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Diabete: scoperto come preservare le cellule β

Nei pazienti anziani con diabete, il mantenimento della stabilità dei livelli di emoglobina glicata in precisi intervalli target è associato a una minore probabilità di sviluppare complicanze microvascolari e macrovascolari, secondo i risultati di uno studio pubblicato sulla rivista BMJ Open Diabetes Research and Care. Il diabete aumenta il rischio di complicanze micro/macrovascolari e della mortalità. Le prime generano costi elevati relativi alle cure, stimati tra un terzo e la metà dei costi medici diretti, e la tendenza della loro incidenza sembra essere in aumento. Diversi studi hanno illustrato la relazione complessa tra il controllo glicemico e il danno d'organo, in particolare nel diabete di tipo 2. La riduzione dei livelli medi di emoglobina glicata (HbA1c) diminuisce il rischio di complicanze microvascolari, ma questo parametro potrebbe non influenzare in modo coerente il rischio di malattie cardiovascolari o di mortalità. Ulteriori informazioni sui rischi possono essere fornite dall’analisi della variabilità dell’HbA1c nel tempo, che è risultata essere un fattore di rischio significativo per complicanze e mortalità microvascolari e macrovascolari. La sua variazione in due visite successive è un fattore di rischio indipendente rispetto ai livelli medi per lo sviluppo di queste complicanze, così come di complicanze a breve termine come l'ipoglicemia. Un parametro che va oltre i livelli medi di HbA1c La definizione e il raggiungimento di intervalli target personalizzati di emoglobina glicata rappresenta un potenziale percorso per limitare la variabilità glicemica e per ridurre i rischi a breve e lungo termine, in particolare per i soggetti anziani. Andando oltre le misure della HbA1c media e della sua variabilità, è stata resa operativa una misura della sua stabilità nel tempo, definita come il tempo trascorso in un intervallo glicemico target (time in range, TIR). Questo parametro cattura la variabilità della HbA1c utilizzando intervalli target personalizzati con limiti superiore e inferiore. Viene espressa come la percentuale di volte in cui i livelli di HbA1c di un paziente rientrano in intervalli univoci ed è stato dimostrato che un TIR più elevato è associato a un minor rischio di malattia cardiovascolare e di mortalità. «In questo studio abbiamo valutato l'associazione della HbA1c e del time in range con lo sviluppo e la progressione delle complicanze e micro/macrovascolari del diabete in un ampio campione nazionale di soggetti anziani diabetici» hanno premesso gli autori. Uno studio su un campione molto ampio di diabetici I dati a livello nazionale sono stati ottenuti dai database del Veterans Affairs e di Medicare tra il 2004 e il 2016. Nell’analisi sono stati inclusi quasi 400mila pazienti di almeno 65 anni di età, ognuno dei quali disponeva di 4 anni di dati sufficienti a stabilirne i valori di HbA1c e TIR, composti da un periodo iniziale di 1 anno per determinare la presenza di complicanze del diabete e per stimare l'aspettativa di vita, e da un periodo di riferimento di ulteriori 3 anni per stabilire gli intervalli target di emoglobina glicata e del TIR. Le complicanze e le comorbidità sono state aggiornate annualmente utilizzando le informazioni cliniche dell'anno precedente per stabilire l'intervallo target di HbA1c e il TIR dell'anno successivo. Tutti i pazienti hanno avuto almeno 12 mesi di follow-up prima della conclusione del periodo di studio. Un potenziale marker di rischio di complicanze maggiori e di mortalità Nei modelli che controllavano le caratteristiche del paziente e i livelli medi di HbA1c è emerso che un minore time in range è associato a rischi più elevati di sviluppare nuove complicanze microvascolari e macrovascolari e della loro progressione verso condizioni più gravi. «I nostri studi precedenti hanno mostrato che un TIR inferiore è associato anche a un aumento del rischio di mortalità e ictus/infarto del miocardio» hanno osservato i ricercatori. «Questi risultati suggeriscono che il time in range è un potenziale marker di rischio di complicanze maggiori e di mortalità tra gli anziani con diabete». Nel loro insieme, questi studi evidenziano che la stabilità della HbA1c all'interno di intervalli target personalizzati può trasmettere informazioni importanti e indipendenti sul rischio, che vanno oltre i soli livelli medi di emoglobina glicata. Cosa aggiunge questo studio Le persone che hanno trascorso la minor quantità di tempo con valori di HbA1c all'interno del TIR presentavano rischi più elevati di complicanze microvascolari e macrovascolari, sia nei modelli non aggiustati che in quelli aggiustati. Tra i soggetti con complicanze preesistenti, un TIR inferiore è stato associato alla progressione o allo sviluppo di complicanze più gravi (nefropatia, malattie cardiovascolari e malattie vascolari periferiche). La valutazione del time in range è risultata essere un predittore indipendente delle complicanze del diabete. Bibliografia Mohr Dc et al. Association of hemoglobin A1c time in range with risk for diabetes complications. BMJ Open Diabetes Research and Care 2022. Leggi

Diabete di tipo 1: una nuova ricerca scopre come preservare le cellule β attraverso una combinazione contenente l’anticorpo anti-interleuchina-21 (IL-21) e liraglutide

Nei pazienti con diabete di tipo 1 di recente diagnosi un trattamento combinato contenente l’anticorpo anti-interleuchina-21 (IL-21) e liraglutide preserva il funzionamento delle cellule β rispetto al placebo, secondo i risultati di uno studio pubblicato su The Lancet Diabetes & Endocrinology.

