Leucemia linfoblastica: niente chemio con blinatumomab


Leucemia linfoblastica acuta: nuove prospettive di cura senza chemioterapia da due studi italiani con blinatumomab

Leucemia linfoblastica acuta B

Per la prima volta una leucemia linfoblastica dell’adulto può essere curata senza chemioterapia. Il risultato di uno studio clinico condotto dal Gruppo Italiano Malattie EMatologiche dell’Adulto (GIMEMA), supportato da Amgen Italia e presentato al Congresso EHA 2021, mette  in luce il cambio di passo nel trattamento della Leucemia Linfoblastica Acuta (LLA) originata da precursori delle cellule B, grazie a blinatumomab, il  primo anticorpo bispecifico che si avvale dell’innovativa piattaforma BiTE.

Si tratta dello Studio GIMEMA LAL 2116 D-ALBA, che apre la strada a una terapia senza chemio grazie all’utilizzo di blinatumomab in prima linea in pazienti adulti con LLA “Philadelphia positiva”.

Notevoli i risultati preliminari del secondo studio italiano GIMEMA LAL 2317, presentato al Congresso Europeo di Ematologia che dimostrano, per la prima volta, l’efficacia in prima linea di blinatumomab, in aggiunta a chemioterapia, nell’eradicare la Malattia Minima Residua (MRD) in pazienti adulti con LLA, negativa per il cromosoma Philadelphia.

La LLA è un tumore  del sangue dovuto alla proliferazione di elementi immaturi del tessuto linfatico, denominati linfoblasti, di tipo B e di tipo T, che si espandono molto velocemente nel midollo osseo dove origina la malattia. L’incidenza di questa patologia, che è sostanzialmente abbastanza rara e si osserva più frequentemente nei bambini, meno negli adulti, nel soggetto adulto tra i 20 e i 70 anni, non arriva a un nuovo caso per 100.000 persone per anno. Si stima che in Italia ogni anno circa 830 persone ricevano una diagnosi di LLA (400 in età pediatrica e 430 adulti).

Il trattamento standard nella LLA è la chemioterapia, somministrata in cicli di trattamento che si compongono di  tre fasi: quella d’induzione, con lo scopo di eliminare la maggior parte delle cellule leucemiche, quella di consolidamento, che mira a distruggere le cellule leucemiche residue e la fase di mantenimento, che ha l’obiettivo di prevenire la ricomparsa di nuove cellule leucemiche e quindi la ripresa di malattia nei pazienti che rispondono alle prime due fasi.

Nei pazienti ad alto rischio, che non rispondono alla chemioterapia di induzione o che vanno incontro a recidiva poco dopo la terapia, il trattamento d’elezione è il trapianto allogenico (da donatore diverso dal paziente) di cellule staminali emopoietiche.

“La Leucemia Linfoblastica Acuta è una malattia non molto frequente, ma estremamente grave – dichiara Renato Bassan, Direttore U.O. di Ematologia AULSS3 Serenissima –  e nell’ambito oncoematologico è sempre stata quella all’avanguardia per sperimentare nuovi farmaci e strategie di trattamento. Questo ha fatto sì che ci siano stati, nel corso degli anni, molti progressi, molto più nei bambini che negli adulti”.

“Nell’ultimo decennio – continua il Professor Bassan – sono entrati nell’armamentario terapeutico alcune novità che si sono aggiunte alla chemioterapia e ai trapianti. Si tratta di una attività di ricerca continua, che manifesta i suoi effetti positivi sul piano clinico. Stiamo, infatti, progressivamente assistendo a un incremento delle percentuali di guarigione in gruppi di pazienti diversi, di differenti età.”

Il 30% dei pazienti adulti affetti da LLA (in Italia circa 130 nuovi casi all’anno) esprime un’alterazione cromosomica “Philadelphia positiva” che determina una prognosi particolarmente aggressiva e con elevati rischi di recidiva.

Proprio per questo sottogruppo di pazienti lo Studio GIMEMA LAL 2116 D-ALBA apre nuove prospettive. I risultati presentati all’EHA rappresentano un aggiornamento con un follow-up più lungo dei dati precedentemente pubblicati nell’ottobre del 2020 sul New England Journal of Medicine e confermano che blinatumomab in prima linea senza chemioterapia si dimostra un trattamento efficace e tollerabile in questi pazienti a prognosi infausta.

Questo studio ha coinvolto tutte le principali ematologie italiane, introducendo per la prima volta un regime di trattamento di prima linea senza chemioterapia, basato sulla somministrazione di dasatinib (un inibitore della tirosin chinasi) in associazione con steroidi seguito da almeno 2 cicli di blinatumomab.

Nell’aggiornamento di questo studio sono stati presentati i dati relativi a 63 pazienti (età media 54 anni) che confermano un alto tasso di risposte molecolari. Emerge, infatti, che l’80% dei pazienti è libero da malattia e vivo a due anni e il 90% di questi ha raggiunto un tasso di negatività MRD.

“Questo nuovo protocollo di trattamento, che vede la somministrazione di blinatumomab insieme a un inibitore delle tirosin chinasi e a steroidi, ha due principali vantaggi per le persone con LLA positiva al cromosoma Philadelphia – continua il Professor Bassan – In primo luogo una maggior facilità d’utilizzo rispetto ai chemioterapici, che implicano tossicità importanti; inoltre si permette di evitare il trapianto allogenico da donatore in una percentuale importante di pazienti, e anche questo è un passo avanti considerevole in termini di riduzione della tossicità”.

Anche la prognosi dei pazienti adulti affetti da LLA negativa per il cromosoma Philadelphia (in Italia circa 300 nuovi casi l’anno) è migliorata significativamente negli ultimi anni, soprattutto grazie a terapie mirate a eradicare la Malattia Residua Minima (MRD).

A questo riguardo lo Studio GIMEMA LAL 2317 – anch’esso presentato all’EHA ha incorporato nel trattamento di prima linea due cicli di blinatumomab in aggiunta alla chemioterapia, con l’obiettivo di migliorare le risposte MRD e prolungare la sopravvivenza dei pazienti.

Nello studio sono stati arruolati 149 pazienti (età media 41 anni) in tutte le principali ematologie italiane, di cui quasi la metà era a rischio alto o molto alto. Dopo un solo ciclo di blinatumomab l’eradicazione della Malattia Residua Minima è aumentata dal 73% al 96%. A un anno l’83,8% dei pazienti era vivo e il 71,6% era libero da malattia.

Questi risultati preliminari confermano l’efficacia di blinatumomab, in aggiunta alla chemioterapia, nell’eradicare la MRD nel trattamento di prima linea di pazienti con LLA negativa per il cromosoma Philadelphia, determinando una diminuzione del tasso di recidiva indipendentemente dalla classe di rischio dei pazienti.

“Questo ampio Studio tutto italiano, portato a termine in tempi brevi, in un numero considerevole di Centri di tutto il territorio nazionale – conclude il Professor Bassan – ha confermato il miglioramento dei parametri che si volevano perfezionare. Avendo dimostrato nel corso degli anni di essere un farmaco assai promettente nelle recidive, si è deciso di impiegare blinatumomab anche in un trattamento di prima linea. Lo studio GIMEMA LAL 2317 riveste un’importanza notevole, in quanto è il primo studio al mondo concluso, con dati pubblicati (come abstract al congresso EHA 2021) sull’utilizzo di  blinatumomab nella terapia di prima linea”.