Recchi: ecosistema marino risorsa da proteggere


Ecosistema marino: una risorsa da proteggere. L’allarme rilanciato da Alberto Luca Recchi, esploratore e fotografo subacqueo specializzato in squali e balene

Ecosistema marino: una risorsa da proteggere. L'allarme rilanciato da Alberto Luca Recchi, esploratore e fotografo subacqueo specializzato in squali e balene

Il mare è uno degli ambienti più sfruttati del Pianeta. Secondo numerosi report di associazioni ambientaliste il 33% degli stock ittici mondiali monitorati è sfruttato in eccesso e più del 60% è sfruttato al massimo delle proprie capacità. Nel mondo, 3 miliardi di persone consumano pesce, cosicché il drammatico impatto della pesca insostenibile mette a rischio non solo gli stock ittici, ma anche il sostentamento delle popolazioni. Una situazione peggiorata poi dagli effetti del cambiamento climatico globale come acidificazione, riscaldamento delle acque, aumento del livello del mare.

Un allarme rilanciato da Alberto Luca Recchi, esploratore e fotografo subacqueo specializzato in squali e balene, oltre che scrittore e giornalista. L’occasione è stata l’intervento al forum “La medicina del mare” nell’ambito del Festival della Salute 2020 delle settimane scorse a  Siena.

“Il mare è la vita, non è solo fonte di cibo. Ci cura, ci dà l’ossigeno: ogni due respiri che facciamo uno viene dal mare, grazie a delle piccolissime alghe che catturano anidride carbonica e ridanno ossigeno. Siccome poi è l’ambiente che decide la nostra esistenza con il premio della sopravvivenza o con la punizione della morte, si può affermare che il mare non è la medicina ma la fonte della vita” ha esordito Recchi.

“L’uomo ha modificato gli ecosistemi in diversi modi e le risorse ittiche sono state depauperate a più riprese. Oltre la metà delle specie animali del mare sono in via di estinzione, e anche se i ragazzi di oggi hanno una spiccata sensibilità per queste tematiche non sono troppo ottimista. Oggi abbiamo la fortuna di sapere queste cose e abbiamo una grande responsabilità- ha aggiunto -. Dobbiamo porci domande che i nostri antenati non potevano farsi e una di queste riguarda proprio l’uccisione degli animali a scopo alimentare. Fino a dove è lecito uccidere e spezzare la catena della vita, che va dai batteri al vicino di casa?”.