Benessere animale: Greenpeace contesta il bollino


Greenpeace contesta i criteri per il logo di certificazione del “benessere animale” sui prodotti alimentari di origine animale

Greenpeace contesta i criteri per il logo di certificazione del “benessere animale” sui prodotti alimentari di origine animale

Ancora non c’è, non si sa nemmeno quando nascerò, ma già è stata condannata!. Vittima di questo paradosso è l’etichetta alla quale starebbero lavorando congiuntamente i Ministeri delle politiche agricole e della salute.

L’ipotesi allo studio è quella di varare un sistema di certificazione su base volontaria del “benessere animale”: dovrebbe essere basato sul metodo europeo di classificazione “ClassyFarm” e dovrebbe portare, probabilmente, all’istituzione di un logo di certificazione del “benessere animale”, che potrebbe essere applicato ai prodotti alimentari di origine animale che rispondessero ai criteri stabiliti dai due ministeri.
Malgrado le informazioni su quel che sarà la normativa verso la quale ci sta indirizzando siano poche e frammentarie, la condanna è già stata nettamente espressa da Greenpeace: i criteri scelti sono assolutamente insufficienti a garantire un reale miglioramento del benessere animale. Le nuove etichette rischiano così di essere fuorvianti, illudendo le persone di poter acquistare prodotti più rispettosi del benessere animale, e penalizzanti per gli allevatori virtuosi, già impegnati in una vera transizione dei sistemi di allevamento, i cui prodotti verrebbero equiparati a quelli provenienti dagli allevamenti intensivi”.

Le norme varate a livello europeo hanno già inciso negli allevamenti stabilendo misure minime per ciascuna tipologia animale: ultimo esempio quello che impone la scomparsa delle gabbie per i polli e le galline.

Ma Greenpeace chiede di adottare criteri più ambiziosi che portino a una certificazione con diversi livelli progressivi di benessere animale, al chiuso e all’aperto, per incoraggiare gli allevatori a migliorare gradualmente i metodi di allevamento puntando ad una progressiva riduzione delle densità animali e al superamento dei metodi di allevamento intensivi. “Una classificazione di tipologia simile a quella già in uso per le uova” indica Greenpeace. Cosa abbia in animo il Governo, comunque, per il momento non è noto.