Incontinenza urinaria: un aiuto dall’elettrostimolazione


Incontinenza urinaria, la SIUD: “Si sconfigge con l’elettrostimolazione”. Ecco come funziona questo insieme di tecniche utilizzate

Incontinenza urinaria, la SIUD: "Si sconfigge con l’elettrostimolazione". Ecco come funziona questo insieme di tecniche utilizzate

“L’elettrostimolazione e’ un’arma che possiamo utilizzare per il trattamento dell’incontinenza urinaria. Si tratta dell’applicazione di uno stimolo elettrico a una struttura, che sia tipo nervoso sia muscolare, atto ad ottenere un effetto”. Lo fa sapere all’agenzia Dire la dottoressa Antonella Biroli, fisiatra dell’ospedale San Giovanni Bosco di Torino e referente della Commissione multidisciplinare della Societa’ italiana di Urodinamica, intervistata dall’Agenzia Dire (www.dire.it) in occasione del 43esimo Congresso nazionale della Siud.

“Non si tratta di un’unica tecnica, ma di un insieme di tecniche- spiega Biroli- che variano per sede di applicazione e per caratteristiche dello stimolo che si va ad utilizzare. Si precede in un primo momento con la diagnosi del problema e con la diagnosi funzionale: cosi’, all’interno di un progetto terapeutico che viene definito, possiamo utilizzare l’elettrostimolazione secondo le caratteristiche ben definite e gli obiettivi che ci poniamo. In questo senso, possiamo utilizzarla sia nel campo dell’incontinenza urinaria da sforzo sia da urgenza, con modalita’ differenziate a seconda del problema”.

Per quanto riguarda invece il trattamento del dolore pelvico cronico, questo coinvolge diverse discipline ed e’ multimodale. “Nell’ambito del trattamento, quello riabilitativo gioca senz’altro un ruolo importante- spiega ancora la fisiatra- Un trattamento sia di tipo manuale sia strumentale va indicato a seconda delle caratteristiche del paziente, quindi secondo le caratteristiche del dolore, della fisiopatologia del dolore e della sintomatologia descritta dal paziente”.

Ma il messaggio che per l’esperta e’ importante lanciare e’ soprattutto questo: “Pur chiamandosi ‘dolore pelvico cronico’, la definizione di ‘cronico’ non deve essere una condanna- conclude la dottoressa Biroli- si tratta solo di un dolore che perdura nel tempo, ma oggi sono a disposizione armi terapeutiche multimodali in grado di agire nel tempo e di essere d’aiuto a chiunque soffre di questa patologia”.

SIUD: INTERVENTI A PROSTATA SEMPRE PIÙ MINI-INVASIVI

Negli ultimi anni gli urologi stanno ponendo sempre più attenzione agli interventi chirurgici per l’incontinenza urinaria maschile, grazie allo sviluppo di più sofisticati device in grado di limitare quanto più possibile gli eventuali fastidi post-intervento. Si è discusso anche di questo in occasione del 43esimo Congresso nazionale della Società italiana di Urodinamica, in programma a Roma fino a sabato.

“Nei casi in cui ci si rendesse conto che una terapia farmacologica non faccia effetto e si rendesse necessario un intervento chirurgico alla prostata- fa sapere all’agenzia Dire il dottor Marco Soligo, presidente della Siud- gli uomini non devono allarmarsi: oggi esistono metodiche chirurgiche a cielo aperto, in alcuni casi laparoscopiche o addirittura di tipo robotico, piuttosto sofisticate e capaci di offrire una visione precisa delle delicate strutture sulle quali si va ad intervenire per fare una chirurgia ‘nerve sparing’, cioè meno invasiva”.

Intanto si sta sviluppando sempre di più anche in Italia il concetto di ‘combination therapy’, cioè l’utilizzo di una terapia combinata di farmaci “in grado contemporaneamente di potenziare gli effetti benefici sui disturbi del basso tratto urinario- fa sapere infine Soligo- e minimizzare gli effetti collaterali in ambito sessuale”.

Secondo uno studio condotto dalla Siu nel 2017 su oltre 2.400 italiani, in occasione della campagna di prevenzione ‘Controllati’, l’Ipertrofia prostatica benigna (l’ingrossamento non tumorale della prostata, che provoca problemi di diversa natura, tra cui appunto difficoltà di minzione e disfunzioni sessuali) colpisce il 30% degli uomini fra i 50 e i 60 anni, e fino al 60% degli over 70. Non solo: il 10% dei quarantenni ha già i primi sintomi della Ipb.