Mieloma multiplo: tripla combinazione rallenta la malattia


In pazienti con mieloma multiplo recidivato o refrattario, una nuova combinazione di tre agenti, carfilzomib, desametasone e daratumumab, rallenta la progressione

mieloma multiplo immuno oncologia

In pazienti con mieloma multiplo recidivato o refrattario, una nuova combinazione di tre agenti – carfilzomib, desametasone e daratumumab (regime KdD) – è risultata superiore alla doppietta carfilzomib più desametasone (regime Kd) in termini sia di sopravvivenza libera da progressione (PFS) sia di tasso di risposta complessiva (ORR) nello studio di fase 3 CANDOR, presentato di recente a Orlando, in Florida, al meeting annuale dell’American Society of Hematology (ASH).

La nuova tripla combinazione si è associata a una riduzione del rischio di progressione della malattia o decesso del 37% rispetto ai soli carfilzomib e desametasone.

Inoltre, con il regime contenente daratumumab, un anticorpo monoclonale anti-CD38, si è registrato un tasso più elevato di risposta completa con malattia minima residua (MRD) negativa rispetto a carfilzomib e desametasone, con un profilo di sicurezza complessivamente simile, anche se con un tasso di eventi avversi gravi più elevato.

«Volevamo vedere se potevamo migliorare la PFS aggiungendo daratumumab all’attuale standard di cura, carfilzomib più desametasone, perché servono nuovi opzioni terapeutiche per i pazienti con mieloma multiplo che hanno recidivato o sono refrattari ai trattamenti a base di lenalidomide» ha spiegato Saad Z. Usmani, del Levine Cancer Institute di Charlotte (North Carolina) presentando i dati.

«Nel nostro studio, i pazienti trattati con il regime KdD hanno ottenuto risposte più profonde, con un tasso di negatività della MRD a 12 mesi quasi 10 volte più alto, rispetto a quelli trattati con Kd» ha proseguito l’autore. Pertanto, ha aggiunto, «la tripletta KdD dovrebbe essere considerata una nuova opzione terapeutica non contenente immunomodulatori, efficace e tollerabile, per il mieloma multiplo recidivante/refrattario».

Lo studio CANDOR

Lo studio CANDOR (NCT03158688) è un trial multicentrico internazionale, randomizzato e in aperto, che ha coinvolto 466 pazienti con mieloma multiplo recidivante o refrattario (età mediana: 64 anni), assegnati in rapporto 2:1 al trattamento con la tripletta carfilzomib, desametasone e daratumumab (KdD) oppure con la doppietta carfilzomib e desametasone (Kd).

I partecipanti avevano già fatto fino a un massimo di tre trattamenti. Tra le terapie precedenti, i pazienti potevano essere già stati trattati con anticorpi anti-CD38 e carfilzomib, purché avessero raggiunto almeno una risposta parziale, non avessero recidivato prima di 60 giorni dall’interruzione del trattamento e fossero stati senza trattamento per almeno 6 mesi prima di iniziare lo studio. Complessivamente, il 90% era stato trattato in precedenza con bortezomib e il 42% con lenalidomide, ma il 33% era risultato refrattario all’immunomodulatore.

Tutti i trattamenti sono stati somministrati in cicli di 28 giorni. I pazienti sono stati trattati con carfilzomib 20 mg/m² nei giorni 1 e 2 del primo ciclo di trattamento e poi 56 mg/m² nei giorni 1, 2, 8, 9, 15 e 16 dei cicli successivi, più desametasone 40 mg nei giorni 1, 8, 15 e 22 di ogni ciclo; quelli assegnati al trattamento con la tripletta hanno ricevuto anche daratumumab 16 mg/kg nei giorni 1, 8, 15 e 22 del primo e secondo ciclo, quindi ogni 2 settimane per quattro cicli e successivamente ogni 4 settimane. Il trattamento è proseguito fino alla progressione della malattia o alla comparsa di una tossicità non tollerabile.

La PFS era l’endpoint primario dello studio, mentre tra gli endpoint secondari figuravano l’ORR e il tasso di risposta completa con MRD negativa a 12 mesi, la sopravvivenza globale (OS), la durata della risposta e la sicurezza.

