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Malattia coronarica cronica: colchicina ogni giorno efficace

Anche con il diabete sotto controllo il rischio di malattie cardiache aumenta del 20 per cento: lo conferma una nuova ricerca pubblicata su Circulation

Malattia coronarica cronica: la colchicina assunta ogni giorno a 0,5 mg riduce il rischio di eventi cardiovascolari maggiori

La colchicina assunta a una dose giornaliera di 0,5 mg riduce in modo sicuro il rischio di eventi cardiovascolari maggiori nei pazienti con malattia coronarica cronica, secondo i risultati dello studio randomizzato LoDoCo2 controllato con placebo, presentato al Congresso ESC 2020 e pubblicato in contemporanea sul “New England Journal of Medicine”.

«In un decennio, più di un malato di cuore su tre avrà un altro infarto o un ictus, o morirà per malattie cardiache, nonostante l’assunzione di farmaci preventivi» ha detto l’autore dello studio, Mark Nidorf, specialista di imaging cardiovascolare presso GenesisCare, il più grande fornitore private di cure oncologiche e cardiache a Perth, in Australia. «Il nostro studio mostra che questa quota potrebbe essere ridotta a uno su quattro con l’aggiunta di basse dosi di colchicina».

«LoDoCo2 fornisce una forte evidenza a sostegno del riutilizzo della colchicina per la prevenzione secondaria di routine in pazienti con malattia coronarica cronica» ha ribadito Nidorf.

Serie di studi a supporto dell’ipotesi infiammatoria delle malattie cardiovascolari
La colchicina, originariamente derivata dal bulbo della pianta del croco, è stata utilizzata fin dall’antichità per curare l’infiammazione. Ora è prodotta sinteticamente ed è un farmaco generico usato per curare la gotta. Il farmaco inibisce anche diverse vie infiammatorie note per essere importanti nell’aterosclerosi.

Lo studio pilota LoDoCo (Low Dose Colchicine), pubblicato nel 2013, ha suggerito che la colchicina 0,5 mg una volta al giorno era sicura ed efficace per la prevenzione cardiovascolare di eventi in pazienti con malattia coronarica, ma era piccolo e non prevedeva un placebo.

Quindi, nel 2017, CANTOS ha rinnovato l’entusiasmo mostrando una modesta riduzione dei principali eventi cardiovascolari con l’anticorpo monoclonale umano canakinumab nei pazienti con CAD stabile. Eppure le speranze hanno cominciato a svanire quando il produttore del farmaco ha deciso di non perseguire un’indicazione CV.

Poi, alla fine del 2019, è emerso un nuovo interesse grazie a COLCOT, con oltre 4.700 pazienti che avevano recentemente subito un IM: LoDoCo2 chiude il ciclo concentrandosi, ancora una volta, sulla malattia coronarica cronica.

Arend Mosterd (Meander Medical Center, Amersfoort, Paesi Bassi), uno dei ricercatori LoDoCo2, ha spiegato perché i dati sono persuasivi. «Abbiamo ora un secondo grande studio sugli esiti cardiovascolari dopo COLCOLT, che mostra i benefici di un farmaco antinfiammatorio, la colchicina, in una dose bassa che è ampiamente disponibile e potrebbe essere prescritta ai nostri pazienti» ha detto, sottolineando che è già indicata per la pericardite.

L’infiammazione, ha aggiunto Mosterd, è un «nuovo pilastro nel trattamento della malattia coronarica». La colchicine, ha aggiunto, dovrebbe svolgere un ruolo più rilevante nella terapia medica.

Alla fine dell’anno scorso, lo studio COLCHICINE-PCI ha dimostrato che la colchicina, somministrata per via orale prima della PCI in una popolazione generale, non riduce il danno miocardico correlato alla procedura ma sembra attenuare la risposta infiammatoria. CLEAR-SYNERGY, ora in corso, sta esaminando il periodo acuto, peri-STEMI.

