Weekend al Teatro del Maggio: da Bellini al Mozart per ragazzi


Week end al Maggio Fiorentino. Dal concerto diretto da Wolfram Christ sabato 19 all’ultima recita domenicale de La straniera di Vincenzo Bellini diretta dal maestro Luisi fino all’appuntamento con Bart Van Oort al fortepiano e  alla riduzione del Don Giovanni di Mozart per le famiglie

La straniera - Prove © Michele Monasta
La straniera – Prove © Michele Monasta

Un weekend di musica per tutta la famiglia al Teatro del Maggio, un sabato e domenica all’insegna della lirica e della sinfonica con le proposte che rientrano nel cartellone dell’LXXXII Festival del Maggio Musicale. Sabato 18 alle 20 il Maestro Wolfram Christ dirige l’Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino in un concerto che prevede Con brio di Jörg Widmann, la Sinfonia n. 8 in fa maggiore op. 93 di Ludwig van Beethoven e la Sinfonia n. 3 in re maggiore D. 200 di Franz Schubert. La giornata di domenica comincia alle 10:30, nel foyer di galleria, con la riduzione del Don Giovanni di Wolfgang Amadeus Mozart per le famiglie (ingresso libero) eseguita dall’Ensamble Cherubini Harmonie del Conservatorio Luigi Cherubini, diretto dal maestro Guido Corti. Prosegue alle 15:30 con la terza e ultima recita de La straniera di Vincenzo Bellini diretta dal maestro Fabio Luisi, con la regia di Mateo Zoni e si conclude alle 20, in Sala Orchestra,  con il secondo concerto del ciclo Forte-piano-forte organizzato in collaborazione con l’Accademia Bartolomeo Cristofori che vede Bart Van Oort, virtuoso del fortepiano, eseguire la Sonata in sol minore op. 10 n. 2 di Jan Dušek, la Fantasia in do minore KV 475 di Wolfgang Amadeus Mozart, le Variazioni in fa minore Hob.XVII:6 e la Sonata in do minore op. 30 n. 6 Hob.XVI:20 di Franz Joseph Haydn e infine la Sonata in do diesis minore op. 27 Al chiaro di luna di Ludwig van Beethoven.

Wolfram Christ © Reiner Pfisterer
Wolfram Christ © Reiner Pfisterer

Wolfram Christ e l’Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino

Il concerto di sabato sera comincia con l’ouverture orchestrale Con brio di Jörg Widmann, compositore pluripremiato nonché noto clarinettista, breve opera nata su commissione dell’Orchestra sinfonica della Radio Bavarese nel 2008 come brano di apertura di un concerto dedicato a Beethoven – in programma la Settima e l’Ottava –  diretto da Mariss Jansons. E proprio al maestro di Bonn e alle due suddette sinfonie volge lo sguardo Widman nella sua breve opera, adottandone volutamente lo stesso organico orchestrale. Il risultato è un impasto sonoro singolare in cui rimandi velati ed echi beethoveniani si sposano a sequenze ritmiche, riff e soluzioni timbriche tipicamente contemporanee.
A seguire l’Ottava di Beethoven, che impegna il compositore nei mesi estivi del 1812, un tempo relativamente breve per lui, anche se i numerosi schizzi e abbozzi dell’opera restituiscono la misura del lavoro minuzioso operato per eliminare ogni orpello superfluo dalla sua nuova creazione. Dopo una prima esecuzione privata nella residenza dell’arciduca Rodolfo, la Sinfonia n. 8 in fa maggiore op. 93 debutta nel 1814 al Burgtheater di Vienna senza suscitare, tuttavia, il consueto entusiasmo di critica e pubblico. Rispetto alle sorelle maggiori quella ‘piccola sinfonia’, come la definiva lo stesso autore, ha caratteristiche inusuali: dimensioni ridotte, leggerezza di spirito e un apparente ritorno a sonorità e forme settecentesche che lasciano dubbiosi gli ascoltatori. Dei quattro movimenti i più curiosi sono indubbiamente quelli centrali. Tra l’Allegro di apertura e il gioviale Rondò finale Beethoven incastona due movimenti a sorpresa: un Allegretto al posto dell’Adagio, una sorta divertimento che sottolinea maggiormente il carattere gioioso dell’opera, e un Minuetto in sostituzione dello Scherzo, dove la sinfonia indossa abiti volutamente retrò muovendosi pomposamente a passo dell’antica danza.
Chiude il concerto la terza prova sinfonica del giovane Schubert. La Sinfonia n. 3 in re maggiore risale al 1815, un momento particolarmente fruttuoso e ispirato per il diciottenne compositore che solo in quell’anno riesce a congedare quasi centocinquanta Lieder, oltre a pagine di musica sacra e lavori teatrali. Più concisa e breve delle altre sorelle, la Sinfonia n. 3 mostra lo stesso impianto formale delle sinfonie classiche: un primo movimento aperto da un Adagio introduttivo all’Allegro, secondo il modello di Haydn, seguito però da un delizioso Allegretto in forma tripartita in sostituzione del movimento lento. E se nel Minuetto si respira una gioiosa aria paesana, con i legni che nel Trio adottano le movenze del Ländler, al Presto finale è affidata una conclusione vivacissima e scintillante a ritmo di tarantella.

