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Celiachia, protocollo unico per sintomatici-asintomatici

Ricercatori hanno sviluppato e convalidato un punteggio di cinque punti per identificare i pazienti con malattia celiaca a rischio di atrofia villosa persistente

Diagnosi della celiachia: Riccardo Troncone, professore di Pediatria all’università degli studi di Napoli Federico II, illustra le principali novità del protocollo unico

“L’esperienza rispetto alle linee guida Espghan 2012, che per la prima volta prevedevano la possibilità in alcune circostanze di non fare la biopsia (intestinale, ndr), è risultata molto positiva in questi anni. Queste linee guida vengono sostanzialmente riconfermate dalle nuove, che saranno pubblicate tra la fine del 2019 e l’inizio del 2020, con alcuni perfezionamenti. Forse il più importante è il fatto di poter avere un unico algoritmo in cui anche i soggetti non sintomatici potranno accedere a questo protocollo che non prevede la biopsia intestinale”.

A illustrare alla Dire (www.dire.it) le principali novità sulla diagnosi della celiachia contenute nelle linee guida Espghan 2019 è Riccardo Troncone, professore di Pediatria all’università degli studi di Napoli Federico II, intervenuto al 75esimo Congresso Italiano di Pediatria in corso a Bologna.

“Le altre novità- aggiunge Troncone- sono sempre nel senso della semplificazione, perché, nel caso si acceda a questo protocollo che non prevede la biopsia, non è più necessario avere la tipizzazione HLA (test di suscettibilità che valuta la maggiore o minore predisposizione di un individuo a sviluppare la malattia in base alla presenza/assenza di fattori di rischio, ndr)”.

In secondo luogo “questo protocollo va gestito da centri specialistici e discusso in maniera approfondita con la famiglia. Ma questa è una sottolineatura più forte, non proprio una novità”. Altre modifiche al protocollo, si legge nella presentazione di Troncone, è che “gli EMA (anticorpi anti-endomisio, ndr) sono ancora necessari per l’approccio ‘no biopsy’” e che il primo step è “la ricerca anti-TG2 (anti-transglutaminasi 2, ndr) e IgA totali”.

Un approccio che consente “di evitare una manovra invasiva, pur nella sicurezza della diagnosi” ed è “sicuramente un aspetto positivo”, osserva Troncone. Il professore sottolinea come nel gruppo che ha redatto queste linee guida fosse “presente anche un rappresentante delle associazioni dei pazienti”.

Nelle nuove raccomandazioni, si parla anche in maniera più approfondita di celiachia potenziale: “Con l’uso più generoso e liberale dei test sierologici- spiega Troncone- si vedono sempre più spesso soggetti e pazienti che hanno anticorpi della celiachia presenti, ma mucosa normale. Sono persone che meritano un follow up molto attento nel tempo, anche questo affidato a centri di riferimento”.

Sull’incidenza della celiachia sulla popolazione pediatrica “gli ultimi dati mostrano, rispetto al passato, un aumento, ma si tratta di un trend mondiale che si inscrive nella più generale crescita di malattie con base immunologica”. Mentre sull’età media di diagnosi in età pediatrica precisa: “Continua a esserci, almeno nella nostra esperienza, un picco abbastanza precoce nei primi anni di vita che in generale si è spostata verso l’età più avanzata, in età scolare”.

Come si arriverà, dunque, ad una diagnosi di celiachia sulla base delle nuove linee guida? “È molto importante che il pediatra o il medico abbia il sospetto della malattia- sottolinea il professore- Esiste un elenco preciso di condizioni nelle quali è obbligatorio fare la ricerca degli anticorpi anti-transglutaminasi, essendo l’unica cosa da fare. Da qui, dosare gli anticorpi anti-transglutaminasi e le IGA totali, poi in caso di positività del paziente va riferito a un centro specialistico. Sarà il centro specialistico a continuare l’iter diagnostico e a decidere se è il caso o meno di effettuare la biopsia, che però va discussa con la famiglia”.

Un aspetto centrale, “perché si tratta di una diagnosi importante, che ha riflessi per tutta la vita della persona, che non è facile rimettere in discussione”. Rimetterla in discussione, infatti, “oggi significa reintrodurre il glutine nella dieta, ma non è un’operazione molto semplice. Quindi la famiglia deve essere convinta che anche senza biopsia ci si trova di fronte alla diagnosi sicura- conclude Trancone- perché questo deve garantire il rispetto della dieta senza glutine per il futuro”.

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