Bielorussia nel caos: anche i medici denunciano le violenze


Bielorussia, migliaia di medici si uniscono nella denuncia della repressione: “Ospedali in stato di guerra, documentiamo le violenze”

Bielorussia nel caos: anche i medici denunciano le violenze

Gli ospedali della Bielorussia sono in stato di guerra: non fanno che ricevere manifestanti feriti dagli agenti di polizia durante cortei e sit-in pacifici: curano ferite da proiettili di gomma, ustioni, fratture, traumi ed escoriazioni da percosse. Ci sono anche donne e adolescenti. Alcuni sono stati picchiati cosi’ forte per strada o in carcere da arrivare svenuti o in coma. Tanti finisco in terapia intensiva o in rianimazione. Anche medici e infermieri subiscono violenze, se trovati a soccorrere i dimostranti fuori degli ospedali. E’ un disastro: la comunita’ internazionale deve intervenire”. Alexey Nosau e’ un medico di origini bielorusse, che da qualche anno risiede in Spagna. Parla con l’agenzia Dire nel giorno in cui il viceministro della Sanita’, Dmitri Pinevich, ha avvertito medici e paramedici che, se saranno sorpresi a partecipare ai cortei anti-governativi, saranno licenziati.

Sempre oggi un decreto emanato dal ministero della Salute ha abolito i referti medico-legali: “Non si potra’ piu’ chiedere una perizia dello stato di salute da utilizzare in tribunale, per denunciare ad esempio le percosse subite”, spiega ancora Nosau.

I professionisti della salute dal 9 agosto scorso, al termine delle elezioni presidenziali, hanno iniziato a soccorrere a titolo volontario i manifestanti rimasti feriti nelle dimostrazioni anti-governative scoppiate in tutta l’ex repubblica sovietica. Il movimento popolare contesta brogli alla base della sesta riconferma del presidente Aleksandr Lukashenko, in carica da 26 anni.

La risposta delle autorita’ e’ stata dura: “Calcoliamo almeno 2.000 feriti e 34 morti”, dice ancora Nosau alla Dire, citando i dati provvisori raccolti da un collettivo di 4.500 medici, infermieri, paramedici e autisti di ambulanze che in questi giorni, partendo dai dati raccolti negli ospedali, stanno compilando un database sulle violenze subite dalla popolazione.

“Il nostro obiettivo- assicura il medico, in collegamento Zoom dalla Spagna- e’ ottenere cifre veritiere della repressione, che smentiscano i dati falsi messi in circolazione dalle autorita’”.

I media attivisti denunciano che la stampa ufficiale bielorussia sta ignorando le proteste, gli scioperi e le varie inizative messe in atto dalla popolazione, rilanciando solo le dichiarazioni del capo dello Stato e dei suoi ministri che a piu’ riprese hanno negato le violenze e le torture contro i civili e le migliaia di manifestanti finiti agli arresti. I morti confermati ad oggi sarebbero solo tre.

I dati raccolti dal collettivo “serviranno a denunciare Lukashenko e il suo governo alla Corte penale internazionale per crimini contro l’umanita’“, avverte Alexey Nosau, che lancia un appello alle Nazioni Unite e all’Unione Europea, di cui Minsk non e’ stato membro: “Guardate cosa succede nel Paese: anche l’Organizzazione mondiale della sanita’ (Oms) deve prendere atto delle violenze commesse contro gli operatori medico-sanitari mentre soccorevvano i feriti in strada, oppure credere a numeri governativi sull’epidemia di Covid-19”, che secondo la comunita’ scientifica locale sarebbero molto piu’ elevati.

Proprio la crisi economica innescata dal coronavirus – contro cui le autorita’ non hanno mai implementato il lockdown – ha contribuito ad infiammare il dissenso. Le unita’ speciali antisommossa (Omon), denuncia ancora l’esponente del collettivo, avrebbero persino confiscato le ambulanze. Oltre alla minaccia di licenziare chi partecipa poi alle iniziative popolari, “ci sono colleghi che lamentano la sottrazione delle cartelle cliniche dai computer da parte della polizia. Sono costretti a fotografare gli schermi per salvare questi dati”, riferisce il medico.

