Ipertrofia prostatica benigna: obesità aumenta il rischio


Ipertrofia prostatica benigna: l’obesità puà aumentare fino al 40% la possibilità di sviluppare la patologia che colpisce già 6 milioni di italiani

Ipertrofia prostatica benigna: l'obesità puà aumentare fino al 40% la possibilità di sviluppare la patologia che colpisce già 6 milioni di italiani

L’obesità può aumentare fino al 40% il rischio di sviluppare l’ipertrofia prostatica benigna, una malattia che colpisce più di 6 milioni di italiani over 50. Ma ancora sottostimata, nonostante sia caratterizzata da sintomi evidenti: necessità di alzarsi più volte durante la notte per urinare, urgenza di vuotare la vescica in modo frequente anche durante il giorno e getto di urina che diventa sempre più debole con una sensazione di mancato svuotamento. Troppi pazienti si rivolgono all’urologo solo quando i segnali sono presenti già da tempo e ben il 75% abbandona le terapie dopo alcuni mesi.

Per arrestare l’incremento progressivo dell’ipertrofia prostatica benigna, è necessario agire in due direzioni: da un lato, sensibilizzare gli uomini sull’importanza di seguire una dieta sana e praticare attività fisica costante. Soprattutto al Sud, dove sovrappeso e obesità rappresentano una vera e propria epidemia: interessano il 50,9% della popolazione in Campania, il 48,4% in Calabria e il 46,6% in Sicilia. Dall’altro lato, è essenziale agire quanto prima con farmaci efficaci, come l’estratto esanico di Serenoa repens, per combattere l’infiammazione che è all’origine della malattia.

Per questo gli urologi lanciano dal IX Congresso Nazionale SIUT (Società Italiana Urologia Territoriale), in corso a Catania, una grande campagna educazionale che si svolgerà nel 2020: “Il Sabato del villaggio – l’urologo del territorio in linea”, con un numero verde che tutti i cittadini possono contattare ogni sabato per ottenere informazioni sulle problematiche urologiche.

“La sindrome metabolica, condizione che implica una quantità eccessiva di grasso corporeo a livello addominale (oltre ad aumento della glicemia, ipertensione, alterati valori di colesterolo HDL e trigliceridi nel sangue), è strettamente correlata all’infiammazione che provoca l’ingrossamento della ghiandola prostatica e i conseguenti sintomi urinari – spiega Corrado Franzese, Presidente SIUT -. Inoltre l’obesità condiziona negativamente anche la risposta alle terapie. Da qui l’importanza di informare la popolazione sul ruolo degli stili di vita sani. L’urologo del territorio rappresenta il ‘front office’ della domanda urologica dei cittadini, grazie al link diretto con il medico di medicina generale. Vogliamo mantenere un atteggiamento proattivo nei confronti della popolazione, per evitare che i pazienti si rivolgano allo specialista solo quando hanno già sviluppato i sintomi, espressione di una malattia ormai in atto. Possiamo svolgere un ruolo decisivo nella prevenzione e nel controllo dell’ipertrofia prostatica benigna. Basta pensare che il 65% delle nostre visite ambulatoriali riguarda proprio questa malattia. E, ogni anno, un urologo del territorio visita in media 3.900 pazienti con ipertrofia prostatica benigna”. Ne è colpito il 50% degli uomini di età compresa fra 51 e 60 anni, il 70% dei 61-70enni, per arrivare al picco del 90% negli ottantenni.

“Nella maggior parte dei casi, sono proprio le compagne a spingere gli uomini a recarsi dallo specialista, perché più inclini a sottoporsi agli esami di prevenzione – afferma Vincenzo Mirone, Direttore della Scuola di Specializzazione in Urologia dell’Università degli Studi di Napoli ‘Federico II’ -. Nella percezione comune, l’ipertrofia prostatica benigna è vista come un semplice disturbo, con una conseguente diffusa sottovalutazione. Un errore grave e pericoloso, anche perché alcuni sintomi dell’ipertrofia prostatica benigna sono comuni al cancro della prostata. Solo il medico è in grado di arrivare a una diagnosi certa. Se trascurata, l’ipertrofia prostatica benigna può progredire fino a causare ritenzione urinaria con l’impossibilità di vuotare la vescica. La vittima di una prostata che cresce è proprio la vescica. Il rischio è di ‘sfiancare’ completamente quest’organo e di far soffrire i reni. Ciononostante, solo il 22,4% dei pazienti segue correttamente le terapie”.

