Site icon Corriere Nazionale

Lupus: acido acetilsalicilico riduce il rischio preeclampsia

Anifrolumab riduce l'attività di malattia in pazienti con lupus eritematoso sistemico moderatamente e gravemente attivo secondo nuovi dati di ricerca

Lupus: un nuovo studio real world documenta l’efficacia dell’acido acetilsalicilico nella riduzione del rischio di preeclampsia

Le donne con lupus eritematoso sistemico a rischio di preeclampsia possono trarre giovamento da un trattamento tempestivo con acido acetilsalicilico (ASA) a dosi ridotte e, forse, con idrossiclorochina. Queste le conclusioni di uno studio tedesco presentato nel corso del 14esimo congresso internazionale sul Lupus e del sesto Congresso Internazionale sulle Controversie in Reumatologia e Autoimmunità (LUPUS & CORA 2021).

Razionale e disegno dello studio
Le donne affette da LES si trovano a fronteggiare rischi maggiori di preeclampsia in ragione di questa patologia autoimmunitaria, hanno ricordato i ricercatori durante la presentazione dello studio. Tale rischio è addirittura maggiore se queste donne sono portatrici di fattori di rischio aggiuntivi, come l’ipertensione o la nefrite lupica.

L’ASA a dosi ridotte è nota per dare protezione contro lo sviluppo di preeclampsia nelle donne che non sono affette da patologia autoimmunitaria, se somministrata prima della 16esima settimana di gestazione.

Quanto all’idrossiclorochina, ad oggi i dati disponibili provengono da piccole casistiche che ci dicono, anche in ragione del suo meccanismo d’azione, che il farmaco potrebbe avere un effetto benefico anche sulla preeclampsia nelle pazienti lupiche.

Lo scopo dello studio presentato è stato quello di verificare, in un setting real world, se ci fosse un beneficio derivante dall’impiego di ASA o di idrossiclorochina in relazione allo sviluppo di preeclampsia.

A tal scopo, i ricercatori hanno preso in considerazione i dati prospettici relativi alle gravidanze registrate in una Clinica Ostetrica nel periodo 1995-2019.
Inoltre, sono ricorsi all’analisi di regressione logistica per determinare se ci fosse qualche effetto sullo sviluppo di preeclampsia derivante dall’impiego di uno dei quattro regimi di trattamento seguenti:
– ASA (n= 39 pazienti)
– idrossiclorochina (n=39)
– ASA e idrossiclorochina (n=43)
– Nessun farmaco (n=69)

Nel complesso, il 56% delle donne reclutate mostrava fattori di rischio significativi di preeclampsia, tra i quali una storia pregressa di malattia, una gestazione multifetale, ipertensione cronica, nefrite lupica o presenza di anticorpi antifosfolipidi (aPL). Un ulteriore 28% di pazienti presentava fattori di rischio moderati, quali il non aver avuto figli, un BMI >30 kg/m2 e un’età superiore a 35 anni.

Il tasso complessivo di preeclampsia nella popolazione in studio è stato del 13,2%, in linea con altri studi condotti nelle donne gestanti con lupus.
I tassi di preeclampsia nei 4 gruppi di trattamento sono stati i seguenti:
– 15,4% con ASA da sola
– 7,7% con idrossiclorochina da sola
– 14% con entrambi i farmaci
– 14,5% con nessuno dei farmaci in studio

Risultati principali
La probabilità di andare incontro a preeclampsia è risultata più bassa sia con  ASA che con idrossiclorochina. Nello specifico, l’impiego di ASA a dose ridotta a partire dalla 16esima settimana di gestazione è risultato associato ad un rischio più basso di preeclampsia rispetto al mancato utilizzo di ASA (aOR= 0,21; p<0,05).

L’impiego di idrossiclorochina a partire dal primo trimestre di gravidanza ha avuto, invece, un effetto moderato, non statisticamente complessivo (aOR= 0,47; p = 0,21).
La forza dell’associazione ha raggiunto, invece, la significatività statistica solo se si consideravano le gravidanze a rischio elevato (aOR= 0,28; p = 0,075).

I fattori associati ad un aumento del rischio erano l’attività di malattia elevata nel corso del primo trimestre (aOR= 4,55), un BMI >30 kg/m2 (aOR= 6,14), il presentare livelli elevati di aPL o la sindrome antifosfolipidi (aOR= 8,02), e una storia di preeclampsia  (aOR= 9,78).

Considerando solo le gravidanze a rischio elevato, solo l’elevata attività di malattia nel corso del primo trimestre di gravidanza che un BMI >30 kg/m2 si sono confermati predittori indipendenti di malattia (aOR=7,74 nel primo caso, 10,04 nel secondo).

Riassumendo
I risultati, da confermare, sono molto interessanti e suggeriscono come la valutazione del rischio nelle pazienti gestanti con lupus sia molto importante per profilare e individuare quelle pazienti che sono a rischio maggiore, per poterle finalmente trattare nel miglior modo possibile.

Bibliografia
14th International Congress on Systemic Lupus Erythematosus (LUPUS 2021) and the 6th International Congress on Controversies in Rheumatology and Autoimmunity (CORA). Oral Presentation. October 9, 2021.

Exit mobile version