Covid: livelli acuti di stress nel personale sanitario


La pandemia ha provocato nel 40% del personale sanitario reazioni acute di stress: ad aggravarle anche il tempo trascorso con i pazienti e le loro famiglie

La pandemia ha provocato nel 40% del personale sanitario reazioni acute di stress: ad aggravarle anche il tempo trascorso con i pazienti e le loro famiglie

La pandemia ha provocato nel 40 per cento del personale sanitario reazioni acute di stress tanto più aggravate dalla vicinanza e dal tempo trascorso con i pazienti e le loro famiglie.

Il quadro emerge da una rilevazione condotta su un campione di 184 partecipanti provenienti da 43 Paesi e 5 continenti diversi, nel periodo compreso tra il 1 maggio ed il 15 giugno 2020. Lo studio pubblicato sul “Journal of Environmental Research and Public Health” è stato condotto all’Università di Pisa da Angelo Gemignani insieme a Ciro Conversano e a Graziella Orrù, con la collaborazione dell’Auxilium Vitae Rehabilitation e la Fondazione Volterra Ricerche ONLUS.

Le donne hanno mostrato effetti maggiori rispetto agli uomini (47,3% contro 34,4%). I livelli di stress appaiono particolarmente critici negli operatori sanitari in prima linea (47,5%) e negli operatori sanitari esposti alla morte di pazienti infetti (67,1%). “L’esposizione diretta al dolore dei pazienti, alla loro sofferenza psicologica e morte ha significativamente contribuito allo sviluppo in medici e infermieri di una reazione acuta assimilabile al disordine da stress post-traumatico con un quadro clinico che generalmente comprende umore negativo, sintomi dissociativi e alterazioni della reattività”, spiega Ciro Conversano dell’Ateneo pisano. L’indagine, condotta attraverso un questionario on line, ha raccolto informazioni riguardanti i dati sociodemografici e l’esperienza personale e professionale durante la diffusione dell’epidemia. Altri aspetti presi in considerazione sono stati la gestione della pandemia dal punto di vista organizzativo ospedaliero, il livello di emergenza percepito, la percezione dello stress, la presenza di sintomi tipici del disturbo da stress traumatico secondario, il burnout e, infine, il grado di resilienza ed autoefficacia. “I risultati ottenuti mostrano una situazione preoccupante che dovrebbe far riflettere sulle possibili implicazioni dell’impatto della pandemia a lungo termine – conclude Conversano –. In questo contesto, come comunità scientifica abbiamo ritenuto fondamentale cominciare a comprendere ed indagare lo stato di salute fisico e mentale degli operatori sanitari, professionisti che per primi si sono ritrovati a dover fronteggiare una crisi di portata mondiale, sprovvisti fin dal principio di tutto, a partire dalle conoscenze specifiche sul Sars-CoV-2 finanche ai materiali necessari alla lotta quotidiana all’epidemia”.