Il diabete di tipo 1 è caratterizzato da una progressiva perdita della massa funzionale delle cellule beta, che richiede un trattamento insulinico. Scopo della ricerca era valutare se la combinazione dell’anticorpo anti-interleuchina (IL)-21 (per l’immunomodulazione transitoria e di basso grado) con liraglutide (per migliorare la funzione delle cellule) potesse consentire la sopravvivenza delle cellule β con un rischio ridotto di complicanze rispetto alla immunomodulazione tradizionale.

Per verificare questa ipotesi, i ricercatori hanno condotto uno studio di fase II multicentrico, randomizzato, controllato con placebo e in doppio cieco in 94 siti in 17 paesi tra novembre 2015 e febbraio 2019, che ha coinvolto pazienti con diagnosi recente di diabete di tipo 1 e funzione residuale delle cellule beta.

Un totale di 308 partecipanti sono stati assegnati in modo casuale a ricevere l’anticorpo anti-IL-21 più liraglutide, solo anticorpo, solo liraglutide o placebo, tutti in aggiunta a insulina. L’outcome primario era la variazione della concentrazione del peptide C stimolata dal test di tolleranza al pasto misto (MMTT) alla settimana 54 rispetto al basale. L’anti-IL-21 è stato somministrato per via endovenosa alla dose di 12 mg/kg ogni 6 settimane, mentre liraglutide è stata autosomministrata una volta al giorno come iniezioni sottocutanee, con una dose target di 1,8 mg.

Prima dell’inizio del trattamento sono stati misurati gli autoanticorpi contro l’insulina, la decarbossilasi dell’acido glutammico, il trasportatore di zinco-8 e l’antigene delle isole-2 e li hanno monitorati tramite test durante lo studio.

Un aiuto nel preservare la funzione insulare?
Dopo 54 settimane i ricercatori hanno osservato una diminuzione statisticamente significativa della concentrazione di peptide C stimolato da MMTT nei pazienti con diabete di tipo 1 sottoposti al trattamento di combinazione rispetto al gruppo placebo, che ha ricevuto metodi tradizionali di immunomodulazione (riduzione del 10% vs basale per il trattamento combinato e del 39% vs basale per il placebo, rapporto di trattamento stimato 1,48, p=0,0017). La riduzione dell’emoglobina glicata (HbA1c) è stata maggiore con tutti i trattamenti attivi rispetto al placebo.

«Questi risultati suggeriscono che la combinazione era significativamente migliore del placebo nel preservare la secrezione di insulina endogena» hanno affermato gli autori, facendo notare che «l’effetto era accompagnato da un mantenimento quasi completo della secrezione di peptide C basale a digiuno e da una riduzione di quasi un terzo della necessità di insulina esogena. Inoltre il beneficio della terapia di combinazione sembrava essere più pronunciato nelle persone con livelli di peptide C più bassi (≤0,6 nmol/l) al basale, forse riflettendo l’effetto benefico dell’anti-IL-21 nel preservare la restante funzione β – cellulare».

Il tasso di eventi ipoglicemici non differiva significativamente tra i gruppi di trattamento, tuttavia il gruppo con sola liraglutide ha mostrato un tasso inferiore di eventi rispetto al placebo. Non si sono verificati episodi di chetoacidosi diabetica. Sono stati segnalati quattro eventi avversi: 1 decesso (ritenuto non correlato allo studio), 1 coma, 1 paziente con polmonite e 1 paziente con edema cerebrale.

I limiti dello studio includevano la durata del trattamento di solo 1 anno e l’arruolamento di pazienti a cui era stato diagnosticato solo di recente il diabete di tipo 1. Non sono state valutate l’efficacia nei pazienti con diabete allo stadio iniziale e la sicurezza oltre le 80 settimane.

Gli autori hanno concluso che «la combinazione di anti-IL-21 e liraglutide potrebbe preservare la funzione delle cellule β nel diabete di tipo 1 di recente diagnosi. L’efficacia di questa combinazione sembra essere simile a quella osservata negli studi di altri interventi modificanti la malattia nel diabete di tipo 1, ma con un profilo di sicurezza apparentemente migliore».

Bibliografia
von Herrath M et al. Anti-interleukin-21 antibody and liraglutide for the preservation of β-cell function in adults with recent-onset type 1 diabetes: a randomised, double-blind, placebo-controlled, phase 2 trial. Lancet Diabetes Endocrinol. 2021 Apr;9(4):212-224.  Link

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