Nosau conclude: “Nonostante questo clima repressivo, medici e operatori della sanita’ non si arrendono. Continueranno a manifestare finche’ Lukashenko non lascera’ la presidenza. L’Ue deve mediare il dialogo per una transizione pacifica del potere coinvolgendo esponenti di governo e dell’opposizione. E’ in ballo il futuro democratico del Paese”.

Le ong denunciano violenze e torture

Nell’ennesima giornata di proteste consecutive in Bielorussia contro il presidente Lukashenko, dai difensori dei diritti umani emergono accuse di torture nelle carceri a danno dei manifestanti arrestati. Dito puntato contro la ‘Omon’, il corpo speciale della polizia antisommossa, dispiegato da domenica notte nelle strade delle principali città per sgomberare i sit-in e i cortei pacifici dei cittadini che contestano l’irregolarità delle presidenziali del 9 agosto. Da allora, si parla di oltre 6.000 persone arrestate. Secondo il centro per i diritti umani Viasna, ieri centinaia di persone sono state rimesse in libertà a Minsk e a Zodzina, città a una sessantina di chilometri dalla capitale. Secondo l’ong non si conosce il numero esatto delle persone rilasciate, tuttavia molte di loro, una volta libere, hanno raccontato di aver subito percosse e torture, fisiche e psicologiche, e di essere state rinchiuse in celle sovraffollate senza ricevere cibo. Le forze di sicurezza sono accusate di pestaggi prolungati a danno dei dimostranti, alcuni hanno detto di aver subito l’elettroshock e anche abusi sessuali. Una donna due giorni fa ha pubblicato su Instagram un video in cui ha raccontato la sua esperienza: “picchiavano gli uomini e ho visto che se la sono presa perfino contro una ragazza di 15 anni” ha detto Olga Belasina, spiegando di aver assistito anche “ad accuse inventate da parte di poliziotti che non erano presenti al momento degli arresti”. Belasina avrebbe visto anche “un giovane disabile in sedia a rotelle, scaraventato a terra dai poliziotti e trascinato via”.

LEGGI ANCHE: VIDEO | Bielorussia, terza notte di cortei: la violenza sta aumentando

Bielorussia, i dubbi sulla fuga della rivale di Lukashenko: “Minacciata e costretta a scappare”

Alta tensione in Bielorussia: “Presidenziali farsa, almeno tre morti tra i manifestanti”

Stando ancora all’ong Viasna, Anastasya, una dottoressa arrestata il 12 agosto, ha raccontato che dalle finestre delle celle della sezione maschile della prigione “provenivano i rumori delle percosse e le urla dei ragazzi che venivano picchiati, anche di notte. Molti gridavano forte. Venivano costretti a cantare l’inno nazionale mentre venivano picchiati”. Accuse che troverebbero conferma nelle numerose foto che stanno circolando sui social network, e che mostrano grandi ematomi e ferite riportate dalle persone rilasciate. Il ministero degli Interni Bielorusso ha smentito le accuse di torture mentre sui media ufficiali del Paese non c’è menzione delle proteste in corso nel Paese. Se fino a mercoledì i cortei pacifici iniziavano la sera, ieri le persone sono scese in strada già dalla mattinata e anche stamani proseguono i sit-in pacifici nel Paese, a cui si aggiungono gli scioperi in diverse fabbriche. Le persone chiedono la fine della repressione e i risultati definitivi delle elezioni di domenica, che non sono stati ancora divulgati dalla Commissione elettorale. L’organismo tuttavia ha confermato la sesta vittoria consecutiva di Aleksandr Lukashenko con l’80 per cento dei consensi. Da parte sua, il capo dello Stato è tornato a dire che scioperi e proteste sono solo un tentativo di “destabilizzare il Paese”, quindi ha smentito voci che lo dichiaravano fuggito all’estero.