Il falso parmigiano sorpassa quello vero


La produzione di falsi Parmigiano Reggiano e Grana Padano nel mondo ha superato quella degli originali: l’allarme della Coldiretti da Bologna

La produzione di falsi Parmigiano Reggiano e Grana Padano nel mondo ha superato quella degli originali: l'allarme della Coldiretti da Bologna

La produzione di falsi Parmigiano Reggiano e Grana Padano nel mondo ha superato quella degli originali con il diffondersi di imitazioni in tutti i Continenti che toglie spazi di mercato ai simboli del Made in Italy trainata da un’industria del tarocco che i dazi rischiano di rendere sempre più fiorente e che ha paradossalmente i suoi centri principali nei paesi avanzati, a partire dagli Stati Uniti al Canada, dall’Australia al Sudamerica.

E’ quanto denuncia la Coldiretti in occasione del Parmigiano Day al Villaggio di Bologna dove per la prima volta è sceso in piazza il popolo del Parmigiano Reggiano e del Grana Padano per difendere dai dazi Usa il prodotto italiano più conosciuto nel mondo, minacciato dalle falsificazioni che sono state esposte per la prima volta nella mostra nella prima “Galleria dei nemici del Parmigiano” con i casi più eclatanti scoperti nei diversi continenti.

Il Parmigiano, assieme al Grana, è, infatti, il prodotto agroalimentare più imitato nel mondo – sottolinea Coldiretti – che diventa Parmesan dagli Stati Uniti all’Australia, dal Sudafrica fino alla Russia, Parmesano in Uruguay, Reggianito in Argentina o Parmesao in Brasile o altro anche più fantasioso, come il Grana Pampeana senza dimenticare i formaggi similari che si moltiplicano anche in Europa. Tra i maggiori produttori ci sono senza dubbio gli Stati Uniti dove il mercato delle imitazioni dei formaggi italiani ha avuto una crescita esponenziale negli ultimi 30 anni secondo l’analisi Coldiretti su dati USDA, ed è realizzata per quasi i 2/3 in Wisconsin e California mentre lo Stato di New York si colloca al terzo posto. In termini quantitativi si producono negli Usa 204 milioni di chili di Parmesan, al secondo posto dopo la mozzarella con 1,89 miliardi di chili, e davanti a provolone con 180 milioni di chili, ricotta con 108 milioni di chili e Romano con 26 milioni di chili.  Il risultato è che sul mercato a stelle e strisce appena l’1% in quantità dei formaggi di tipo italiano consumati ha in realtà un legame con la realtà produttiva tricolore mentre il resto è realizzato sul suolo americano. Una situazione che rischia di aggravarsi con il via libera del Wto ai dazi proposti da Trump che rischiano di colpire anche i formaggi Made in Italy. Una mossa – denuncia la Coldiretti – sostenuta soprattutto dalla lobby dell’industria casearia Usa (CCFN) che ha addirittura scritto al Presidente degli Stati Uniti Donald Trump per chiedere di imporre tasse alle importazioni di formaggi europei al fine di favorire l’industria del falso Made in Italy.

Il parmesan spopola anche in Canada dove – rivela Coldiretti – la produzione è cresciuta del 13% nel primo semestre del 2019 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Invece di fermare le imitazioni delle tipicità Made in Italy l’accordo di libero scambio con l’Unione Europea (Ceta) ha dunque avuto l’effetto di aumentarne la produzione con l’effetto che l’export di Parmigiano e Grana in terra canadese è crollato nello stesso periodo del 32% in quantità. Altrettanto fiorente è la produzione di formaggi tarocchi in Sudamerica, che anche qui rischia di essere ulteriormente spinta dall’accordo tra Ue e Paesi del Mercosur, con Parmigiano e Grana che dovranno convivere per sempre con le “brutte copie” sui mercati locali, dal Parmesan al Parmesano, dal Parmesao al Reggianito fino al Grana.

Un precedente pericoloso che – accusa la Coldiretti – è stato riproposto negli altri accordi da quello con il Giappone a quello con il Messico fino al trattato con l’Australia. Ma anche sul mercato europeo proliferano i similgrana di bassa qualità spesso venduti con nomi di fantasia che fanno concorrenza sleale ai prodotti originali e spesso – continua la Coldiretti – ingannano i consumatori sulla reale origine che è prevalentemente di Repubblica Ceca, Ungheria, Polonia, Estonia e Lettonia.

“La pretesa di chiamare con lo stesso nome prodotti profondamente diversi è inaccettabile e rappresenta un inganno per i consumatori ed una concorrenza sleale nei confronti degli imprenditori” sostiene il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel ricordare che “grazie anche a parmesan&co. il valore del falso Made in Italy agroalimentare nel mondo ha raggiunto il valore di oltre 100 miliardi con un aumento record del 70% nel corso dell’ultimo decennio”.