Caporalato, Moncalvo: “Riformare i reati alimentari”


Il presidente della Coldiretti: “A 2 anni da legge contro il caporalato l’esperienza dimostra che la repressione da sola non basta”

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Per combattere il caporalato con risultati soddisfacenti occorre spezzare la catena dello sfruttamento che si alimenta dalle distorsioni lungo la filiera, dalla distribuzione all’industria fino alle campagne dove i prodotti agricoli pagati sottocosto pochi centesimi spingono all’illegalità.

E’ quanto afferma il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo in occasione del vertice con il ministro dello Sviluppo e del Lavoro, Luigi Di Maio in Prefettura a Foggia, nel sottolineare la necessità di “una grande azione di responsabilizzazione dal campo allo scaffale, per garantire che dietro tutti gli alimenti in vendita, italiani e stranieri, ci sia un percorso di qualità che riguarda l’ambiente, la salute e il lavoro, con una equa distribuzione del valore.

“A quasi due anni dall’approvazione della legge sul caporalato l’esperienza dimostra che la necessaria repressione da sola non basta ed è invece necessario – sottolinea il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo – agire anche sulle leve economiche che spingono o tollerano lo sfruttamento.  Per questo occorre affiancare le norme sul caporalato all’approvazione delle proposte di riforma dei reati alimentari presentate dall’apposita commissione presieduta da Giancarlo Caselli, presidente del comitato scientifico dell’Osservatorio Agromafie promosso dalla Coldiretti (www.coldiretti.it)”.

“A pesare – denuncia Moncalvo – sono le pratiche commerciali sleali dagli acquisti sottocosto alle aste capestro al doppio ribasso che strozzano a cascata industriali e agricoltori e la componente più debole dei lavoratori agricoli”.

I lavoratori stranieri contribuiscono in modo strutturale e determinante all’economia agricola del Paese e rappresentano una componente indispensabile per garantire i primati del Made in Italy alimentare nel mondo su un territorio dove va assicurata la legalità per combattere inquietanti fenomeni malavitosi che umiliano gli uomini e il proprio lavoro e gettano un’ombra su un settore che ha scelto con decisione la strada dell’attenzione alla sicurezza alimentare e ambientale.

In agricoltura trovano occupazione regolare 345mila stranieri provenienti da ben 157 Paesi diversi che con 29.437.059 giornate rappresentano ben un quarto del totale del lavoro necessario nelle campagne italiane. Sono molti i “distretti agricoli” dove i lavoratori immigrati sono una componente bene integrata nel tessuto economico e sociale come nel caso della raccolta delle fragole nel Veronese, della preparazione delle barbatelle in Friuli, delle mele in Trentino, della frutta in Emilia Romagna, dell’uva in Piemonte fino agli allevamenti da latte in Lombardia dove a svolgere l’attività di bergamini sono soprattutto gli indiani mentre i macedoni sono coinvolti principalmente nella pastorizia.