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Artrite reumatoide e densità minerale ossea: un nuovo studio

Artrite reumatoide: nuovo studio suggerisce che i livelli di calprotectina sierica potrebbero rappresentare un biomarcatore di infiammazione

Una ridotta attività cumulativa di malattia si lega ad un’aumentata densità minerale ossea a livello del collo femorale in pazienti affetti da artrite reumatoide

Una ridotta attività cumulativa di malattia, misurata in base al punteggio DAS28(ESR), si lega ad un’aumentata densità minerale ossea (BMD) a livello del collo femorale in pazienti affetti da artrite reumatoide (AR). Questi i risultati di uno studio di coorte pubblicato su  Seminars in Arthritis and Rheumatism.

Razionale e obiettivi dello studio
I pazienti con AR si caratterizzano per un incremento del rischio di depauperamento osseo – misurato con la BMD – e del rischio di osteoporosi (OP) rispetto alla popolazione generale.

L’AR rappresenta un fattore di rischio indipendente di frattura incorporato nel FRAX (the Fracture Risk Assessment Tool), che calcola il rischio a 10 anni di frattura osteopotica maggiore e di fratture all’anca.

Nel FRAX, l’AR è trattata come variabile dicotomica, anche se bisogna tener presente che la patologia reumatologica in questione è una malattia eterogenea, con un ampio range di severità di malattia e di risposta alle terapie.

Ne consegue che l’effetto dell’AR sulla BMD è difficilmente lo stesso considerando tutto lo spettro di malattia, per cui ancora oggi i clinici non sono in grado di predire con accuratezza quali tra i pazienti da loro in cura per AR siano a maggior rischio di BMD ridotta e di frattura.

E’ noto da tempo che la severità di AR, rappresentata da diverse misure – durata di malattia, malattia erosiva o stato funzionale – è associata negativamente alla BMD.
Gli studi finora condotti sull’associazione tra l’attività di AR e la BMD, però, avevano dato fino ad ora risultati discordanti, in parte dipendenti dal mancato utilizzo delle misure di attività di malattia raccomandate dall’ACR.

Non solo: un altro limite attribuito a questi studi riguarda l’impiego di misure di attività di malattia al basale o di valori medi per la predizione delle variazioni densitometrico in un ridotto lasso di tempo, probabilmente non in grado di rappresentare in modo accurato l’attività di malattia in tempi sufficienti per poter rilevare differenze di BMD tra gruppi.

La difficoltà di stabilire, con questi studi, l’esistenza di una associazione tra l’attività cumulativa di AR con la BMD ha sollecitato la messa a punto di questo nuovo studio che ha voluto verificare se l’attività di malattia cumulativa, misurata in base al punteggio DAS28(ESR), fosse un fattore di rischio indipendente di BMD in una coorte di pazienti Usa con AR costituita anche da gruppi etnici tradizionalmente sottorappresentati in questo tipo di ricerche.

Disegno dello studio e risultati principali
Lo studio ha preso in considerazione 161 pazienti, in larga parte di sesso femminile (88%) e con una età media pari a  62,4 ± 10,2 anni.

I gruppi etnici maggiormente rappresentati in questa coorte erano quello Ispanico/Latino (n=73; 45%) e quello Asiatico (n=59; 37%). La durata media di AR era pari a 10,5 ± 7,3 anni mentre  l’83% era sieropositivo agli ACPA.

L’associazione tra la ridotta attività di malattia cumulativa, misurata dal punteggio DAS28(ESR), con l’outcome primario della BMD a livello del collo femorale (g/cm2) è stata valutata utilizzando la regressione lineare multivariabile.

La scelta del collo femorale come sito anatomico per la valutazione della BMD è stata motivata dai ricercatori con il fatto che il collo del femore è, tipicamente, la sede meno colpite dalla variazioni ossee degenerative rispetto alla colonna lombare e all’anca in toto.

Per massimizzare il tempo di osservazione per ciascuno dei partecipanti dello studio, si è fatto ricorso alla DEXA.

Lo studio prevedeva anche analisi di sensitività che prevedevano la sostituzione del punteggio DAS28(ESR), come misura di attività di malattia, con l’indice CDAI (<10), come pure la valutazione della BMD a livello dell’anca in toto e della colonna lombare come misure di outcome.

Dei 161 pazienti inclusi nello studio, 39 sono erano stati classificati nel gruppo a ridotta attività di malattia e 122 al gruppo ad attività di malattia moderata-elevata.

Passando ai risultati, è emerso che l’attività di malattia moderata-elevata era associata in modo indipendente ad una BMD del collo femorale più elevata (IC95%= 0,021-0,122; P =0,020). Inoltre, tali risultati sono stati replicati quando erano valutata una ridotta CDAI cumulativa e le BMD relative ad altri siti anatomici.

I ricercatori hanno anche osservato che una proporzione più ampia di visite mediche di controllo nel corso delle quali si riscontrava l’impiego di farmaci biologici da parte dei partecipanti allo studio era associata ad un miglioramento significativo della BMD a livello del collo femorale (IC95%=0,017-0,135; P =0,012).

Da ultimo, è stato anche anche da loro sottolineato che la ridotta attività di malatia cumulativa, misurata dal punteggio DAS28(ESR) era associata ad una BMD più elevata a livello del collo femorale, indipendente dagli altri fattori di rischio tradizionali noti dell’OP come il genere, l’età e il BMI.

Limiti e implicazioni dello studio
Nel commentare i risultati, gli autori dello studio hanno ammesso alcuni limiti metodologici intrinseci nel lavoro da loro pubblicato. In primis, per quanto tutti i predittori di depauperamento osseo fossero stati misurati prima dell’esame DEXA, non era noto se il timing o il tasso di riduzione della BMD fosse presente prima della valutazione di questo parametro. Di conseguenza, anche in ragione del disegno osservazionale, i ricercatori hanno tenuto a sottolineare che le associazioni rilevate non possono essere considerate associazioni causa-effetto.

Ciò detto, i dati di questo studio rinforzano, a detta dei ricercatori, le evidenze a favore della stratificazione individuale del rischio per lo screening e il trattamento dell’OP nei pazienti con AR e suffragano la raccomandazione ACR relativa all’adozione di un approccio treat-to-target basato sulla riduzione dell’ attività di malattia nei pazienti con AR al fine di ridurre il loro rischio di OP.

“Siamo fiduciosi che i dati del nostro studio – scrivono i ricercatori nelle conclusioni – insieme a quelli degli studi precedenti, possano essere utilizzati per l’implementazione delle prossime linee guida pratiche sull’AR, questa volta non limitate, negli obiettivi, alla sola riduzione del carico di malattia reumatologica ma finalizzate anche alla prevenzione di alcune importati comorbilità associate all’AR come le malattie CV, i tumori e l’OP”.

Bibliografia
Wysham KD et al. Low cumulative disease activity is associated with higher bone mineral density in a majority Latinx and Asian US rheumatoid arthritis cohort. Semin Arthritis Rheum. Published online January 31, 2022. doi:10.1016/j.semarthrit.2022.151972
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