Parkinson e Alzheimer: la TMS è uno strumento alleato


La TMS è uno strumento in più contro Parkinson e Alzheimer. Madeo (Brain&Care): efficace sul movimento e la memoria

tms parkinson

“Il 35-40% dei pazienti con malattia di Parkinson soffre di depressione. Un disturbo che, in queste persone, ha una doppia causa: una base reattiva (reazione emotiva e psicologica alla diagnosi), una base organica (la perdita di dopamina, caratteristica di questa malattia, influisce su regioni cerebrali connesse con la regolazione dell’umore, quindi con l’emotività). Una sfida importante nel trattamento della depressione nei pazienti con malattia di Parkinson è l’insorgenza di effetti collaterali con i comuni farmaci antidepressivi, perché molto spesso sono controindicati se assunti contemporaneamente ad alcuni farmaci dopaminergici. Inoltre, la risposta terapeutica dei pazienti parkinsoniani con depressione non è sempre ottimale. La Stimolazione Magnetica Transcranica (TMS) si inserisce come un trattamento non farmacologico adiuvante, che può agire sulle aree cerebrali disfunzionanti che stanno alla base dei sintomi depressivi e che ha dimostrato efficacia terapeutica”. A illustrare le potenzialità della TMS nel trattamento dei malati di Parkinson, e in generale delle patologie neurodegenerative, è Graziella Madeo, neurologa e direttrice dell’Unità di Neuromodulazione e Ricerca Clinica del Centro clinico Brain&Care e co-responsabile scientifico del Corso ECM Residenziale e Live streaming su ‘L’approccio clinico integrato e la TMS in ambito neurologico e psichiatrico’, promosso da LetscomE3 in collaborazione con Brain&Care, in corso oggi a Rimini.
La TMS e le patologie neurodegenerative – Conosciuta fin dal 1985, negli ultimi vent’anni “la TMS sta offrendo nuove prospettive terapeutiche nel campo delle patologie causate da una perdita progressiva e irreversibile delle cellule nervose. “Purtroppo, ad oggi, non abbiamo terapie risolutive, nel senso che i farmaci non bloccano il processo che porta le cellule a morire. Per questo la ricerca e la clinica si stanno orientando verso metodiche in grado di controllare e rallentare i sintomi di queste patologie- sottolinea la specialista- migliorando la qualità di vita dei pazienti. La TMS si pone proprio in questa prospettiva, come uno strumento adiuvante di terapie già esistenti, anche nell’ambito delle patologie neurodegenerative più diffuse, Parkinson e Alzheimer”.
La malattia di Alzheimer può colpire almeno il 5% delle persone con più di 60 anni e si stima che in Italia ci siano 500mila malati. Un numero che nel 2050, secondo gli esperti, potrebbe triplicarsi. La malattia di Parkinson è la seconda malattia neurodegenerativa più diffusa, colpisce in età adulta, ma ci sono molti casi prima dei 40 anni. I dati sull’incidenza riportano 12 casi ogni 100mila abitanti.

La TMS e la malattia di Parkinson – Il Parkinson è conosciuto come una ‘malattia del movimento’: tra i sintomi ricorrono il tremore a riposo, la rigidità, la bradicinesia (lentezza dei movimenti ndr) e l’instabilità posturale. Ma in realtà è una patologia molto più complessa e variegata, caratterizzata anche da sintomi non motori (depressione, ansia, disturbi cognitivi e dolore) che possono precedere di anni quelli motori. “Quando parliamo dell’applicazione della Stimolazione Magnetica Transcranica è importante distinguere, allora, tra ciò che possiamo fare per l’aspetto motorio e ciò che, invece, possiamo fare per la parte non motoria”, sottolinea Madeo.

È molto importante affiancare i diversi protocolli di trattamento: terapie già esistenti, che non sono solo quelle farmacologiche, la riabilitazione neuromotoria e la TMS. I risultati migliorano con l’approccio integrato. “La stimolazione magnetica agisce sulla plasticità sinaptica, che è la base del nostro apprendimento e del nostro recupero. Abbinandola a un continuo riapprendimento motorio, gli effetti saranno più consistenti ed evidenti. Gli studi dimostrano, infatti, che la stimolazione di aree connesse con il controllo cognitivo del movimento migliora i sintomi di rigidità e di bradicinesia e ha effetti positivi su un fenomeno del cammino che si chiama ‘freezing della marcia’. Parliamo della difficoltà che molti malati vivono nel fare il primo passo nonostante la loro intenzione di camminare, sulla quale la terapia dopaminergica non è sempre efficace”, ricorda Madeo. I benefici della TMS “permangono a un mese dal termine del trattamento, ma essendo il Parkinson una patologia cronica e progressiva è consigliabile fare cicli di mantenimento”.
La TMS e la malattia di Alzheimer – “Nel caso della malattia di Alzheimer- spiega la specialista- c’è una degenerazione delle aree temporo-parietali, dove ha sede la nostra memoria. Quando la malattia progredisce può interessare altre aree cerebrali e provocare ulteriori sintomi. La TMS si inserisce innanzitutto in una fase iniziale, in cui il cervello ha ancora delle risorse e in cui ci sono delle aree che possiamo stimolare per il recupero di una funzione o l’attivazione di una azione suppletiva, in sostituzione dell’area cerebrale che non funziona più bene. Recenti studi hanno chiarito che stimolando nelle fasi iniziali della malattia una regione del cervello che si chiama pre-cuneus, si verifica un miglioramento delle funzioni di memoria episodica e a breve termine”.
Come funziona la TMS – La Transcranial Magnetic Stimulation, in italiano stimolazione magnetica transcranica, è una metodica non invasiva di rimodulazione dell’attività cerebrale. “Questa tecnica utilizza degli impulsi magnetici che vengono inviati attraverso una bobina appoggiata sulla testa. La stimolazione attraversa le ossa del cranio e raggiunge le cellule nervose. A seconda della frequenza alta o bassa con cui inviamo questi impulsi, stimoliamo o inibiamo l’attività dei neuroni”.
Potenzialità e limiti della TMS – La TMS è una terapia adiuvante che apre a nuove e promettenti prospettive di utilizzo, ma con alcune limitazioni “Abbiamo bisogno di sempre più evidenze scientifiche a supporto di questo strumento, soprattutto per quanto riguarda gli effetti a lungo termine e l’applicazione di protocolli di stimolazione standardizzati e comuni a diversi gruppi di ricerca e gruppi clinici. Trattandosi di un trattamento adiuvante, che non ha gli effetti collaterali tipici di terapie farmacologiche- conclude la dottoressa Madeo- la TMS deve essere uno strumento ponderato in base a una valutazione clinica e diagnostica del neurologo”.