Schizofrenia: benefici da pimavanserina


Pimavanserina in aggiunta agli antipsicotici, efficace nel ridurre i sintomi negativi della schizofrenia secondo i risultati di una nuova ricerca

Pimavanserina in aggiunta agli antipsicotici, efficace nel ridurre i sintomi negativi della schizofrenia secondo i risultati di una nuova ricerca

Secondo una nuova ricerca – i cui risultati sono stati presentati alla conferenza virtuale dell’American Society of Clinical Psychopharmacology (ASCP) 2020 – il trattamento additivo con pimavanserina, antipsicotico atipico, è associato a un miglioramento significativo dei pazienti con schizofrenia che hanno sintomi prevalentemente negativi.

Il farmaco, che è approvato dalla US Food and Drug Administration (FDA), dall’European Agency for Medicines (EMA) e dall’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) per il trattamento di allucinazioni e deliri associati a psicosi nella malattia di Parkinson, appare efficace, sicuro  e ben tollerato.

Nessun trattamento approvato
«Circa il 40%-50% dei pazienti con schizofrenia soffre di sintomi negativi predominanti e non ci sono trattamenti approvati» ha sottolineato Dragana Bugarski-Kirola, autrice dello studio e vicepresidente per lo sviluppo clinico di Acadia Pharmaceuticals.

I sintomi negativi sono sintomi fondamentali della schizofrenia, ma spesso non sono riconosciuti perché hanno «uno sviluppo lento e insidioso» ha aggiunto. Sono caratterizzati da una graduale perdita di interesse e motivazione, con mancanza di reattività emotiva, affetti ridotti e progressiva diminuzione della comunicazione. Al contrario, i sintomi positivi come allucinazioni o agitazione sono più visibili, e come tali sono spesso più facili da individuare in un paziente con schizofrenia, ha aggiunto l’autrice.

I sintomi negativi hanno conseguenze dannose a lungo termine e richiedono un trattamento prolungato in modo che i pazienti possano ristabilire l’autocura e le reti sociali; quindi, c’è una grande necessità di un trattamento efficace. Ricerche precedenti suggeriscono che la pimavanserina in add-on può essere efficace nella schizofrenia, includendo un potenziale effetto benefico sui sintomi negativi.

Valutata la variazione del punteggio totale del Negative Symptom Assessment-16
Lo studio randomizzato controllato con placebo ha incluso 403 pazienti ambulatoriali con schizofrenia stabile e sintomi negativi predominanti. Tali pazienti sono stati assegnati in modo randomizzato a ricevere una volta al giorno pimavanserina  (n = 201) o placebo (n = 202) in aggiunta all’attuale trattamento antipsicotico. L’età media dei partecipanti era di 37,2 anni; la maggior parte (87,8%) dei pazienti proveniva da siti europei e il resto dal Nord America.

La dose iniziale di pimavanserina era di 20 mg  e sono stati consentiti aggiustamenti della dose a 34 mg o a 10 mg durante le prime 8 settimane di trattamento. La dose finale era di 34 mg nel 53,8% dei pazienti, 20 mg nel 44,7%, e 10 mg nell’1,5%. L’endpoint primario dello studio era il cambiamento dal basale alla settimana 26 nel punteggio totale del Negative Symptom Assessment-16 (NSA-16).

«L’NSA-16 è uno strumento validato per misurare la gravità dei sintomi negativi. Valuta 16 elementi che analizzano in modo completo la condizione e include i seguenti fattori: comunicazione, emozione e affetti, coinvolgimento sociale, motivazione e ritardo» ha spiegato Bugarski-Kirola.

Miglioramenti rilevati già in fase precoce di studio
L’aggiunta di pimavanserina  ha portato al miglioramento generale dei sintomi negativi che è apparso evidente precocemente nello studio.
A 26 settimane, è stato osservato un miglioramento significativo del punteggio totale NSA-16 con pimavanserina rispetto al placebo (–10,4 contro –8,5; P= 0,043; dimensione dell’effetto = 0,21).

Un miglioramento maggiore del punteggio totale NSA-16 rispetto al placebo è stato osservato nei pazienti che hanno ricevuto la dose di pimavanserina più alta, da 34 mg (–11,6 vs –8,5; P non regolato = 0,0065; dimensione dell’effetto = 0,34).

La pimavanserina è risultata ben tollerata, con alti tassi di completamento di circa l’86% sia nei gruppi pimavanserina che placebo, e tassi simili di eventi avversi tra pimavanserina (39,8%) placebo (35,1%).

Gli eventi avversi più frequenti sono stati il mal di testa (6,5% pimavanserina, 5% placebo) e sonnolenza (rispettivamente 5,5% e 5%). Gravi eventi avversi, segnalati come peggioramento della schizofrenia, si sono verificati nel 2% dei pazienti trattati con pimavanserina e nello 0,5% del gruppo placebo. Uno studio di fase 3 sarà avviato nei prossimi mesi, ha detto Bugarski-Kirola.

Commento positivo di un docente di psichiatria infantile
«Si tratta di risultati molto incoraggianti, soprattutto perché i sintomi negativi della schizofrenia non sono stati praticamente affrontati da quando sono disponibili gli antipsicotici, alcuni dei quali possono peggiorare tali sintomi» commenta Christoph Correll, professore di Psichiatria infantile e adolescenziale alla Charité Universitatsmedizin di Berlino (Germania).

«Non così gli agenti di seconda generazione» aggiunge Correll, che non ha partecipato allo studio «i quali però non sembrano avere un effetto primario sui sintomi negativi».

«Quindi» conclude «avere a disposizione un agente aggiuntivo che può essere somministrato con gli antipsicotici esistenti i quali coprono in larga misura i sintomi positivi, per poi migliorare ulteriormente i sintomi negativi, costituirebbe una risorsa enorme».