“Circa il 75% degli uomini abbandona i trattamenti dopo pochi mesi – continua il dott. Franzese -. Uno dei motivi è costituito dall’impatto di alcuni farmaci sulla vita sessuale, in particolare vi possono essere conseguenze negative sull’eiaculazione e sulla libido in seguito all’assunzione di determinati alfa litici e inibitori della 5-alfareduttasi. L’estratto esanico di Serenoa repens, invece, non ha effetti negativi sulla sessualità e ha dimostrato di ridurre in maniera statisticamente significativa, di circa il 30%, l’infiammazione che è all’origine della malattia ed è presente in 3 pazienti su 4 affetti da sintomi del tratto urinario inferiore. È importante che l’infiammazione sia trattata quanto prima”. Sulla base dei numerosi dati di efficacia, l’ente regolatorio europeo (European Medicines Agency, EMA) ha redatto nel 2015 un report, indicando l’estratto esanico come l’unico estratto di Serenoa repens supportato da sufficienti evidenze in grado di sostenerne un ampio utilizzo nell’ipertrofia prostatica benigna come farmaco di riconosciuta efficacia e sicurezza.

“Oltre all’impatto negativo sulla sessualità, un altro dei motivi della scarsa aderenza alle terapie va ricondotto all’insufficiente comunicazione medico-paziente – sottolinea Antonio Magi, Segretario Generale SUMAI (Sindacato Unico Medicina Ambulatoriale Italiana e Professionalità dell’Area Sanitaria) -. Lo specialista deve essere in grado di far capire al paziente che l’ipertrofia è una malattia cronica che, come l’ipertensione, va curata per tutta la vita. Per questo, tutti gli uomini over 50 dovrebbero sottoporsi a una visita specialistica una volta all’anno”.

“La dieta scorretta e le abitudini di vita sbagliate sono tra i principali fattori di rischio – conclude Mauro Gacci, Dirigente Medico di Urologia presso l’Azienda Ospedaliero Universitaria Careggi di Firenze e membro delle più importanti linee guida Europee (EAU-European Association of Urology) ed Internazionali (SIU-Societè International d’Urologie) sull’ipertrofia prostatica benigna -. La riduzione del sovrappeso può determinare un miglioramento dei disturbi urinari collegati all’ingrossamento della prostata. Una dieta povera di grassi e zuccheri può prevenire e curare l’infiammazione cronica della prostata che, nel corso degli anni, può portare all’ingrossamento della ghiandola e allo sviluppo dei conseguenti sintomi e disturbi urinari ad essa correlati. Piatti ricchi di Omega-3 e con effetto antinfiammatorio, il pesce, la crema di riso integrale, l’olio extravergine di oliva e di riso sono indicati per correggere le cattive abitudini a tavola; fra le verdure le carote, la zucca, le zucchine, il cavolo, il finocchio, la cicoria, le rape e le radici in genere. Al contrario, vanno limitati i cibi contenenti gli Omega-6, perché agiscono come cofattori negli stati infiammatori della prostata, in particolare le carni fresche e conservate, i salumi e gli insaccati, le uova, i fritti, i dolci e le bevande zuccherate, i formaggi grassi e le farine raffinate. È importante infine, svolgere un’attività fisica moderata con una certa regolarità negli anni: fare lunghe camminate a spasso svelto, andare in bicicletta almeno un paio di volte a settimana, ma anche giocare a tennis o a calcio, o andare regolarmente in palestra o in piscina può avere un impatto clinico molto significativo sui pazienti affetti da disturbi urinari legati alla prostata”.