Mediana di PFS non ancora raggiunta nel gruppo trattato con la tripletta

La PFS mediana non è stata ancora raggiunta nel gruppo trattato con la tripla combinazione contenente daratumumab, mentre è risultata di 15,8 mesi in quello trattato con il regime Kd (HR 0,63; IC al 95% 0,46-0,85; P = 0,0014).

Il beneficio di PFS offerto dalla tripletta con daratumumab è stato riscontrato anche nei pazienti trattati in precedenza con lenalidomide (mediana non raggiunta nel braccio sperimentale contro 2,1 mesi nel braccio di controllo; HR 0,52; IC al 95% 0,34-0,8), nonché in quelli risultati refrattari a questo farmaco (mediana non raggiunta contro 11,1 mesi; HR 0,45; IC al 95% 0,28-0,74). Dopo un follow-up mediano di 17 mesi, nessuno dei due gruppi di trattamento aveva ancora raggiunto l’OS mediana (HR 0,75; IC al 95% 0,49-1,13).

Per quanto riguarda la risposta, il gruppo trattato con il regime KdD ha ottenuto risultati migliori rispetto a quello di confronto su tutta la linea, con un ORR dell’84,3% contro 74,7% (P = 0,004), un tasso di risposta completa del 28,5% contro 10,4% e un tasso di risposta completa con MRD negativa del 12,5% contro 1,3% (P < 0,0001).

«Rispetto ai pazienti trattati con il regime standard, quelli trattati con la tripletta hanno mostrato un rischio di progressione o decesso inferiore del 37%, un ORR superiore di quasi il 10% e una probabilità quasi 10 volte maggiore di ottenere una risposta completa al trattamento» ha sottolineato Usmani.

Profilo di sicurezza della tripla combinazione tollerabile

L’analisi dei dati di sicurezza ha riguardato 308 pazienti nel braccio KdD e 153 nel braccio Kd e la durata mediana del trattamento è stata rispettivamente di 70,1 settimane e 40,3 settimane.

Il profilo di sicurezza complessivo dei due regimi di trattamento è risultato simile a quello riportato in precedenza per ciascuno dei singoli agenti usati in monoterapia. Nel gruppo trattato con la tripletta si sono registrati tassi più elevati di eventi avversi di grado 3 o superiore (82,1% contro 73,9%) e eventi avversi gravi (56% contro 46%) rispetto al gruppo di controllo.

Inoltre, nel gruppo assegnato al regime KdD ci sono stati cinque decessi correlati al trattamento, quattro dei quali correlati a infezioni (polmonite, sepsi, shock settico, infezione da Acinetobacter) e poco probabilmente a un evento avverso frequente legato all’aggiunta di daratumumab, ha sottolineato Usmani in conferenza stampa.

Interruzioni del trattamento simili nei due bracci
Le percentuali di interruzione del trattamento a causa di eventi avversi sono apparse simili nei due gruppi di trattamento: rispettivamente, 22% contro 25%. Tuttavia, nel braccio KdD il 3,9% dei pazienti ha sviluppato un’insufficienza cardiaca di grado ≥3 rispetto all’8,5% dei pazienti nel braccio Kd e questo evento avverso ha portato alla sospensione di carfilzomib rispettivamente nel 3,9% e 4,6% dei pazienti.

«Sebbene nei pazienti trattati con la tripletta si sia registrata una maggiore incidenza di eventi avversi di grado ≥ 3, le interruzioni del trattamento dovute a eventi avversi sono state simili nei due bracci e il profilo di sicurezza è apparso tollerabile» ha affermato Usmani.

«Quattro decessi sono risultati correlati a infezioni e sappiamo da altri studi randomizzati di fase 3 su pazienti recidivati/refrattari, nonché da studi di prima linea, che l’incidenza delle infezioni tende a essere più alta sia con i regimi a base di carfilzomib sia con quelli contenenti daratumumab, ma in precedenza non si erano avuti eventi avversi fatali. Penso si debba tenere in conto la popolazione di pazienti arruolata e anche il fatto che non si sono viste differenze di sopravvivenza globale» ha sottolineato l’autore.
«Lo studio – ha concluso Usmani – ha implicazioni di vasta portata, in quanto il mieloma multiplo è il secondo tumore del sangue più comune. La malattia è ancora considerata incurabile, ma le nuove combinazioni di farmaci stanno migliorando notevolmente gli outcome dei pazienti».