, la sopravvivenza globale (OS) e sicurezza.

Le caratteristiche dei pazienti
Dei pazienti arruolati nella coorte trattata con la terapia di durata fissa (159), il 64% presentava caratteristiche di alto rischio. Questi pazienti avevano un’età mediana di 60 anni (range: 33-70) e il 66% era di sesso maschile. Inoltre, il 28% aveva una malattia di stadio Rai III o IV.

Per quanto riguarda le caratteristiche genomiche di alto rischio, il 92% presentava IGHV non mutate, 22% (del)17p e mutazioni di TP53, il 16% (del)17p, il 26% (del)11q e il 21% un cariotipo complesso.

Inoltre, il 36% presentava citopenia e l’8% una conta assoluta dei neutrofili ≤1,5 x 109/l, 31%il 31% aveva livelli di emoglobina ≤11 g/dl el’8% una conta piastrinica ≤100 x 109/l. La conta linfocitaria assoluta mediana era pari a 67 x 109/l (range: 1-503). Infine, il 36% dei pazienti presentava un diametro dei linfonodi di almeno 5 cm.

Risposte nei pazienti ad alto rischio e non ad alto rischio
La durata mediana della permanenza nello studio per i pazienti ad alto rischio è stata di 28,7 mesi (range: 0,8-45,1).

In particolare, nei 29 pazienti con (del)17p e mutazioni TP53, l’ORR è risultato del 97%, con un tasso di CR/CRi pari al 52%, mentre nei 100 pazienti con IGHV non mutate, l’ORR è risultato del del 98%, con un tasso di CR/CRi del 61%.

Nei pazienti ad alto rischio, inoltre, il tasso di uMRD è risultato dell’88% nel sangue periferico e del 72% nel midollo osseo.

Nei pazienti che non presentavano caratteristiche di alto rischio, i tassi di uMRD nel sangue periferico e nel midollo osseo sono risultati rispettivamente del 70% e 62%. In particolare nei pazienti con (del)17p e mutazioni di TP53, i tassi di uMRD non rilevabili sono risultati rispettivamente dell’83% e 45%, mentre nei pazienti con IGHV non mutate rispettivamente del 90% e 80%.

Altri risultati di efficacia
Nei pazienti trattati con ibrutinib più venetoclax il tasso di PFS a 24 mesi è risultato del 94% nei pazienti con caratteristiche di alto rischio e del 97% in quelli non ad alto rischio. Nello specifico, il tasso di PFS a 24 mesi è risultato dell’85% nel gruppo di pazienti portatori di (del)17p e mutazioni di TP53 e del 96% nei pazienti con IGHV non mutate.

Il tasso di OS a 24 mesi, invece, è risultato del 98% nei pazienti ad alto rischio contro il 100% nei pazienti che non presentavano caratteristiche di alto rischio. In particolare, è stato registrato un tasso di OS a 24 mesi del 96% nei pazienti con (del)17p e mutazioni di TP53 e del 98% in quelli con IGHV non mutate.

Confermati i risultati di sicurezza
Per quanto riguarda la sicurezza, gli eventi avversi di grado 3 o 4 più frequenti sono stati neutropenia (29% e 34%, rispettivamente, nei pazienti ad alto rischio e in quelli non ad alto rischio,), ipertensione (9% e 3%) e diminuzione della conta dei neutrofili (7% e 1%).

Gli eventi avversi di interesse clinico di qualsiasi grado sono stati la fibrillazione atriale (6% e 4%) e le emorragie maggiori (2% e 1%). Eventi avversi gravi sono stati riportati nel 22% dei pazienti di entrambi i gruppi.

L’interruzione del trattamento a causa di eventi avversi è stata richiesta per il solo ibrutinib (2% dei pazienti ad alto rischio e 3% di quelli non ad alto rischio) e per entrambi i farmaci (rispettivamente1% e 3%), ma non è stato necessario interrompere il solo venetoclax. Inoltre, rispettivamente il 7% e il 4% dei pazienti hanno richiesto riduzioni di dose del solo ibrutinib, rispettivamente l’11% e il 12% riduzioni di dose del solo venetoclax e rispettivamente il 2% e il 5% dei pazienti riduzioni di dose di entrambi i farmaci.

Infine, gli sperimentatori hanno riferito che nella coorte trattata con la terapia di durata fissa il 94% dei pazienti ha completato 12 cicli di trattamento con ibrutinib più venetoclax. In particolare, la durata mediana del trattamento è stata di 13,8 mesi (range: 0,7-24,9) per ibrutinib e di 11,1 mesi (range: 9,9-22,1) per venetoclax.

Bibliografia
J.N. Allan, et al. Fixed-duration ibrutinib + venetoclax for first-line treatment of chronic lymphocytic leukemia in patients with high-risk features: phase 2 CAPTIVATE study. AACR Annual Meeting 2022; abstract CT028. Link