Arruolati oltre 5.000 pazienti in Australia e Paesi Bassi
Lo studio LoDoCo2 ha randomizzato 5.552 pazienti arruolati in Australia e nei Paesi Bassi – pazienti con con malattia coronarica cronica (qualsiasi evidenza su angiografia invasiva o TC o un punteggio del calcio dell’arteria coronarica ≥ 400 unità Agatston), che erano stati clinicamente stabili per almeno 6 mesi e che tolleravano la colchicina – nel corso di una fase di run-in in aperto di 30 giorni, a colchicina 0,5 mg al giorno o placebo corrispondente su una uno sfondo di terapia ipolipemizzante e antitrombotica.

L’età media era di 66 anni e il 15,3% erano donne. L’84,4% aveva una storia di ACS, anche se per la maggior parte il loro evento era accaduto più di 2 anni prima. Al basale, il 99,7% stava assumendo un antiaggregante o un anticoagulante, il 96,6% un agente ipolipemizzante, il 62,1% un beta-bloccante e il 71,7% un inibitore del sistema renina-angiotensina-aldosterone.

L’endpoint primario era un composito di morte cardiovascolare, infarto del miocardio, ictus ischemico o rivascolarizzazione coronarica guidata dall’ischemia.
Alla fine, il 10,5% degli individui in ciascun gruppo ha interrotto prematuramente il regime a cui era stato assegnato.

Tuttavia, nel corso di una durata mediana del follow-up di 28,6 mesi, gli eventi dell’endpoint primario sono stati ridotti dalla colchicina (6,8%; 187 eventi) rispetto al placebo (9,6%; 264 eventi). Questi tassi ammontavano a un’incidenza di 2,5 eventi per 100 persone-anno per la colchicina e a 3,6 eventi per 100 persone-anno per il placebo (HR 0,69; 95% IC 0,57-0,83; p <0,001).

Esiti coerenti all’endpoint primario nei sottogruppi
Quando i componenti dell’endpoint primario sono stati analizzati separatamente, è stato osservato un trend coerente in tutti gli elementi e – tra I sottogruppi – anche l’infarto miocardico e la rivascolarizzazione coronarica guidata dall’ischemia erano entrambe significativamente meno frequenti nel gruppo colchicina.

La morte non cardiovascolare è stata leggermente ma significativamente più alta con la colchicina che con il placebo, attestandosi a 0,7 contro 0,5 eventi per 100 persone-anno (HR 1,51; IC 95% 0,99-2,31).

Positivo profilo di tollerabilità e sicurezza
Più del 90% dei pazienti era tollerante alla colchicina in aperto. Di quelli che erano intolleranti, la maggior parte ha riportato sintomi gastrointestinali transitori. Nei pazienti randomizzati nello studio, la colchicina a basso dosaggio era ben tollerata a lungo termine: il tasso di interruzione permanente è stato basso (<10%) e simile a quelli che prendevano il placebo.

Durante un follow-up massimo di cinque anni, la colchicina a basso dosaggio non è stata associata ad alcun effetto avverso grave. La neutropenia e la miotossicità erano rare e non più frequenti con il farmaco rispetto al placebo. Non sono stati riscontrati effetti sfavorevoli con la terapia combinata con statine anche a dosi elevate di tali farmaci.

Anche il rischio di infezione tale da portare al ricovero in ospedale o alla morte, o un cancro nuovo o fatale non sono risultati diversi dal placebo.

In termini di effetti collaterali, la colchicina è stata associata in modo significativo a meno gotta (1,4% vs 3,4%) ma a più mialgia (21,2% vs 18,5%).

