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Celiachia: donne più colpite degli uomini

Ricercatori hanno sviluppato e convalidato un punteggio di cinque punti per identificare i pazienti con malattia celiaca a rischio di atrofia villosa persistente

La celiachia colpisce più le donne, con ricadute sulla fertilità: causa soprattutto problemi di poliabortività, attenzione ai sintomi

Che cos’è la celiachia? E’ un fastidio o una patologia da sorvegliare? E quali rischi comporta per il soggetto che non sa di esserne affetto? Sapevate che il sesso femminile è quello maggiormente colpito dai disturbi associati al glutine con ricadute importanti anche sulla fertilità? Per capire da vicino di cosa si tratta, i sintomi da tenere in considerazioni, gli esami ma anche per mettere ko tutte le bufale relative all’argomento che impazzano sul web, l’agenzia di stampa Dire (www.dire.it) ha intervistato Luca Elli, responsabile del Centro di riferimento per la prevenzione e la diagnosi della malattia celiaca della Fondazione Irccs Cà Granda – Ospedale Maggiore Policlinico di Milano e membro del Dr. Schar Institute, polo di riferimento per l’aggiornamento dei professionisti sui temi dei disturbi associati al glutine.

– Cos’è la celiachia e quali sono le cause?

“La celiachia è una malattia autoimmune che è scatenata dal fattore ambientale e in particolare dal glutine, proteina presente principalmente nel grano. Questa sostanza quando viene ingerita da alcuni soggetti scatena questa malattia autoimmune. Si tratta di pazienti che naturalmente possiedono una predisposizione genetica nota con geni HLA DQ2 o DQ8. Questa predisposizione è necessaria ma non sufficiente. Circa il 20-25% della popolazione italiana ha uno di questi due geni. Da studi di prevalenza si stima che lo 0,5-1% della popolazione italiana sia affetta da questa patologia. Su un campione di 10mila persone tra questi lo 0,5% è celiaco. Non tutti questi casi sono diagnosticati tanto che il problema risiede nel fatto che solo 1 celiaco su 5 è diagnostico. La grande parte dei celiaci non è diagnosticato o è in attesa di diagnosi”.

 – Quali sono allora i principali sintomi che devono far scattare il campanello d’allarme?

“Il problema della celiachia ed è il motivo per cui è sottodiagnosticata è che una sintomatologia tipica, cioè caratterizzata da diarrea, calo ponderale, disturbi gastrointestinali è presente solo in un terzo dei celiaci e soprattutto bambini. I restanti due terzi sono pazienti che non ricevono la diagnosi nei tempi adeguati presentano sintomi molto lievi ed atipici cioè blandi gastrointestinali come gonfiore fastidi e lievi dolori ma che magari presentano sintomi extra gastrointestinali come l’anemia, lievi problemi neurologici o di fertilità oppure legate all’alterazione dell’umore in senso depressivo o ansiogeno. E ancora problematiche di calcificazione ossea, problemi dermatologiche o remautologiche a carico di pazienti che non hanno una precisa sindrome clinica nata da problematiche intestinali molto probabilmente vengono diagnosticati molto difficilmente. Per poi arrivare al 10% di pazienti celiaci che sono totalmente asintomatici e vengono intercettati attraverso gli screening familiari o di prevenzione”.

– Si registra la stessa incidenza tra uomini e donne?

“Solitamente, come per tutte le malattie autoimmuni, anche la celiachia è più frequente nelle donne, con un rapporto di 3 a 1. Non si sa il vero motivo, ma si pensa che sia per un fatto legato a problematiche genetiche e ormonali”.

– Quali sono gli esami da poter effettuare ai fini di una corretta diagnosi?

“Il primo esame di screening se si sospetta la celiachia è un esame del sangue che si chiama anti-transglutaminasi. E’ molto semplice. Negli adulti positivi agli anti-transglutaminasi si procede con la gastroscopia con biopisia del duodeno mentre per quanto riguarda i bambini le ultime linee guida delle società pediatriche prescrivono, se il valore di questi anticorpi risulta alto, di evitare la biopsia poiché è un esame invasivo. In questo caso si guarda allora alla sintomatologia, si vede il valore degli anticorpi e si decide se il bambino può già essere diagnosticato celiaco senza biopsia. Se sussistono dei dubbi si ricorre necessariamente alla biopsia”.

– Esistono altri tipi di terapie che non siano quella dietetica?

“Attualmente l’unica terapia per la celiachia è una dieta priva di glutine. Girano su internet tante fake news, come la scoperta di nuove pillole. Non è così, l’unica arma che ad oggi possediamo è seguire una dieta priva di glutine. Sono in fase di studio alcuni farmaci, ma strettamente in ambito di trial clinici: siamo dunque nell’ambito ancora della ricerca”.

E’ vero che possono esserci severi danni alla salute riproduttiva, soprattutto per la donna, se la diagnosi della celiachia è tardiva? Ce ne parla?

“Si è visto che se prendiamo un gruppo di donne con problemi di fertilità e li screeniamo per celiachia, c’è una quota celiachia misconosciuta – cioè di donne che non sapevano di esserlo – più alta rispetto alla popolazione generale, e che portano soprattutto a problemi di poliabortività. Questo rischio aumentato di infertilità scompare nel momento in cui la malattia è conosciuta e trattata e non sussiste alcun rischio in più rispetto alla popolazione generale. Il perché questo succede non si sa, ci sono ipotesi da studi epidemiologici. Probabilmente ci sono più fattori che cooperano nella donna celiaca misconosciuta. Su tutti la difficoltà di assorbimento, e ancora gli anticorpi anti-transglutaminasi interagiscono negativamente con la placenta: da qui il rischio di poliabortività”.

– Quale messaggio è importante far arrivare alla popolazione?

“Se c’è un problema che si cronicizza direi che bisogna pensare sempre alla celiachia, anche perché è molto semplice fare un primo test che come dicevamo consiste in un semplice esame del sangue anche poco costoso. E poi è anche importante tranquillizzare le donne: da me vengono molte pazienti che hanno problemi d’infertilità o concepimento, ma quando la celiachia è diagnosticata e corretta tutto torna ‘normale’”.

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