Nelle campagne italiane lavorano 345mila stranieri regolari


Nei nostri campi lavoratori stranieri da 157 Paesi diversi: manodopera per un quarto del lavoro totale in agricoltura

Nei nostri campi lavoratori stranieri da 157 Paesi diversi: manodopera per un quarto del lavoro totale in agricoltura

In agricoltura trovano occupazione regolare 345mila stranieri provenienti da ben 157 Paesi diversi che con 29.437.059 giornate rappresentano ben un quarto del totale del lavoro necessario nelle campagne italiane.

A snocciolare le cifre è il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo nella relazione all’Assemblea nazionale.

Sono molti i “distretti agricoli” dove i lavoratori stranieri sono una componente bene integrata nel tessuto economico e sociale come nel caso della raccolta delle fragole nel Veronese, della preparazione delle barbatelle in Friuli, delle mele in Trentino, della frutta in Emilia Romagna, dell’uva in Piemonte fino agli allevamenti da latte in Lombardia dove a svolgere l’attività di bergamini sono soprattutto gli indiani mentre i macedoni sono coinvolti principalmente nella pastorizia.

“Solo con il lavoro regolare – sottolinea Moncalvo – gli stranieri trovano una collocazione nella società, evitano il rischio di cadere nelle mani della malavita, sfuggono alla povertà, partecipano alla crescita delle comunità oltre a pagare tasse e contributi. In questo senso l’agricoltura svolge una funzione strategica per raggiungere l’obiettivo indicato dal Santo Padre di ‘accogliere tanti rifugiati quanti si può e quanti si può integrare, educare, dare lavoro‘ facendolo con la virtù del governo, che è la prudenza”.

“I lavoratori stranieri – continua Moncalvo – contribuiscono in modo strutturale e determinante all’economia agricola del Paese e rappresentano una componente indispensabile per garantire i primati del Made in Italy alimentare nel mondo su un territorio dove va assicurata la legalità per combattere inquietanti fenomeni malavitosi che umiliano gli uomini e il proprio lavoro e gettano un’ombra su un settore che ha scelto con decisione la strada dell’attenzione alla sicurezza alimentare e ambientale”.

Per combattere il caporalato serve una corresponsabilizzazione di tutta la filiera perché con i prodotti agricoli pagati dall’industria e dalla distribuzione commerciale pochi centesimi le imprese agricole oneste sono costrette a chiudere e a lasciare spazio all’illegalità, ha affermato Moncalvo nel sottolineare che per spezzare la catena dello sfruttamento occorre affiancare le norme sul caporalato con l’approvazione delle proposte di riforma dei reati alimentari presentate dall’apposita commissione presieduta da Giancarlo Caselli, presidente del comitato scientifico dell’Osservatorio Agromafie promosso dalla Coldiretti (www.coldiretti.it).