Tra idrossiclorochina e retinopatia una possibile relazione


L’impiego di dosaggi più elevati e maggiori durate d’impiego di idrossiclorochina, potrebbero essere un fattore di rischio indipendente di retinopatia

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Uno studio presentato nel corso dell’edizione annuale del congresso dell’American College of Rheumatology ha mostrato che l’impiego di dosaggi più elevati e maggiori durate d’impiego di idrossiclorochina, insieme al riscontro di nefropatia cronica e alla discendenza asiatica, potrebbero essere dei fattori di rischio indipendente di retinopatia nei pazienti che assumono l’antimalarico comunemente utilizzato nel trattamento del lupus, dell’artrite reumatoide e di altre condizioni di pertinenza reumatologica.

Di qui il suggerimento degli autori di sottoporre i pazienti in trattamento con questo farmaco a stretto monitoraggio da parte di un oftalmologo per la rilevazione di segni di retinopatia.

Razionale e disegno dello studio
La retinopatia rappresenta una tipologia di danno oculare che può portare a perdita della vista.  Sia i pazienti che i medici conoscono il rischio oculare associato all’impiego di questo farmaco che però, come è noto, rappresenta un’opzione terapeutica molto importante per il trattamento del lupus e di altre patologie reumatologiche.

L’obiettivo di questo studio è stato quello di passare in rassegna alcuni fattori di rischio d’incidenza di retinopatia associata a impiego di idrossiclorochina in un’ampia coorte di pazienti Usa.

Entrando nei dettagli, i ricercatori hanno preso in considerazione pazienti che avevano assunto il farmaco da almeno 5 anni in un lasso di tempo compreso tra il 1997 e il 2020.
L’obiettivo è stato quello di rilevare il numero di pazienti che aveva sviluppato retinopatia, sulla base di un esame ad hoc a livello oculare (Tomografia ottica di coerenza del dominio spettrale= SD-OCT).

Tutte le scansioni ottenute sono state valutate indipendentemente da un oftalmologo esperto del campo; un secondo oftalmologo, inoltre, ha valutato tutte le scansioni “sospette” e un sottogruppo di scansioni normali random.

I due oftalmologi, in  maniera del tutto indipendente l’uno dall’altro, hanno identificato le date delle prime scansioni anomale e, successivamente, hanno proceduto alla classificazione della retinopatia (desunta dalla loro valutazione) nel modo seguente:
– Retinopatia lieve, moderata o severa
– Assenza di retinopatia
– Retinopatia non legata a idrossiclorochina (es; malattia causata da degenerazione maculare)

Non solo: è stata effettuata anche una valutazione del pattern della retinopatia rilevata (parafoveale o pericentrale).

I dati relativi ai pazienti (casi) con retinopatia legata a idrossiclorochina sono stati incrociati, secondo un rapporto 1:5, con quelli relativi ad individui (controlli) non retinopatici in base all’età, al sesso di appartenenza e all’anno di inizio dell’impiego del farmaco.

Per valutare posologia d’impiego e durata del trattamento con idrossiclorochina, i ricercatori hanno attinto ai dati di erogazione dell’antimalarico di sintesi da parte delle farmacie, prendendo in considerazione la dose giornaliera media e quella cumulativa del farmaco, normalizzata in base al peso corporeo reale e considerando il peso ideale. Inoltre hanno valutato anche la presenza di altri possibili fattori di rischio di retinopatia, come l’etnia di appartenenza e la presenza di nefropatia cronica.

I risultati
Su 4.899 utilizzatori a lungo termine di idrossiclorochina, 164 hanno sviluppato retinopatia associata al suo impiego. Di questi, 100 hanno sviluppato una retinopatia di grado lieve, 38 di grado moderato e 26 di grado severo. L’età media di assunzione del farmaco era pari a 56 anni; il 90% dei pazienti considerati era di sesso femminile.

Lo studio ha individuato 131 pazienti con un pattern parafoveale di retinopatia e 33 pazienti con un pattern atipico pericentrale. All’aumentare della durata d’impiego del farmaco (unità temporali espresse in lustri) corrispondeva un raddoppiamento del rischio di retinopatia. Non solo: il rischio di complicanza oculare cresceva in concomitanza con l’aumento della dosa cumulativa di farmaco.

Lo studio ha anche osservato che i pazienti con antenati di origine Asiatica presentavano un incremento del rischio complessivo di retinopatia, come pure del rischio di malattia di grado moderato o severo, caratterizzati da un pattern pericentrale.

Infine, last but not least, lo studio ha mostrato che l’essere affetti da nefropatia cronica si associava ad un rischio raddoppiato di retinopatia di qualsiasi livello di gravità e ad un rischio triplicato, nello specifico, di retinopatia di grado moderato o severo.

Le implicazioni
In conclusione, i risultati di questo studio hanno dimostrato che il rischio di incidenza di retinopatia associata ad impiego di idrossiclorochina aumenta in maniera dose-risposta sia nei pazienti in cui il dosaggio di somministrazione è normalizzato in base al peso reale che in quelli con normalizzazione del dosaggio in base al peso ideale. Inoltre, sia la dose cumulativa di idrossiclorochina che la durata d’impiego, il riscontro di nefropatia cronica e la discendenza asiatica rappresentano dei fattori di rischio indipendenti di retinopatia da idrossiclorochina, considerando i casi di grado moderato/severo.

Tali risultati potrebbero rivelarsi utili per identificare gli individui a maggior rischio di retinopatia legata ad idrossiclorochina, venendo incontro alla necessità di adottare scelte di trattamento opiù appropriate per questi pazienti.

Bibliografia
Jorge A et al. Risk Factors for Hydroxychloroquine Retinopathy and Its Subtypes – Prospective Adjudication Analysis of 4,899 Incident Users. ACR 2021; Abs. 0989