Nefrite lupica: tacrolimus efficace quanto ciclofosfamide


Tacrolimus, somministrato per os, è efficace quanto ciclofosfamide endovena nel trattamento della nefrite lupica secondo un nuovo studio

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I risultati di uno studio di fase 3, recentemente pubblicato su Jama Network Open, hanno documentato la non inferiorità di tacrolimus, somministrato per os, rispetto a ciclofosfamide endovena nel trattamento della nefrite lupica. Stando ai risultati di questo studio, pertanto, l’impiego di tacrolimus per os potrebbe rappresentare una valida alternativa terapeutica alla ciclofosfamide somministrata endovena.

Razionale e disegno dello studio
La terapia iniziale per la nefrite lupica si basa, di norma, sull’impiego di steroidi a dosaggio elevato e di ciclofosfamide endovena. E’ peraltro nota, sottolineano i ricercatori nell’introduzione allo studio, l’elevata tossicità della ciclofosfamide, soprattutto in concomitanza con una durata prolungata del trattamento.

Tacrolimus, per quanto anch’essa caratterizzato da un set di effetti collaterali, si è recentemente affermato come un’alternativa terapeutica potenzialmente più sicura nonché più conveniente rispetto alla ciclofosfamide.
Oltre ad essere stato già utilizzato in modalità off-label nella pratica clinica di routine, ha dato già prova di efficacia in una review pubblicata nel 2018, per quanto alcuni pazienti si fossero dimostrati non in grado di tollerare il trattamento in questione.

Dal punto di vista del meccanismo d’azione, si ipotizza che tacrolimus agisca sulla nefrite lupica inibendo l’attivazione delle cellule T (lo stesso effetto alla base dell’impiego nella profillassi delle reazioni di rigetto dei trapianti), un evento che promuove l’insorgenza di danno renale. Un altro potenziale effetto ascritto al farmaco presuppone la sua capacità di proteggere i podociti renali, cioè quelle cellule che sono presenti all’interno del glomerulo renale.

L’assenza di studi clinici randomizzati di dimensioni congrue sull’impiego di tacrolimus per os vs. ciclofosfamide endovena nella nefrite lupica ha sollecitato la messa a punto di questo nuovo studio, un trial clinico di non inferiorità di fase 3, randomizzato secondo uno schema 1:1, organizzato per gruppi paralleli, che ha reclutato pazienti adulti affetti da lupus eritematoso sistemico e nefrite lupica di classe III, IV, V, III+V o IV+V provenienti da 35 centri specialistici dislocati in Cina.

Tra i criteri di inclusione nel trial vi erano un BMI compreso tra valori pari o superiori a 18,5 e inferiori a 27, una proteinuria nelle 24 ore pari o superiore a 1,5 g e valori di creatininemia inferiori a 260 μmol/L.
Per la scelta della posologia di impiego di tacrolimus, i ricercatori hanno cercato di replicare la prassi solitamente utilizzata per ottimizzare la posologia di somministrazioni di ciclofosfamide basata su infusioni a cadenza mensile.

La prima dose era pari a 0,75 g/m2, successivamente titolata verso l’alto o verso il basso per incrementi/decrementi pari a 0,25 g/m2 al fine di mantenere la conta dei leucociti intorno a 2.500-4.000 cellule/μL.

Tacrolimus è stato inizialmente somministrato al dosaggio di 2 mg bis die, con aggiustamenti della posologia a partire dal 15esimo giorno dall’inizio del trattamento al fine di mantenere livelli ematici “a valle” del farmaco compresi tra 4 e 10 ng/ml.

Tutti i pazienti reclutati nel trial, inoltre, erano stati sottoposti ad un ciclo iniziale di trattamento con metilprednisolone endovena, seguito da prednisone in formulazione orale alle dosi normalmente in uso per l’intera durata dello studio (24 settimane).

I pazienti del trial erano tutti di etnia Cinese, ma le loro caratteristiche ben riassumevano quelle osservate globalmente nei pazienti affetti da nefrite lupica: maggioranza di pazienti di sesso femminile (90%); età media compresa tra i 20 e i 30 anni (età media= 34 anni); un paziente su due con sieropositività agli anticorpi anti-dsDNA; un valore di GFR stimato pari, in media, a 101 mL/min/1.73 m2 al basale.

L’endpoint primario di efficacia dello studio era rappresentato dal tasso di risposta completa o parziale al trattamento assegnato dalla randomizzazione a 24 settimane.