Limitazioni dello studio
Nel LoDoCo2 c’erano alcune limitazioni, come gli stessi ricercatori riconoscono nel loro articolo. Lo studio non ha raccolto i dati di pressione arteriosa o i livelli dei lipidi al basale o durante lo studio. Né la proteina C-reattiva e altri segni di infiammazione sono stati valutati di routine, il che significa che – specificano – «non possiamo esplorare gli effetti del trattamento in base allo stato infiammatorio al basale».

Un altro aspetto, dicono, è la bassa percentuale di donne, «che è stata inferiore a quanto ci si aspetterebbe» osservano i ricercatori «data la percentuale di donne con malattia coronarica cronica nella popolazione generale».

Il parere di uno dei massimi esperti mondiali di pericardio
Massimo Imazio, dell’Università di Torino, ha convenuto al termine della relazione di Nidorf che LoDoCo2 «fornisce prove convincenti che la colchicina è sicura ed efficace per la prevenzione secondaria nelle sindromi coronariche croniche, ovviamente, se tollerata».

L’esperienza in pazienti con la malattia pericardica – ha proseguito Imazio – mostra che, a questo proposito, è importante utilizzare basse dosi e non somministrare una dose di carico. Inoltre, ha sottolineato che nello studio LoDoCo originale circa il 10% dei pazienti trattati con colchicina aveva avuto «intolleranza gastrointestinale».

LoDoCo2 ha affrontato questa problematica «molto saggiamente», sottolinea Imazio, con un periodo di run-in in aperto, solo dopo aver randomizzato i pazienti che erano stabili, senza effetti collaterali, aderenti al regime e ancora disposti a iscriversi allo studio. Dei 6.528 pazienti che avevano iniziato il periodo di run-in, il 15,4% non è stato randomizzato. Per il 6,7% di questi, il motivo è stato un disturbo gastrointestinale.

«Dobbiamo anche essere consapevoli dei potenziali effetti collaterali del farmaco e delle interazione; per i pazienti con sindromi coronariche esiste una potenziale interazione molto importante per esempio con le statine – e quindi è indicato soprattutto monitorare la conta delle cellule del sangue, le transaminasi e la creatinchinasi» ha aggiunto Imazio.

Nel complesso I dati sono positivi, ha concluso. «Penso che oggi abbiamo prove crescenti a sostegno della colchicina in aggiunta alla terapia medica standard per ridurre gli eventi cardiovascolari maggiori nei pazienti con sindromi coronariche croniche ma anche acute» del 23-31%.

I messaggi-chiave
Nidorf ha voluto infine concordare su un motivo di preoccupazione per un’interazione farmacologica, con l’antibiotico claritromicina. Questa, ha detto «interagisce in modo molto sfavorevole con le statine ma anche con la colchicina. E se vogliamo usare questo farmaco ampiamente, i medici dovranno imparare quali sono i farmaci da evitare. Questo sarà un punto importante di insegnamento».

In ogni caso, «lo studio» ha concluso Nidorf «ha confermato che la colchicina a basso dosaggio è stata tollerata a lungo termine e ha ridotto significativamente il rischio dell’endpoint primario di quasi un terzo. I benefici sono stati visti subito dopo l’inizio della terapia, hanno continuato ad accumularsi nel tempo, e sono stati osservati in pazienti che ricevevano già altre terapie efficaci di prevenzione».

Nidorf ha fatto inoltre notare che l’entità dell’effetto della colchicina sugli esiti cardiovascolari era coerente con quanto era stato riscontrato negli studi CANTOS e COLCOT. «I risultati dello studio LoDoCo2 stabiliscono che la colchicina va considerata come potenziale nuova opzione per la prevenzione a lungo termine degli eventi cardiovascolari nei pazienti con malattia coronarica cronica» ha affermato.

Riferimenti:
Nidorf SM, Fiolet ATL, Mosterd A, et al. Colchicine in Patients with Chronic Coronary Disease [published online ahead of print, 2020 Aug 31]. N Engl J Med. 2020;10.1056/NEJMoa2021372. doi:10.1056/NEJMoa2021372. leggi

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