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Tumore al seno: sacituzumab govitecan meglio della chemioterapia

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Tumore al seno HR+ metastatico: sacituzumab govitecan ritarda la progressione di malattia rispetto alla chemioterapia secondo nuovi studi

Il coniugato anticorpo-farmaco (ADC) sacituzumab govitecan permette di ottenere un miglioramento statisticamente significativo della sopravvivenza libera da progressione (PFS) rispetto alla chemioterapia in pazienti con carcinoma mammario metastatico positivo per i recettori ormonali ed HER2-negativo (HR+/HER2-) già trattati con la terapia endocrina, con da due a quattro linee di chemioterapia e con inibitori di CDK4/6. Il dato proviene dallo studio di fase 3 TROPiCS-02 (NCT03901339), che ha quindi centrato il suo endpoint primario.

TROPiCS-02 è uno studio multicentrico in aperto che puntava a mostrare una riduzione del 30% del rischio di progressione della malattia o di morte nei pazienti trattati con sacituzumab govitecan rispetto alla chemio e i dati si sono rivelati coerenti con quelli riportati nello studio di fase 1/2 IMMU-132-01 (NCT01631552), che è stato condotto in un sottogruppo di pazienti con questa malattia.

Inoltre, i risultati della prima analisi ad interim dell’endpoint secondario chiave, rappresentato dalla sopravvivenza globale (OS), hanno mostrato una tendenza al miglioramento con l’ADC rispetto alla chemio. I partecipanti continueranno ora ad essere seguiti per una successiva analisi dell’OS, secondo quanto riferisce l’azienda produttrice (Gilead Sciences) in un comunicato stampa.

Inoltre, nella popolazione di pazienti studiata non sono stati riportati nuovi segnali inerenti la sicurezza del farmaco.

Sacituzumab govitecan
Sacituzumab govitecan è costituito da un anticorpo anti-Trop-2 coniugato con SN-38, un metabolita attivo dell’irinotecan, attraverso un linker idrolizzabile unico. Dati di uno studio precedente, il basket trial IMMU-132-01, hanno evidenziato che in 108 pazienti affetti da tumore della mammella triplo negativo pesantemente pretrattati, trattati con questo ADC a un dosaggio pari a 10 mg/kg nei giorni 1 e 8 di cicli di 21 giorni, il farmaco ha prodotto un tasso di risposta obiettiva (ORR) del 33% (con un cutoff dei dati all’1 dicembre 2017).

La durata mediana della risposta (DOR) è stata di 7,7 mesi (IC al 95% 4,9-10,8), mentre la PFS mediana è risultata di 5,5 mesi (IC al 95% 4,1-6,3) e l’OS mediana pari a 13,0 mesi (IC al 95% 11,2-13,7).

Lo studio TROPiCS-02
Lo studio TROPiCS-02 ha arruolato pazienti con carcinoma mammario HR+/HER2- metastatico o localmente avanzato, non operabile, che avevano mostrato segni di progressione della malattia durante o dopo almeno un terapia endocrina, un taxano e un inibitore di CDK4/6. I partecipanti dovevano aver effettuato almeno due, ma non più di quattro linee di chemioterapia nel setting metastatico e dovevano avere una malattia misurabile secondo i criteri RECIST v1.1, un performance status ECOG pari a 0 o 1 e una funzionalità midollare, renale ed epatica accettabili.

I pazienti erano invece esclusi dall’arruolamento se in precedenza erano stati trattati con inibitori della Topo 1 e avevano una storia di malattie cardiovascolari o un’anomalia dell’ECG clinicamente significative. Altri criteri di esclusione includevano la presenza di metastasi attive del sistema nervoso centrale, a meno che stabili per almeno 4 settimane, di infezioni attive richiedenti un trattamento sistemico per via endovenosa o di malattie intestinali infiammatorie croniche attive con precedente ostruzione intestinale o condizioni mediche o psichiatriche concomitanti aggiuntive.

Gli sperimentatori hanno pianificato di arruolare 400 pazienti da assegnare secondo un rapporto di randomizzazione 1:1 al trattamento con sacituzumab govitecan alla dose di 10 mg/kg nei giorni 1 e 8, ogni 21 giorni, oppure a una chemioterapia a scelta fra capecitabina, vinorelbina, gemcitabina o eribulina. Il trattamento è stato somministrato fino alla progressione della malattia, alla comparsa di una tossicità non tollerabile, alla revoca del consenso da parte del paziente o al suo ritiro dallo studio per decisione dello sperimentatore.

I partecipanti sono stati stratificati in base alla presenza o meno di metastasi viscerali, alla durata della terapia endocrina nel setting metastatico (6 o più mesi vs meno di 6 mesi) e al numero di precedenti linee di chemioterapia effettuate (2 vs 3 vs 4).

Gli endpoint primari dello studio sono rappresentati dalla PFS e dall’ORR valutati dagli sperimentatori locali secondo i criteri RECIST v1.1, mentre gli endpoint secondari chiave comprendono l’OS, il tasso di beneficio clinico, la DOR e la sicurezza. I biomarcatori e la qualità della vita rappresentano, invece, endpoint esplorativi.
I dati dettagliati dello studio saranno presentati in uno dei prossimi convegni del settore, si legge nel comunicato.

«I pazienti con carcinoma mammario avanzato possono finire per sviluppare resistenza alla terapia endocrina, e quindi resistenza a un insieme limitato di opzioni chemioterapiche sequenziali», ha affermato Hope Rugo, direttrice del Breast Oncology and Clinical Trials Education presso il Comprehensive Cancer Centre della University of California di San Francisco. «Questi dati mostrano le potenzialità di sacituzumab govitecan di colmare un importante bisogno non soddisfatto per i pazienti con carcinoma mammario metastatico, HR+/HER2-, pesantemente pretrattato».

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