Forte-piano-forte: Bart van Oort

Il concerto di Bart van Oort inizia con un pezzo di Jan Ladislav Dussek, musicista acclamato, compositore e avventuriero, è stato uno dei primi virtuosi della seconda metà del XVIII secolo a esibirsi in tournée in Europa. Apprezzato tanto per il suo aspetto avvenente, che gli valse l’appellativo di “le beau Dussek”, quanto per il tocco aggraziato e particolarissimo sulla tastiera, Dus-sek fu il primo a sperimentare le risorse dei pedali del pianoforte, indicandone l’utilizzo nelle sue composizioni, e a suonare su uno strumento a sei ottave realizzato a Londra appositamente per lui dal costruttore John Broadwood. Composte negli anni in cui Dussek viaggiava in lungo e largo per l’Europa sfoggiando il suo leggendario virtuosismo, le Sonate dell’op. 10 sono contraddistinte da repentini contrasti dinamici e armonici e contengono già in nuce passaggi e soluzioni piani-stiche che anticipano la sensibilità romantica.
Scaturita dal genio di Mozart nel maggio del 1785, la Fantasia in do minore KV 475, secondo dei brani in programma, è una delle opere pianistiche più originali di quel periodo sia per forma che per contenuto. Già la tonalità scelta, il do minore, potenzia il carattere intenso e cupo di una pagina in cui libertà poetica e immaginazione dettano le regole di un fraseggio estremamente mutevole con il ricorso frequente al recitativo melodico e all’uso delle pause in senso espressivo.
Spazio poi al “padre della Sinfonia e della Sonata”, ovvero Haydn, che ha realizzato una sessantina di sonate per gli strumenti a tastiera di cui disponeva ai suoi tempi. Le Sonate composte nell’ultimo trentennio del XVIII secolo – tra cui la Sonata in do minore op. 30 n. 6 – sono ormai lontane dal gusto tardo barocco caratteristico delle prime composizioni e si avvalgono di un linguaggio musicale che mette in evidenza situazioni espressive nuove: i temi assumono un maggior rilievo plastico, la libertà inventiva è più evidente e la scoperta di relazioni armoniche nuove evidenzia le possibilità discorsive della modulazione. Le Variazioni in fa minore Hob. XVII: 6 risalgono invece all’ultimo periodo della produzione pianistica di Haydn e fanno parte del corpus di brani eterogenei per tastiera (Variazioni, Minuetti, Capricci, tempi di sonata). Come nelle Sonate anche in queste Variazioni spicca una maggiore espressività ricercata attraverso una scrittura fatta di armonie mobili e cangianti.
Chiude il cerchio la Sonata in do diesis minore op. 27 n. 2 (conosciuta universalmente per il sottotitolo, tanto romantico quanto apocrifo, di Al chiaro di luna) sulla quale sono stati versati fiumi d’inchiostro che ne romanzavano la genesi. Beethoven, che la compose nel 1801 pubblicandola insieme alla Sonata in mi bemolle maggiore (la n. 1 dell’op. 27), la denominò invece, come la sorella maggiore, Sonata quasi una fantasia. Il riferimento a una forma libera e rapsodica come la fantasia si addice infatti perfettamente al carattere improvvisatorio della melodia dell’Adagio iniziale, all’esitante Allegretto e ancor di più all’impetuoso canto del Presto agitato finale.