La risposta completa era definita dal soddisfacimento dei criteri seguenti:
– Proteinuria <0,5 g in 24 ore
– Albuminuria ≥3,5 g/dl
– Funzione renale stabile (es: SCr nel range di riferimento o aumentato ≤15% rispetto al basale)

La risposta parziale era definita, invece, dal soddisfacimento di questi criteri:
– Proteinuria 3,5 g in 24 ore e più che dimezzata rispetto al basale
– Albuminuria uguale o superiore a 3 g/dl
– Funzione renale stabile

Tra gli endpoint secondari di efficacia valutati vi erano il punteggio SLEDAI di attività del lupus, alcuni parametri legati alla funzione immunitaria (livelli sierici di proteine del complemento C3 e C4 e di anticorpi anti-dsDNA) e altri legati alla funzione renale (proteinuria nelle 24 ore, livelli sierici di albumina e SCr e valori di eGFR).

Risultati principali di efficacia
Su 158 pazienti randomizzati a tacrolimus, l’83% ha raggiunto la risposta completa o parziale al trattamento dopo 24 settimane, mentre il 75% dei pazienti randomizzati a ciclofosfamide (n=156) ha soddisfatto l’endpoint primario.

La differenza di 7,1 punti percentuali (IC95%= -2,7%; 16,9%) ha soddisfatto il criterio pre-specificato di non-inferiorità dello studio.

Tassi più elevati di risposte complete al trattamento hanno guidato il soddisfacimento dell’outcome primario: 49,6% vs. 36,3% con ciclofosfamide endovena. I tassi di risposte parziali sono risultati lievemente più elevati nel gruppo trattato con ciclofosfamide (38,7% vs. 33,3%).

Considerando singolarmente le diverse componenti alla base della valutazione della risposta al trattamento, sono state documentate differenze di entità maggiore tra i diversi trattamenti relativamente ai valori di creatininemia, il principale fattore surrogato della funzione renale.

Nello specifico, i pazienti trattati con tacrolimus hanno mostrato un incremento medio di questo parametro pari, circa, a  8 μmol/l, a fronte di un decremento medio pari, circa a 5 μmol/l (i livelli al basale si attestavano, in media, intorno al valore di 70 μmol/L in entrambi i gruppi).

In confronto, differenze più piccole tra gruppi sono state osservate relativamente ai livelli di albumina nel siero, pur in presenza di livelli percentualmente superiori del 10% per tacrolimus. I livelli medi di proteinuria si sono ridotti soprattutto con tacrolimus (-4,8 vs. -3,6 g/die) rispetto ai livelli di partenza (5,8 vs. 5,3 g/die).

Queste differenze si sono palesate precocemente nel corso dello studio (a partire dalla quarta settimana), per mantenersi fino alla fine del trial.

Passando, infine, agli endpoint secondari, i ricercatori hanno documentato un crollo di entità maggiore dei punteggi SLEDAI nei pazienti trattati con tacrolimus (differenza media: -2,2 punti a 24 settimane; IC95%= -3,1; -1,3, da una media pari al basale a 12,3).

Le differenze relative ai livelli di proteine del complemento sono state minime per i due trattamenti in studio, mentre nei pazienti con tacrolimus è risultata più frequente la perdita di anticorpi anti-dsDNA rispetto al basale (26% vs. 21%). Quest’ultimo dato suggerisce un effetto anti-lupus sistemico per tacrolimus, legato ai possibili benefici extra-renali del trattamento.

Dati di safety
Lo studio prevedeva anche un’analisi di safety. Dall’analisi dei dati è emerso che i tassi di eventi avversi seri legati al trattamento (TEAE) erano numericamente più bassi nel gruppo tacrolimus (18,5% vs. 24,6%), come i tassi di infezioni serie (8,9% vs. 16,2%).

Considerando I TEAE seri, non sono emersi eventi particolari nei due gruppi. Inoltre, lo stesso numero di pazienti randomizzati ad uno dei 7 bracci di trattamento dello studio ha abbandonato il trattamento assegnato dalla randomizzazione per l’insorgenza di eventi avversi.

Limiti e implicazioni dello studio
Nel commentare i risultati, gli autori hanno ammesso alcuni limiti metodologici intrinseci del loro studio, quali la mancanza di cecità nel disegno della sperimentazione clinica, la durata relativamente breve del follow-up (24 settimane), il non aver esaminato un possibile effetto risparmiatore di steroidi legato all’impiego di tacrolimus, valutato in altri studi precedenti di letteratura.

Ciò premesso, lo studio sembra dimostrare l’efficacia e la sicurezza della terapia con tacrolimus per os, in combinazione con steroidi in pazienti Cinesi affetti da nefrite lupica.

Tali risultati, aggiungono i ricercatori, si aggiungono alle evidenze crescenti che suffragano, per tacrolimus, il ruolo di alternativa terapeutica alla ciclofosfamide endovena come terapia iniziale nella nefrite lupica.

Bibliografia
Zheng Z, et al “Effect of tacrolimus vs intravenous cyclophosphamide on complete or partial response in patients with lupus nephritis: A randomized clinical trial” JAMA Netw Open 2022; DOI: 10.1001/jamanetworkopen.2022.4492.
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