Mieloma multiplo: seconda indicazione per isatuximab


Mieloma multiplo recidivato: il Chmp raccomanda l’approvazione di isatuximab con carfilzomib e desametasone dopo una precedente terapia

Mieloma multiplo: seconda indicazione per isatuximab

Il Comitato per i medicinali per uso umano (CHMP) dell’Agenzia europea per i medicinali ha adottato un parere positivo per una seconda indicazione di isatuximab, in combinazione con carfilzomib e desametasone (Kd), per il trattamento di pazienti adulti con mieloma multiplo (MM) che hanno ricevuto almeno una terapia precedente.

Isatuximab è attualmente approvato nell’Unione Europea (UE) come terapia in combinazione con pomalidomide e desametasone per il trattamento di pazienti adulti con mieloma multiplo recidivato e refrattario che hanno ricevuto almeno due terapie precedenti tra cui lenalidomide e un inibitore del proteasoma e hanno dimostrato una progressione della malattia all’ultima terapia.

L’uso di isatuximab in combinazione con carfilzomib e desametasone non è attualmente approvato nell’UE, ma la decisione finale se espandere l’indicazione è attesa dalla Commissione Europea nei prossimi mesi.

Studio di fase 3
Il parere positivo del CHMP si basa sui dati dello studio di fase 3 IKEMA, uno studio clinico randomizzato, multicentrico e in aperto che ha arruolato 302 pazienti con mieloma multiplo recidivato in 69 centri di 16 Paesi. L’endpoint primario di IKEMA era la sopravvivenza libera da progressione (PFS).

End point primario
Mentre la PFS mediana, definita come tempo alla progressione di malattia o morte, per Kd era di 19,15 mesi, la PFS mediana per i pazienti trattati con isatuximab in combinazione con carfilzomib e desametasone (terapia di combinazione isatuximab; n=179) non era stata raggiunta al momento dell’analisi ad interim pianificata. La terapia di combinazione isatuximab ha ridotto il rischio di progressione di malattia o morte del 47% ( hazard ratio 0,531, 99% CI 0,318-0,889, p=0,0007) rispetto al solo Kd, standard di cura nei pazienti con MM.

End point secondari
Gli endpoint secondari dello studio IKEMA hanno valutato la profondità di risposta della terapia di combinazione isatuximab rispetto al Kd, compreso il tasso di risposta globale (ORR), la risposta completa (CR), la risposta parziale molto buona (VGPR) e la negativizzazione della malattia minima residua (MRD). Non c’è stata una differenza statisticamente significativa nell’ORR, che è rimasto simile nei due bracci, all’86,6% per la terapia di combinazione isatuximab contro l’82,9% per il Kd (p=0,1930). Il tasso di CR era del 39,7% nel braccio della terapia combinata con isatuximab e del 27,6% nel braccio Kd. I

l tasso di VGPR era del 72,6% per i pazienti che ricevevano la terapia di combinazione isatuximab e del 56,1% per i pazienti che ricevevano Kd. La risposta completa MRD-negativa è stata osservata nel 29,6% dei pazienti nel braccio della terapia di combinazione isatuximab rispetto al 13% dei pazienti nel braccio Kd, indicando che quasi il 30% dei pazienti trattati con la terapia di combinazione isatuximab ha raggiunto livelli non rilevabili di MM con sensibilità 10-5 come determinato con sequenziamento di nuova generazione (NGS). Al momento dell’analisi ad interim, i dati sulla sopravvivenza globale (OS) erano ancora immaturi.

Profilo di sicurezza
Le reazioni avverse più frequenti (≥20%) sono state reazioni all’infusione (45,8%), ipertensione (36,7%), diarrea (36,2%), infezione del tratto respiratorio superiore (36,2%), polmonite (28,8%), affaticamento (28,2%), dispnea (27,7%), insonnia (23,7%), bronchite (22,6%) e mal di schiena (22,0%). Reazioni avverse gravi si sono verificate nel 59,3% dei pazienti che hanno ricevuto la terapia di combinazione isatuximab e nel 57,4% dei pazienti che hanno ricevuto Kd. La reazione avversa grave più frequente è stata la polmonite (21,5%). L’interruzione definitiva del trattamento a causa di reazioni avverse è stata riportata nell’8,5% dei pazienti trattati con la terapia di combinazione isatuximab e nel 13,9% dei pazienti trattati con Kd. Eventi avversi fatali sono stati riportati nel 3,4% dei pazienti trattati con la terapia di combinazione isatuximab e nell’1,6% dei pazienti trattati con Kd.