Leucemia linfatica cronica: pirtobrutinib promettente


Leucemia linfatica cronica: arrivano dati molto promettenti sull’impiego del nuovo inibitore di BTK pirtobrutinib

Pirtobrunitib agisce su cellule Leucemia linfatica cronica sangue

Il farmaco sperimentale pirtobruinib, appartenente alla terza generazione di inibitori della tirosina chinasi di Bruton (BTK), ha prodotto tassi di risposta impressionanti in pazienti con neoplasie ematologiche delle cellule B fortemente pretrattati, compresi quelli già esposti a farmaci appartenenti alla stessa classe, in uno studio di fase 1/2, lo studio BRUIN, recentemente pubblicato sulla rivista The Lancet.

Tasso di risposta superiore al 60%, a prescindere dai trattamenti precedenti
Nei 139 pazienti valutabili, con leucemia linfocitica cronica o linfoma dei piccoli linfociti (la coorte più grande dello studio) il tasso di risposta globale (ORR) ottenuto con pirobrutinib a tutte le dosi, è risultato del 63% (IC al 95% 55-71).

Inoltre, in questo gruppo di pazienti, l’ORR non è risultato influenzato dal tipo di trattamento ricevuto in precedenza. Nei pazienti già trattati con un inibitore di BTK, un inibitore di Bcl-2, un inibitore della PI3K o con un inibitore di BTK/BCL2, l’ORR è risultato rispettivamente del 62% (IC al 95% 50-78), 65% (IC al 95% 50-78), 60% (IC al 95% 41-77) e del 64% (IC al 95% 49-78).

In occasione della presentazione dei risultati preliminari dello studio al congresso annuale dell’American Society of Hematology (ASH), lo scorso anno, il primo autore dello studio Anthony R. Mato, del Memorial Sloan Kettering Cancer Cancer di New York, aveva sottolineato ch,e sebbene si trattasse di dati, appunto, iniziali, erano i primi dati prospettici che mostravano un’attività altamente significativa e remissioni durevoli di un inibitore di BTK in pazienti che avevano precedentemente interrotto un inibitore di BTK a causa della progressione della malattia.

Sono stati ottenuti risultati positivi anche in pazienti con linfoma mantellare, che hanno ottenuto un ORR del 52% (IC al 95% 38-65), e in un piccolo gruppo di pazienti con macroglobulinemia di Waldenström nei quali si è registrato un ORR del 68% (IC al 95% 44-87), con livelli di risposta quasi identici per quei pazienti trattati in precedenza con un inibitore di BTK. Inoltre, su otto pazienti con linfoma follicolare si sono ottenute risposte in quattro di essi.

«Che fosse un farmaco con ottima attività clinica e un buon profilo di tollerabilità, era evidente già prima di avere analizzato i dati» ha dichiarato Jennifer Brown, del Dana-Farber Cancer Institute di Boston, co-autrice dell’articolo.

Gli inibitori di BTK attualmente disponibili, ibrutinib, acalabrutinib e zanubrutinib, sono tutti inibitori covalenti, irreversibili e altamente efficaci, ma i pazienti trattati con questi farmaci spesso vanno incontro a progressione, in quanto sviluppano resistenze a causa di mutazioni che si verificano a livello del residuo cisteinico C481 nel sito di legame degli inibitori.

Nel sottogruppo di pazienti con leucemia linfatica cronica/linfoma a piccoli linfociti, i dati di ORR sono risultati simili indipendentemente dalla presenza o assenza di mutazioni del residuo C481 (rispettivamente 71% e 66%).

Lo studio BRUIN
Lo studio BRUIN è un trial di fase 1/2 nel quale sono state valutate efficacia e sicurezza di pirtobrutinib in 323 pazienti con leucemia linfatica cronica/linfoma a piccoli linfociti (170 pazienti), linfoma mantellare (61 pazienti), macroglobulinemia di Waldenström (26 pazienti) e altre neoplasie (26 pazienti).

Nella fase 1 dello studio sono state somministrate dosi crescenti, partendo da 25 mg fino ad arrivare a 300 mg una volta al giorno, e non sono emerse dose-limitanti. Nella fase 2 i pazienti hanno ricevuto una dose di 200 mg.

A prescindere dal tipo di neoplasia, i pazienti erano stati sottoposti a una mediana di tre linee di trattamento precedenti; il 76 % era già stato trattato con un inibitore di BTK di prima generazione, l’87% con la chemioterapia, il 94% con un anticorpo anti-CD20, il 25% con l’inibitore di Bcl-2 venetoclax. Alcuni pazienti erano stati trattati anche con inibitori della PI3K, con lenalidomide o erano stati sottoposti al trapianto di cellule staminali o a terapie cellulari.

Profilo di sicurezza
Per quanto riguarda il profilo di sicurezza, li eventi avversi di qualsiasi grado più comunemente riportati sono stati astenia (20%), diarrea (17%) e contusioni (13%), mentre quelli digrado 3 o 4 sono stati neutropenia (10%), anemia (4%), astenia (1%), cefalea (1%), più dolore addominale, dispnea, stipsi e febbre in meno dell’1% dei pazienti ciascuno.

Inoltre, si sono registrati casi di fibrillazione atriale nell’1% dei casi, ma nessuno di grado 3 o superiore, come non si sono osservati casi di flutter di grado 3 o 4, (evento che si riscontra con gli inibitori di BTK di generazione precedente) e solo l’1% dei pazienti ha interrotto il trattamento a causa di tossicità.

Inoltre, ci sono stati pochi casi di infezione e nessuno di grado severo.

Il commento degli esperti
L’ insorgenza di resistenze a causa di mutazioni del sito di legame sono un problema che limita l’efficacia degli inibitori di BTK. «Relativamente alle resistenze indotte dalle mutazioni, pirtobrutinib offre particolari vantaggi», hanno osservato Jean-Marie Michot e Vincent Ribrag, entrambi dell’Institut Gustave Roussy di Villejuif (Francia), nell’editoriale di commento.

«In primo luogo, la selettività di pirtobrutinib per il BTK sembra essere maggiore; sebbene, manchino ancora dati farmacologici completi per conoscere in modo più dettagliato l’attività della chinasi. In secondo luogo, questa molecola non si lega al residuo C481 del sito di legame della BTK e, dunque, l’efficacia del farmaco non è influenzata da mutazioni che possono insorgere a quel livello. Queste due caratteristiche rappresentano un ulteriore potenziale armamentario del farmaco sia in termini di attività terapeutica, sia in termini di tossicità limitata alla sede bersaglio» hanno sottolineato i due esperti

Riguardo al rischio infettivo, hanno aggiunto Michot e Ribrag, «dal momento che un’elevata inibizione di BTK può teoricamente ridurre le difese dell’organismo contro le infezioni, sarebbe interessante valutare gli effetti sulle infezioni e in generale sul sistema immunitario, con un follow-up a lungo termine».

Riferimenti
Mato AR, et al. Pirtobrutinib in relapsed or refractory B-cell malignancies (BRUIN): A phase 1/2 study. Lancet 2021; doi: 10.1016/S0140-6736(21)00224-5. Link